mercoledì 20 giugno 2018

La (non) Divina Commedia e i Brutti, sporchi e cattivi.



Quello che desta stupore nella vicenda delle intemerate sparate salviniane non è il contenuto delle stesse, abbastanza  prevedibili e, se vogliamo scontate, in quanto riconducibile alle tradizionali  “retoriche del disumano” di stampo leghista, bensì il largo consenso popolare che le stesse suscitano; stando ai sondaggi la Lega è virtualmente diventato il primo partito in Italia.
Le categorie economicamente e socialmente più deboli (migranti, rom), usate come bersagli politici, riescono a solleticare con potente forza emotiva i sentimenti di intolleranza e addirittura di invidia sociale.
L’intolleranza verso gli altri, gli “ultimi” che, in quanto tali, sarebbero espressione di una umanità di grado zero in preda a istinti poco nobili se non addirittura delinquenziali,  trova perfetta sintesi nel noto motto “prima gli italiani!”, che fa pensare alle suddette categorie come beneficiari di diritti non dovuti  e immeritati. E pure fino a non molti anni fa gruppi sociali non meno numerosi, che versavano in analoghe condizioni di completo decadimento sociale ed economico, erano costituiti da italiani. Chi non ricorda il bel film di Scola degli anni settanta, il cui titolo “Brutti, sporchi e cattivi” è diventato addirittura proverbiale?
Perché l’invidia sociale non è indirizzata, come dovrebbe essere più naturale, verso chi occupa i livelli più alti di benessere sociale ed economico?  
Qualcuno sostiene che ci troviamo in una società bloccata verso l’alto e le classi intermedie, impoverite dalla lunga crisi, mirano a riacquisire un livello adeguato di status e di autostima che, non potendo essere conquistato con la riduzione delle distanze  dalle classi più agiate, è perseguito cercando di aumentare le distanze dagli ultimi spingendoli sempre giù fino ad una totale esclusione.
Questo atteggiamento di ostilità distruttiva porta ad escludere, in modo quasi irrazionale, la possibilità di realizzare politiche di integrazione sociale (cosa che in effetti non è mai  stata fatta in maniera adeguata)  che pure consentirebbero di alleviare le situazione di disagio e degrado sociale.
L’irrazionalità è forse derivante dal sentimento di invidia (collettiva) prima richiamato che come mirabilmente Dante definisce nel Purgatorio comporta un maggior godimento dai mali altrui che dai vantaggi propri (“Fui de l’altrui danni più lieta assai che di ventura mia”).
Il sommo Poeta rappresenta gli invidiosi come ciechi con gli occhi cuciti, che sembrano oggi raffigurare un Paese accecato dai risentimenti e guidato con arroganza da chi sembra vedere solo con un occhio dallo sguardo rancoroso e intollerante (e anche qui viene in mente la potenza simbolica dell’occhio guercio del protagonista del film di Scola, magistralmente interpretato da Nino Manfredi).
 A questo punto non resta che richiamare, in tema di solidarietà sociale, gli autorevoli e reiterati inviti del Papa “ad aprire gli occhi” (oltre che il cuore, naturalmente).

P.T.


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