lunedì 10 aprile 2017

Siamo un Paese di 'faccendieri': ci meritiamo B.


 
Io mi auguro che Silvio Berlusconi possa presentarsi alle prossime elezioni politiche e le vinca. Un premier pregiudicato, “delinquente naturale” come l’ha definito il Tribunale di Milano, darebbe l’esatta fotografia, all’interno e all’esterno, di cos’è diventato realmente il nostro Paese. Dove sono corrotti tutti. Politici, amministratori, funzionari pubblici, militari, finanzieri, cooperative, imprenditori, grandi, medi e piccoli, giornalisti, avvocati, magistrati e anche coloro che dovrebbero controllare il malaffare e che invece ne fanno parte, vescovi, arcivescovi, preti e le varie emanazioni del Vaticano. 

Ma la cosa più grave è che questa corruzione strisciante e omnicomprensiva, a differenza delle mafie cosiddette ufficiali (noi ne abbiamo quattro, un vero record del mondo, Mafia propriamente detta, Camorra, ‘Ndrangheta, Santa Corona Unita) è difficilmente individuabile perché si intreccia dappertutto e con tutto, come dimostra l’indagine su Mafia Capitale dove la persona più intellettualmente onesta sembra essere Massimo Carminati che almeno ammette di essere quello che è: un delinquente. Gli altri son tutti gigli di campo. 

In Italia campeggia poi la figura del ‘faccendiere’ che è una sorta di ragno che tesse e interconnette tutta questa tela corruttiva. Il ‘faccendiere’ dovrebbe essere tenuto alla larga da qualsiasi amministratore onesto, ammesso che ve ne sia ancora uno, e invece la sua attività è pubblica e ufficiale quasi fosse un mestiere normale, come tutti gli altri. 

Questo stesso ‘faccendiere’ lungi dall’essere tenuto alla larga dalla cosiddetta ‘società civile’, ammesso che esista ancora una società civile, è invece coccolato, vezzeggiato, ammirato. 

Facciamo un esempio per tutti: Luigi Bisignani che Wikipedia così definisce “E’ un faccendiere ed ex giornalista italiano, ritenuto uno degli uomini più potenti d’Italia. Definito anche ‘manager del potere nascosto’”. Costui fu colto con le mani nel sacco nella vicenda della loggia massonica P2 di Licio Gelli, Umberto Ortolani, Roberto Calvi, Bruno Tassan Din che fra le altre cose controllava un gruppo editoriale come Rcs, cioè Rizzoli-Corriere della Sera. 

Ma queste sono solo bagatelle. Si sa che in Italia le massonerie e la Massoneria (che Luigi Einaudi in tempi remoti che sembrano appartenere a un Paese lontanissimo da quello che stiamo vivendo definì “una cosa comica e camorristica”) son cose accettate come normali. La Massoneria non è più comica, è solo camorristica. Luigi Bisignani è stato arrestato e condannato in via definitiva a due anni e sei mesi per reati contro la Pubblica Amministrazione. Si penserebbe che uno così non avrebbe dovuto più avere alcun rapporto con la P.A. E invece lo ritroviamo, anni dopo, come ascoltato consigliere dell’amministratore delegato delle Ferrovie Lorenzo Necci poi arrestato e messo ai domiciliari (lo scandalo della cosiddetta ‘seconda Tangentopoli’) e in seguito come altrettanto ascoltato consigliere dell’amministratore delegato dell’Eni Paolo Scaroni. Passato attraverso altre losche vicende (la P3, la P4) radiato dall’ordine dei giornalisti, oggi Luigi Bisignani è un ascoltato opinion maker invitato nelle Tv pubbliche e private. 

Ma i Bisignani in Italia sono legione. E la cosa ha origini lontane. Negli anni Ottanta quando facevo un po’ di vita mondana mi capitava di essere invitato a feste in splendide ville della Brianza. Quando chiedevo ai miei amici che lavoro facesse il padron di casa le risposte erano vaghe. Non si trattava di un imprenditore, di un grande avvocato, di un medico di fama, insomma di qualcuno con un mestiere preciso. I miei amici dicevano: “Mah, non so, è un faccendiere”. 

Ma la cosa ancora più grave è che, dai e ridai, la mentalità corruttiva e illegale è discesa giù per li rami e raggiunge una parte vastissima della popolazione, aiutata in ciò da un nostro antico vizio d’origine: il familismo. 

Il nostro è un Paese intimamente mafioso. In Italia il più pulito c’ha la rogna. E chi non ce l’ha, chi è normalmente onesto, si sente talmente oppresso da un simile contesto che poi, in molti casi, rivolge la sua rabbia repressa contro se stesso o, senza alcuna apparente ragione, con chiunque gli capiti a tiro. 

Sono convinto che molti delitti di sangue, familiari, siano una reazione esasperata all’impossibilità di vivere in modo normalmente onesto in un Paese come questo. Ecco perché Silvio Berlusconi ne sarebbe il normale e legittimo rappresentante. 

Del resto in Italia ci sarebbero così tante cose da fare che ormai non c’è più niente da fare.



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