Il Pd fischietta, come se non fosse successo niente: forse perché
Piero Grasso non è un trascinatore di popolo o forse perché in questi
casi si dice che "alla gente comune queste cose di Palazzo non
interessano".
Insomma una sorta di "Grasso chi?", secondo la formuletta
inizialmente dedicata a Fassina ma che si è via via allargata ai vari
Bersani, Enrico Rossi ed Errani, e - dopo tanti altri - appunto a Piero
Grasso. Senza scordare il primo sassolino della valanga, cioè Civati,
già candidato che prese mezzo milione di voti alle penultime primarie
del Pd. E senza scordare neppure Prodi, che al decennale del partito di
cui è stato fondatore non si è fatto vedere, come un padre che non ha
voglia di incontrare per strada il figlio divenuto tossico.
No, non è una questioncina di Palazzo, l'uscita dal proprio gruppo
(per la prima volta nella storia repubblicana) della seconda carica
dello Stato.
Non lo è né per la rilevanza del ruolo istituzionale né (soprattutto)
per la storia personale e per la dirittura morale di chi ha compiuto il
gesto.
E questa volta non si può addurre ad alibi la livorosità vendicativa
di un D'Alema o il movimentismo eterodosso di un Civati. Questa volta
siamo di fronte a un signore a cui il Pd aveva già proposto un seggio
sicuro al Senato, un signore di 72 anni che ne aveva davanti altri
cinque da trascorrere nelle fiorita pianura dei notabili: e che invece
ha scelto la porta stretta, strettissima, di qualcosa che stia fuori da
questo Pd, di qualcosa che sia diverso dal renzismo.
E, politicamente, si sta parlando di un signore che non ha mai fatto
parte né di alcuna corrente del Pd (o dei partiti che lo hanno composto)
né tanto meno della "sinistra radicale", formula con cui dunque sarà
sempre più difficile etichettare la cosa politica a sinistra di Renzi, se Grasso dovesse averne un ruolo significativo.
Già: la cosa a sinistra di Renzi.
In questi mesi da quelle parti si è fatto parecchio per far casino,
per interrompersi a vicenda, per porsi veti, per parlare di cose
sbagliate (tipo alleanze) anziché di cose giuste (tipo welfare e
disuguaglianze). E si è così creato un magma di partititi, partitini,
movimenti e iniziative che a volte fanno scuotere la testa di esausta
stanchezza.
Ma, per fortuna, c'è Renzi.
Per fortuna ci sono Rosato, Boschi, Lotti, Richetti, Bonifazi,
ladylike Moretti ed Ernesto "ciaone" Carbone. Per fortuna insomma c'è
tutta la compagnia di giro che con la sua catastrofica raffica di errori
e di incomprensione del presente, ogni giorno finisce per regalare
personalità, storia, ragioni e motivi d'esistere a chi sta alla loro
sinistra - o comunque a sinistra, ma altrove rispetto a loro.
Da "Fassina chi?" a "Grasso chi?" sono passati solo tre anni mezzo.
Eppure, sembra un'era geologica.
Si sapeva che Renzi faceva tutto veloce.
Ma così veloce nel gonfiarsi e nello scoppiare, davvero, non se lo aspettava nessuno.
Alessandro Gilioli (L'Espresso, 27 ottobre 2017)
Nessun commento:
Posta un commento
Tutto quanto pubblicato in questo blog è coperto da copyright. E' quindi proibito riprodurre, copiare, utilizzare le fotografie e i testi senza il consenso dell'autore.