Andare
per i vicoli di Palermo è sempre interessante e talvolta girovagando senza una
precisa meta si riescono a cogliere particolarità specifiche che caratterizzano
il contesto popolare che vi abita.
La
presenza sempre più accentuata di turisti degli ultimi tempi poi, ha abituato
la gente a vedere una massa di curiosi sempre intenti a ricercare e a
soffermarsi su tipicità che per i locali sono divenute nel tempo delle
ordinarie normalità e, quindi, per noi fotoamatori impegnati nella continua
ricerca volta ad immortalare aspetti particolari, è diventato più facile
muoversi nei luoghi più popolari senza suscitare particolari diffidenze.
Comunque,
per evitare problemi, in talune situazioni è opportuno farsi riconoscere o
attivare iniziative che facilitino l’accettazione, a tal fine è bene parlare
spesso in dialetto per informare gli indigeni che anche noi siamo dei locali.
Ieri,
mentre giravo per un vicolo del centro storico “rimesso a nuovo” con un amico, anche lui
appassionato di fotografia, ad un certo punto si sentì una voce femminile dire:
“c’è unu ca avi tri uri chi fa fotografie,
ma chi ci fotografa?”, lo diceva al marito che era con lei in strada, intento
in una operazione di trasbordo di pacchi.
Al
terzo piano privo di ascensore della palazzina sovrastante, infatti, c’era un
ragazzo intento a manovrare con un montacarichi cui erano state agganciate molteplici
sporte e sacchetti …… presumibilmente contenenti vettovaglie della spesa
domenicale per il pranzo di mezzogiorno o altro.
Qualcosa,
per il signore di basso che procedeva agli agganci, evidentemente non stava andando per
il verso giusto per cui, rivolgendosi al ragazzo del terzo piano, è nata in lui
spontanea la classica esclamazione palermitana: “curnutu tu e cu un tu rici puru”. Prontamente la moglie, quella che
aveva fatto le considerazioni sul fotografo che ero io, si associò anche lei
all’invito esclamando: “curnuto” rivolgendosi al
presumibile giovane congiunto che manovrava al montacarichi.
Atteso
che il tutto avveniva mentre noi eravamo ormai prossimi al luogo dell’operazione
di trasbordo, è nata spontanea la mia associazione alla consuetudine locale.
Quindi prontamente dissi anch’io “curnutu”,
precisando che a questo punto non potevo esimermi dal partecipare.
L’ilarità
generale tra tutti gli astanti, compresi i congiunti affacciati al balcone e
l’addetto al montacarichi, aprì tutti i varchi e mi qualificò come “palermitano
doc”, il che fece abbattere le precedenti diffidenze e ogni possibile residua barriera.
Ovviamente,
quindi, aggiunsi se potevo fotografare l’azione, ottenendo piena autorizzazione
a documentare la scena.
Questo
è il vero folklore palermitano, l’ironia positiva che ci contraddistingue e basta assai poco
per inserirsi pienamente nella solarità della nostra bella gente.
Buona
luce a tutti.
©
Essec
E ti è finita bene, e poi è sempre meglio camminare in gruppo, ciao e buona settimana, Angelo.
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