Travaglio
ha ragione. Ma io non ho torto. Ha ragione Travaglio quando afferma che
di fronte alla slealtà, alla malafede, ai raggiri, alle truffe, alle
violenze sostanziali bisogna restare fermi sui propri princìpi senza
abbassarsi a quei livelli, costi quello che costi. Perché quando si
scalfisce un principio anche per una sola volta e per cosa di poco
conto, si sa da dove si comincia ma non dove si va a finire. Ma io non
ho torto perché un principio, anche il più giusto dei princìpi, se
portato alle sue estreme conseguenze è un errore (“l’errore è una verità
impazzita”, Chesterton). E’ l’errore che hanno fatto i Cinque Stelle,
nella comprensibile ansia di un rinnovamento etico in un’Italia marcia
fino al midollo, insistendo con eccessiva ossessività sull’’onestà’, che
avrebbero fatto meglio a chiamare ‘legalità’ perché l’onestà è un fatto
interiore e anche un delinquente può essere onesto se rispetta il
proprio codice morale (è il concetto che io riassumo nel binomio
emblematico Vallanzasca/Berlusconi, il primo è un criminale, ma
interiormente pulito, il secondo oltre a essere un criminale è,
interiormente, moralmente marcio, un “delinquente naturale” come lo ha
definito la Cassazione, cioè una persona che delinque anche quando non
ne ha alcun bisogno).
Questo
aver portato il principio dell’onestà/legalità alle sue estreme
conseguenze espone i Cinque Stelle a facilissimi boomerang. L’altro ieri
tutti i principali giornali italiani titolavano, in testa alla propria
prima pagina, sul fatto che alcuni Cinque Stelle, violando il proprio
codice interno, non avevano restituito la diaria. Il Giornale: “Disonestà, disonestà. Crolla il mito dei ‘puri’. Fine del sogno a 5 Stelle”; La Repubblica: “Rimborsi, lo scandalo scuote M5S”; Corriere della Sera: “M5S, un buco da 1,4 milioni”; La Stampa: “I grillini ammettono: rimborsi gonfiati”; Il Messaggero: “Rimborsi M5S, manca un milione”; Il Foglio:
“Gioioso j’accuse contro gli impresentabili del moralismo”. Il
sottotesto di quest’orgia di j’accuse è la sua ‘gioiosa’ implicazione:
vedete sono come noi, sono marci come noi, che meraviglia.
Non
c’è chi non veda, spero, la differenza che esiste fra coloro che oggi
fan la morale ai moralisti e questi ultimi. I Cinque Stelle (cinque,
dieci? Vedremo) hanno violato un proprio codice interno, privato, fra i
moralisti d’occasione ci sono partiti nelle cui file militano deputati,
senatori, consiglieri regionali, consiglieri comunali che hanno violato
il Codice penale.
Giuseppe Prezzolini nel suo Codice della vita italiana
distingueva gli italiani fra “i furbi” e “i fessi”. I primi sono quelli
che se fregano di ogni regola, i secondi le rispettano. Ma i fessi sono
così fessi da provare ammirazione per i “furbi”. Scrive ancora
Prezzolini nel capitolo che introduce il Codice della vita italiana
che s’intitola appunto “Dei furbi e dei fessi”: “L’italiano ha un tale
culto per la furbizia, che arriva persino all’ammirazione di chi se ne
serve a suo danno”. Il ventennale successo di Silvio Berlusconi, come
ricordava l’altro ieri Marco Travaglio, insegna.
Massimo Fini (Il Fatto Quotidiano, 15 febbraio 2018)
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