Io mi auguro
che Silvio Berlusconi possa presentarsi alle prossime elezioni politiche e le
vinca. Un premier pregiudicato, “delinquente naturale” come l’ha definito il
Tribunale di Milano, darebbe l’esatta fotografia, all’interno e all’esterno, di
cos’è diventato realmente il nostro Paese. Dove sono corrotti tutti. Politici,
amministratori, funzionari pubblici, militari, finanzieri, cooperative,
imprenditori, grandi, medi e piccoli, giornalisti, avvocati, magistrati e anche
coloro che dovrebbero controllare il malaffare e che invece ne fanno parte,
vescovi, arcivescovi, preti e le varie emanazioni del Vaticano.
Ma la cosa
più grave è che questa corruzione strisciante e omnicomprensiva, a differenza
delle mafie cosiddette ufficiali (noi ne abbiamo quattro, un vero record del
mondo, Mafia propriamente detta, Camorra, ‘Ndrangheta, Santa Corona Unita) è
difficilmente individuabile perché si intreccia dappertutto e con tutto, come
dimostra l’indagine su Mafia Capitale dove la persona più intellettualmente
onesta sembra essere Massimo Carminati che almeno ammette di essere quello che
è: un delinquente. Gli altri son tutti gigli di campo.
In Italia
campeggia poi la figura del ‘faccendiere’ che è una sorta di ragno che tesse e
interconnette tutta questa tela corruttiva. Il ‘faccendiere’ dovrebbe essere
tenuto alla larga da qualsiasi amministratore onesto, ammesso che ve ne sia
ancora uno, e invece la sua attività è pubblica e ufficiale quasi fosse un mestiere
normale, come tutti gli altri.
Questo
stesso ‘faccendiere’ lungi dall’essere tenuto alla larga dalla cosiddetta
‘società civile’, ammesso che esista ancora una società civile, è invece
coccolato, vezzeggiato, ammirato.
Facciamo un
esempio per tutti: Luigi Bisignani che Wikipedia così definisce “E’ un
faccendiere ed ex giornalista italiano, ritenuto uno degli uomini più potenti
d’Italia. Definito anche ‘manager del potere nascosto’”. Costui fu colto con le
mani nel sacco nella vicenda della loggia massonica P2 di Licio Gelli, Umberto
Ortolani, Roberto Calvi, Bruno Tassan Din che fra le altre cose controllava un
gruppo editoriale come Rcs, cioè Rizzoli-Corriere della Sera.
Ma queste
sono solo bagatelle. Si sa che in Italia le massonerie e la Massoneria (che
Luigi Einaudi in tempi remoti che sembrano appartenere a un Paese lontanissimo
da quello che stiamo vivendo definì “una cosa comica e camorristica”) son cose
accettate come normali. La Massoneria non è più comica, è solo camorristica.
Luigi Bisignani è stato arrestato e condannato in via definitiva a due anni e
sei mesi per reati contro la Pubblica Amministrazione. Si penserebbe che uno
così non avrebbe dovuto più avere alcun rapporto con la P.A. E invece lo
ritroviamo, anni dopo, come ascoltato consigliere dell’amministratore delegato
delle Ferrovie Lorenzo Necci poi arrestato e messo ai domiciliari (lo scandalo
della cosiddetta ‘seconda Tangentopoli’) e in seguito come altrettanto
ascoltato consigliere dell’amministratore delegato dell’Eni Paolo Scaroni.
Passato attraverso altre losche vicende (la P3, la P4) radiato dall’ordine dei
giornalisti, oggi Luigi Bisignani è un ascoltato opinion maker invitato nelle
Tv pubbliche e private.
Ma i
Bisignani in Italia sono legione. E la cosa ha origini lontane. Negli anni
Ottanta quando facevo un po’ di vita mondana mi capitava di essere invitato a
feste in splendide ville della Brianza. Quando chiedevo ai miei amici che
lavoro facesse il padron di casa le risposte erano vaghe. Non si trattava di un
imprenditore, di un grande avvocato, di un medico di fama, insomma di qualcuno
con un mestiere preciso. I miei amici dicevano: “Mah, non so, è un
faccendiere”.
Ma la cosa
ancora più grave è che, dai e ridai, la mentalità corruttiva e illegale è
discesa giù per li rami e raggiunge una parte vastissima della popolazione,
aiutata in ciò da un nostro antico vizio d’origine: il familismo.
Il nostro è
un Paese intimamente mafioso. In Italia il più pulito c’ha la rogna. E chi non
ce l’ha, chi è normalmente onesto, si sente talmente oppresso da un simile
contesto che poi, in molti casi, rivolge la sua rabbia repressa contro se
stesso o, senza alcuna apparente ragione, con chiunque gli capiti a tiro.
Sono
convinto che molti delitti di sangue, familiari, siano una reazione esasperata
all’impossibilità di vivere in modo normalmente onesto in un Paese come questo.
Ecco perché Silvio Berlusconi ne sarebbe il normale e legittimo
rappresentante.
Del resto in
Italia ci sarebbero così tante cose da fare che ormai non c’è più niente da
fare.
Massimo Fini (Il Fatto Quotidiano, 7 aprile 2017)
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