Il percorso iniziato
con l’Assemblea del Brancaccio aveva, come compito primario, quello di
colmare il fossato che ancora oggi esiste tra la politica istituzionale
(cioè quella del sistema dei partiti e presente nelle istituzioni
democratiche) e gli attori sociali che fanno politica nei contesti di
vita e di lavoro delle persone. Le associazioni sindacali e culturali,
quelle grandi e strutturate e quelle che si muovono su un obiettivo
specifico – l’accoglienza dei migranti, il contrasto alla povertà, la
cura del territorio – e su un contesto territoriale limitato, ma che
sempre più spesso sono state capaci, partendo dalla concretezza dei
problemi che affrontano, di produrre uno sguardo lungo, più lungo di
quello della politica-istituzione, sui fenomeni del nostro tempo.
Abbiamo
pensato che le elezioni politiche imminenti avrebbero potuto essere un
terreno privilegiato per avviare questo percorso. Costruendo le liste
elettorali attraverso un metodo partecipato e democratico, in cui –
assieme, senza rendite di posizione e canali privilegiati – i militanti
dei partiti politici di sinistra, alternativi ai tre poli esistenti, e i
protagonisti del civismo attivo decidessero in maniera trasparente i
programmi, le candidature, e la leadership collettiva che dovesse
impersonarli. Costruendo dal basso quella unità di tutte le forze di
sinistra che dall’alto sembrava difficile realizzare.
Non
è andata così. Le elezioni si sono rivelate, una volta di più, il
momento peggiore per progettare e realizzare il reinsediamento sociale
della politica della sinistra. Nei partiti, in quale più e in quale
meno, ha prevalso una logica di autoconservazione e di affermazione del
proprio primato, e la società civile attiva ha faticato a mobilitarsi
per imporre ai partiti, a livello nazionale, quel metodo trasparente e
democratico che aveva dati buona prova di sé, con buoni risultati
elettorali, in tante elezioni amministrative recenti.
Tuttavia,
le più di cento assemblee che nei territori si sono sviluppate hanno
dimostrato che questo incontro, quando avviene, produce una
straordinaria ricchezza di idee e di proposte. È questa ricchezza che
vogliamo restituire.
Ci
sono qui, in questo embrione di programma, elementi su cui invitiamo a
riflettere: e che intendiamo discutere con tutti quelli che hanno
partecipato alla sua elaborazione, e con le forze che si presenteranno
alle elezioni.
Questo
testo è un primo tentativo di sintetizzare e restituire a tutti le
idee, i progetti, le aspirazioni, le proposte emerse nelle cento
assemblee ‘del Brancaccio’ che hanno attraversato l’Italia durante
l’estate e l’autunno del 2017 (e che si possono tutte trovare sul sito: http://www.perlademocraziaeluguaglianza.it).
Non è un programma, non è omogeneo, non è compiuto. È un abbozzo, un inizio.
Una sorta di cartello indicatore: che segna la direzione da imboccare se davvero vogliamo cambiare questo Paese.
La
speranza è che tutti coloro che hanno creduto nel percorso ‘per la
democrazia e l’uguaglianza’ possano portare queste idee nelle liste che
appoggiano in vista delle elezioni del prossimo 4 marzo. O anche
semplicemente utilizzarle come pietra di paragone per giudicare i
programmi elettorali. O come bussola per continuare a cercare la
Sinistra che ancora non c’è. Quella Sinistra che, dal 5 marzo 2018,
bisognerà ricominciare a costruire.
A questo tentativo hanno collaborato, in modi e
misure diverse: Andrea Baranes, Luca Benci, Piero Bevilacqua, Ilaria
Boniburini, Alberto Campailla, Vezio De Lucia, Giuseppe De Marzo, Anna
Falcone, Maria Pia Guermandi, Federico Martelloni, Filippo Miraglia,
Tomaso Montanari, Francesco Pallante, Livio Pepino, Gianni Principe,
Christian Raimo, Andrea Ranieri, Edoardo Salzano, Francesco Sylos
Labini.
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