sabato 2 febbraio 2019

Equivoci


“Presidente”, chiese pressante il giornalista, “ci può fare un breve resoconto degli sviluppi del suo settore e dei problemi ancora aperti?”
Di buon grado il Presidente cominciò:
”Qualche considerazione generale su un settore molto importante nel nostro paese (e non solo) è d’uopo. Si è infatti attenuata l’attenzione mediatica innescata dalle sofferte vicende vissute lo scorso anno. Esse hanno rappresentato l’epilogo annunciato di una situazione di difficoltà, protrattasi per lungo tempo.
Un settore che sul finire del secolo scorso, sfruttando nuovi canali di comunicazione e seguiti sempre più nutriti, ha registrato una crescita ragguardevole in termini di volumi e di ricavi (sostanzialmente triplicati in quel periodo). Ciò induceva a pensare a uno sviluppo inarrestabile, considerato pure il numero di operatori iscritti agli albi ufficiali, ben più alto della media degli altri paesi europei.
Il comparto, però, nella fase di maggior crescita, non ha effettuato i necessari interventi per rafforzare il grado di patrimonializzazione né realizzato idonei investimenti per migliorare la competitività anche nel confronto internazionale. Non ha rinnovato neanche gli assetti di governo societario (non rari i casi di nepotismo e familismo amorale), i modelli di business (talora condizionati da forme di campanilismo esasperato e altre turbolenze), le infrastrutture ivi comprese quelle tecnologiche, le competenze manageriali.
Inoltre non ha prestato attenzione all’aumento dei costi di funzionamento e al conseguente drastico effetto sulla redditività. Poco efficaci sono stati i richiami a una più prudente gestione finanziaria e le iniziative volte a limitare le conseguenze di una connaturata asimmetria informativa, derivanti anche dalla presenza in bilancio di asset di non immediata e facile valutazione, e fenomeni di “azzardo morale”.
La corsa è proseguita, nonostante alcune situazioni di difficoltà e contraccolpi sull’opinione pubblica rivenienti da ben noti episodi di cattiva gestione dei primi 2000, per certi incroci societari non proprio pertinenti. Il settore ha iniziato la sua parabola discendente a partire dal 2007. Le performance sono peggiorate progressivamente. I bilanci hanno registrato il forte degrado degli attivi e perdite significative. Piccoli e fedeli azionisti di società anche quotate in borsa, hanno visto la loro quota svalutarsi. I fruitori dei nostri servizi si sono allontanati delusi e arrabbiati. Non sono mancate condotte fraudolente di qualche Presidente con inchieste e procedimenti giudiziari.
Il numero di operatori in difficoltà è aumentato e alcuni di essi, anche di grandi dimensioni, sono stati acquisiti da soggetti esteri. Si è innescato un processo di colonizzazione e di marginalizzazione internazionale.
Lo stato di difficoltà è sotto gli occhi di tutti, soprattutto dopo le vicende meste e dolorose dello scorso anno. Queste ultime potremmo definirle una “esplosione di sofferenze”.
”E”, aggiunse, “forse anch’io avrei dovuto controllare meglio.”
“Presidente”, lo interruppe il giornalista con aria imbarazzata. “Ma…ma io non gli ho chiesto di parlare di banche. Perché mi sta parlando di banche? Non capisco!”
“Ma io, mio caro, non le sto affatto parlando di banche!” Replicò con prontezza il Presidente. “Che c’entrano le banche? Non ha capito che sto parlando di calcio? Provi a mettere nomi e riferimenti concreti alle mie generali affermazioni e si convincerà che io di calcio le ho parlato.  E anche della necessità di rivedere radicalmente un modello non più sostenibile, salvo che non si voglia assistere a nuovi fallimenti. Io di banche non so niente. Io sono l’ex Presidente della FIGC. Mica l’ex Presidente dell’ABI. Se poi anche l’altro settore è nel pallone, che cosa posso farci?”
Voi sapreste riconoscere i fallimenti del mercato sportivo ai quali allude l’intervistato? Quelli del mercato bancario sono fin troppo noti.

Luca Pitti (Economia & Finanza Verde)


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