Ci vorrebbe uno Spirito Santo progressista -
professione sconosciuta - capace di toccare le orecchie e gli occhi
della sinistra italiana, liberando finalmente lo sguardo e l'ascolto, su
se stessa e sugli altri. L'inconcludenza politica annunciata e la
tragedia tribale in corso infatti sono solo il risultato finale di un
fenomeno più ampio e più profondo, che nasce dall'incapacità di leggere
il mondo nuovo in cui una moderna sinistra deve agire, senza una chiara
nozione politico-culturale di sé e del concetto di amici, compagni e
avversari. Per un partito (in questo caso due, o addirittura tre) questo
significa semplicemente una condanna mortale: stare fuori dalla storia,
in cui invece vive solitaria la sua gente.
Non c'è nozione del ruolo di spina dorsale di un sistema malato che
nonostante tutto la sinistra italiana ha esercitato per tutto il lungo
periodo della crisi economico-finanziaria dell'Occidente: come se lo
avesse fatto per caso e per sbaglio, e dunque questa esperienza dovesse
essere nascosta al Paese, dimenticata, dispersa. Nessuno rivendica,
molto semplicemente, il senso di responsabilità generale con cui una
sinistra malandata e travagliata è tuttavia riuscita, tra errori,
forzature e mancanze, a tenere insieme il Paese in questi anni. Perché
non c'è coscienza che la responsabilità politica e istituzionale sia la
forma moderna di un riformismo governante.
Manca in più la consapevolezza della frattura tra il mondo compatto del
Novecento e l'universo frammentato della globalizzazione, che cancella
le classi ma trasforma le disuguaglianze in esclusioni, rompendo
l'alleanza storica tra capitalismo, welfare e democrazia
rappresentativa, dunque mettendo in gioco il nocciolo stesso
dell'identità politica dell'Occidente.
Non c'è, infine, lo sforzo di ragionare sulle conseguenze di tutto
questo, e in particolare sul terremoto in corso nella rappresentanza:
dove il ceto medio si sta spostando tra gli sconfitti della
mondializzazione, in un nuovo magma ancora senza nome dove il precariato
diventa la moderna interpretazione del proletariato. Ma gli occhi
chiusi della sinistra e le sue orecchie tappate, l'incerta e indefinita
nozione di sé fanno sì che queste nuove figure sociali non vengano
intercettate e si disperdano ai margini della cittadinanza, in una nuova
solitudine repubblicana, in uno spaesamento democratico dove crescono i
risentimenti individuali, incapaci di trovare una traduzione
collettiva, di costruire un sentimento comune, di farsi politica, di
diventare una Causa.
Il risultato è il prosperare della destra, vecchia e nuova che lavora
sugli individui più che sui cittadini, sugli stati d'animo piuttosto che
sulla loro traduzione politica. Nelle forme salviniane scoperte, nella
copertura mimetica grillina, nel finto moderatismo berlusconiano,
cavalca le solitudini e le marginalità, ma più ancora la rabbia degli
individui, non offre politica e governo, ma propone riconoscimento,
legittima il risentimento, e lo indirizza verso i nuovi fantasmi sociali
che è capace di creare, o almeno di ingigantire.
Ce n'è abbastanza per concludere che per la sinistra tutto questo è un
allarme finale e insieme un'occasione straordinaria. C'è un avversario
forte e definito - le due destre - da contrastare, c'è un popolo
disperso e dimenticato da riconquistare, c'è uno spazio sociale da
riorganizzare, c'è una scommessa culturale da giocare per ridefinire la
propria presenza nel secolo. Sapendo che nello zaino di una moderna
sinistra europea ci sono gli strumenti più utili per contrastare la
crisi della democrazia, e cioè la libertà del merito, l'emancipazione
dalle nuove povertà materiali e sociali. Insieme formano l'orizzonte
naturale di qualsiasi sinistra di governo occidentale, consapevole della
sua funzione e della sua storia. Basterebbe crederci, invece di
rispondere all'emergenza globale con l'odio domestico e i veti intestini
che paralizzano la politica, annullano la prospettiva, scambiano gli
avversari, confondono il campo di gioco,
immiseriscono la storia. La partita è aperta, mancano i giocatori.
Immagino che lo Spirito Santo nella sua lunga esperienza ne abbia viste
di tutti i colori, ma credo che in Italia davanti a questa sinistra
senza compagni alzerebbe le mani, nascondendo l'aureola.
Ezio Mauro (La Repubblica - 5 ottobre 2017)
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