Da tempo sostengo che in assoluto le nostre più belle fotografie rimangono quelle che, per svariati motivi, non siamo riusciti a scattare e che con rammarico ricorderemo sempre.
Credo sia capitato a tutti di rimanere fortemente delusi dopo aver visto i risultati di un click o una serie di scatti che al momento dell’azione abbiamo immaginato (magari solo sperato) splendidi.
Il momento dell’azione in fotografia, come in quasi tutte le attività umane, è contaminato da molteplici fenomeni coinvolgenti. Tutti quanti ed anche i fotografi “freddi” e “cinici” devono fare i conti con emotività occasionali e con immaginazioni che non corrispondono o non producono poi i risultati sperati.
Capita pure che scatti effettuati in serie, realizzati in occasione di eventi o in presenza di fenomeni ingovernabili, in fase di post produzione rivelino bellissime sorprese, risultati insperati.
Si dice che l’occasione fa l’uomo ladro, ma in verità ci si deve essere in qualche modo pure portati. Questo per dire che, al di là dell’occasionalità dipendente esclusivamente dal “Fattore C”, un bravo fotoreporter deve in qualche modo mettere in conto queste possibilità impreviste.
La scoperta di pepite d’oro di questo genere può essere fatta esclusivamente attraverso una scrupolosa visione dell’immagine in post produzione.
La lettura revisionale dei nostri files è oggi facilitata da moltissimi softweare ma, indipendentemente dal prodotto che si utilizza, il nostro occhio dovrà essere allenato a leggere velocemente difetti e margini di correzione presenti in ogni scatto.
Non per nulla e sempre più spesso, in qualificati concorsi fotografici che vedono premiate immagini particolarmente belle e difficili da realizzare, prima di procedere a riconoscimenti/pubblicazioni viene richiesta all’autore dello scatto la produzione del file originario (nef/raw/raf …..).
In ogni caso, la post produzione rappresenta la seconda fase di scatto di una immagine fotografica che, se ben gestita, può talvolta anche dare un’impronta più significativa nel risultato finale.
Solo affermati artisti (Dalì, Picasso o bravi abili caricaturisti) con semplici tratti riescono a descrivere mondi “minimalisti” che esprimono tutto attraverso l’immaginario di ciascun lettore. Particolar esempio nella poesia in Ungaretti: “M’illumino d’immenso”.
Noi, più comuni mortali, siamo sempre chiamati a leggere e rileggere i nostri prodotti per correggere imperfezioni e rendere più comprensibile la nostra espressione, il messaggio che vorremmo trasmettere: e non è sempre facile; non ultimo per il fatto che rileggendoci spesso non riusciamo più a vedere i nostri errori.
Paradossalmente, in fase di post produzione, ciascuno di noi è chiamato ad essere un “critico” di se stesso. Quindi, dovremmo osservare con un certo distacco e cercare di vedere le nostre foto in maniera oggettiva, come se fossero state realizzate da altri: ma tutto questo non è per nulla facile, anzi risulta assai difficile.
Qui non basta l’onestà intellettuale o la capacità di sdoppiamento della personalità e in questo ci aiutano i critici o gli amici che, in quanto tali, hanno il coraggio di esprimere il loro punto di vista che, pur rimanendo relativo, riesce spesso a focalizzare eventuali carenze/difetti.
Una situazione ideale, particolarmente nel caso di fotoamatori, sarebbe riuscire a creare una correlazione reciproca, anche con un interscambio paritario delle proprie impressioni/opinioni. Il tutto con le riserve specifiche imposte dai diversi gusti e dalle proprie idee sulla fotografia.
Pigrizie e false modestie inducono talvolta alla presunzione che tutto quanto da noi prodotto è vino d’annata. Ma gli esperti sommellier insegnano che sono tanti gli elementi che qualificano e condizionano il risultato finale, non solo l’annata.
In conclusione potremo convenire e riconoscere l’enorme importanza che riveste la “post produzione”.
Certo la percezione che si prova nell’attimo dello scatto rappresenta un momento inebriante ma, come quando aspettavamo di vedere la diapositiva ritirata in laboratorio o stampavamo dal negativo bianco e nero in camera oscura …….. vuoi mettere l’emozione che si accende nel vedere affiorare e leggere un qualcosa che non avevi fisicamente visto o magari avevi solo intuito/immaginato ……… nell’avvicinare sapientemente alle regole, con tagli e correzioni, un’immagine originariamente scomposta? Buona luce a tutti.
© Essec
Qualunque esperienza creativa che ci emoziona puo' essere ARTE, e non ci interessa con quale stratagemma o diaboleria sia stato realizzato: perche e' ARTE. Se cosi' non fosse oggi non riusciremmo ad apprezzare artisti come Picasso. Cosi' trasgressivo per i suoi tempi...
RispondiEliminaIl mio rapporto con la post-produzione è molto controverso. Capisco che ci sono vari livelli di conoscenza, che portano per certi versi anche a stravolgere l'immagine, e su questo io sono assolutamente in disaccordo. Mi chiedo che senso ha far diventare una cosa, un'altra cosa? in questo modo potrai solo dimostrare la tua abilità di grafico, che per carità è un arte anch'essa, ma io smetterei di chiamarla FOTOGRAFIA. Per quanto mi riguarda io mi limito solo ad ottimizzare l'immagine nella gestione della luce (ove possibile) un leggero raddrizzamento (se necessario) e al massimo ritagliare l'immagine per evitare qualche ingombro marginale. Mai toccati i colori, la saturazione e tante altre cose che fanno gli esperti. So di gente che cambia i cieli alle proprie immagine per dargli un'aria che non era presente in natura, oppure di gente che tratta i ritratti con software specifici che cambiano i connotati alle modelle, che anche le mamme farebbero fatica a riconoscere e mi chiedo che senso ha tutto questo, in qualche modo per me è come barare al gioco. In un ritratto si dovrebbe ricercare l'anima del soggetto piuttosto che la pelle da bambola di porcellana. Per quanto riguarda l'animo critico, questa è una cosa che pochi sanno fare, perchè come si dice: ogni scarrafone è bello a mamma soia e almeno nel mio caso è tremendamente difficile che io cestini una mia foto anche con tutti i suoi eventuali difetti, perché fondamentalmente io scatto per me stesso e non ambisco a cercare riconoscimenti, semmai cerco spunti che mi aiutino a crescere nello scegliere i soggetti e le situazioni che meritino uno scatto. Ora andiamo alla cosa più importante: "IL MESSAGGIO": mi metto a nudo davanti a tutti voi confessando che non capisco proprio cosa sia un messaggio lanciato da una fotografia, se io scatto una foto perché devo lanciare un messaggio, a chi sto scrivendo? Lo so è un mio tremendo limite culturale, ma proprio non riesco a concepire "il messaggio". Quelli che si appostano alle 4 del mattino ai bordi del mare per fare la stessa fotografia da 10 anni a questa parte, con l'acqua cheta, che messaggio mi stanno lanciando? io dico che mi stanno dicendo che difettano di fantasia. Oppure quelli che si ostinano a fotografare il mendicante, di cosa mi stanno parlando?? Ovviamente questo è solo il mio pensiero, il pensiero di un umilissimo fotoamatore ignorante, ma buono di cuore, come tutti quelli che mi conoscono possono ben confermare. Io sono NAIF. Provate ad emozionarvi fotografando un fiore di campo, nella sua semplicità c'è l'intero universo! Spero di non avrei tediato.
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