Un’operazione di trasparenza che obblighi partiti e fondazioni a rendere completamente pubblici i loro bilanci. Una riforma sul finanziamento ai partiti che potrebbe essere anche retroattiva. E che, secondo il Corriere della Sera, potrebbe prevedere tra l’altro un tetto di 10mila euro alle donazioni e l’obbligo di rendere pubblici i bilanci e i nomi di chi finanzia le forze politiche. E’ l’ossatura della legge a cui sta pensando il vicepresidente del Consiglio Luigi Di Maio che così cerca di superare la situazione di impasse e di imbarazzo dovuta al caso Lanzalone, nell’inchiesta sullo stadio di Roma.
Una mossa per dimostrare che il movimento non ha nulla da nascondere e
soprattutto mettere alla prova gli avversari politici che attaccano come
Matteo Renzi che ieri ha chiesto al ministro della Giustizia Alfonso Bonafede
riferisca in Parlamento. Una mossa, d’altra parte, che si tiene insieme
con l’altra iniziativa di governo del M5s, proprio da parte del
guardasigilli Bonafede che ieri sul Blog delle Stelle ha rilanciato il programma del contratto di governo sulla lotta alla corruzione:
“I corrotti devono andare in carcere – ha detto Bonafede – Solo la
certezza della pena può dare credibilità allo Stato”. Due questioni che
evidentemente si legano all’inchiesta di Roma, dalla quale emergono i
finanziamenti dell’imprenditore Luca Parnasi alla politica.
Nel merito, l’obiettivo del vicepresidente del Consiglio è riformare la legge approvata dal governo Letta nel 2014 che ha abolito il finanziamento pubblico ai partiti, ma ha lasciato fuori tutto il capitolo delle donazioni verso
i singoli candidati e verso le fondazioni politiche (altro tema
dell’inchiesta sullo stadio romano). Su questo Di Maio ha già messo al
lavoro i suoi assistenti legislativi, in contatto con i ministri
competenti. “Noi non abbiamo paura” è il refrain che rimbalza dallo
staff del capo politico che esibisce nomi e numeri delle donazioni
emersi fino ad ora: “Dimostrano che il M5s non ha preso un centesimo”.
Orfini: “Il movimento meno trasparente d’Italia vuole trasparenza? Viva”
La sfida della trasparenza di Di Maio, dunque, è agli altri
partiti. “Vediamo ora chi ci sta, vediamo chi la vota in parlamento” è
il ragionamento. L’intesa con l’alleato di governo per ora sembra
esserci. “L’importante è che tutto venga fatto in maniera trasparente,
senza segreti e raggiri – dice a Non è l’Arena l’altro vicepremier, Matteo Salvini
– I cittadini possono farlo compilando la dichiarazione dei redditi, è
una cosa democratica e trasparente”. Tra gli altri, il Pd è l’unico che
per il momento risponde a Di Maio: “Di Maio vuole nuove norme sulla
trasparenza nei partiti – twitta il presidente Matteo Orfini
– Di Maio. Cioè il capo politico di un movimento che è quanto di meno
trasparente esista in Italia. Vuole maggiore trasparenza? Evviva. Inizi a
fare chiarezza sui suoi rapporti con Lanzalone. E la smetta di
prenderci in giro”. Ironica anche la deputata Giuditta Pini:
“Di Maio chiede norme sulla trasparenza del finanziamento ai partiti.
BUONGIORNISSIMO. Noi lo facciamo da sempre, non solo lo chiediamo ma la
applichiamo. Quello che non lo fa è il M5s. Forse ora si costituiranno
partito politico e ci diranno quanti soldi girano nel loro labirinto di
scatole cinesi tra fondazioni associazioni e blog?”.
Cantone: “Anche per le fondazioni bilanci certificati e sanzioni”
Sul tema delle fondazioni parla intanto anche il presidente dell’Autorità anticorruzione, Raffaele Cantone:
“Soldi a politici piccoli o grandi fatti arrivare attraverso
fondazioni, associazioni e persino a onlus – dice in un’intervista a Repubblica
– Insomma: quello che emerge dall’ultima inchiesta romana mostra ancora
la volta la necessità di regolamentare il finanziamento alla politica.
Il finanziamento pubblico è stato abrogato in modo molto frettoloso, senza introdurre uno scudo fisiologico, un contrappeso all’inevitabile ruolo che avrebbero avuto le sovvenzioni dei privati. Inoltre erano stati previsti meccanismi di controllo solo sui bilanci dei partiti tradizionali, mentre già nel 2013 esistevano fondazioni e associazioni
che raccoglievano fondi per i politici”. Per il capo dell’Anac “bisogna
introdurre una trasparenza a prescindere dalla natura dell’ente,
imponendola sulla base dell’attività sostanziale svolta se l’attività è
di natura politica, allora ci deve essere massima chiarezza sulle entrate e anche sulle spese. Credo che andrebbero previste regole non diverse da quelle delle società quotate in Borsa, con bilanci chiari e certificati. E non sarebbe illogico ipotizzare sanzioni penali analoghe a quello dell’illecito finanziamento, che invece ora riguardano solo i partiti tradizionali e non fondazioni e associazioni politiche”.
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