giovedì 7 febbraio 2019

Per farsi levare un numero Tim, è meglio chiamare Kafka


Storie di ordinaria follia. Burocratica. Della Tim. Vicenda che è capitata a me, ma pure a molti altri utenti anche se non nelle forme kafkiane della mia. 
Ho due linee di telefono fisso, una collegata al fax, una risalente a quando era ancora vivo mio padre prima sotto Stipel poi diventata Sip poi Telecom infine l’attuale Tim. Insomma un numero che sta in casa mia da oltre 70 anni. Naturalmente gli apparecchi sono cambiati e modernizzati. Anche se il vecchio modello, tipo ‘telefoni bianchi’, che io tengo in un’altra stanza, fa il suo porco dovere. Tant’è che quando lascio la cornetta del telefono principale attaccata male, quello invece squilla. 
Il secondo numero, collegato al fax, non mi serviva più. A settembre ho chiesto alla Tim, con una certa fatica perché non si riusciva mai ad arrivare ad un umano, di toglierlo di mezzo. Finalmente la Tim mi informò che il giorno 30 novembre sarebbe arrivato il tecnico, senza peraltro dirmi a che ora. Sono quindi rimasto in casa tutto il giorno. Ma quello non si è fatto vedere.
Allora con la solita difficoltà delle nuove tecniche (devi schiacciare un’infinità di numeri, come il lettore sa bene) sono riuscito a fissare un nuovo appuntamento. Il tecnico non è arrivato. Alla Tim avevo fatto ben presente che volevo togliere il numero suppletivo ma lasciando ovviamente l’altro, quello di sempre. Il 15 gennaio, circa cinque mesi dopo la mia prima richiesta, si è alla fine presentato un tecnico in carne e ossa. Un vecchio operaio che aveva cominciato con la Sip e la cosa mi ha rassicurato. Anni prima infatti avevo avuto un incrocchio per cui se funzionava la segreteria telefonica non funzionavano il fax e il fisso. E viceversa. Era venuto un giovane tecnico, di ultima generazione, che quando, un po’ preoccupato, gli spiegai il problema si mise a ridere: “E’ cosa da nulla”. Non riuscì a combinare un picchio. Ne chiamai un altro, sempre giovane, col quale si ripeté la stessa scena. Ne chiamai un terzo e nulla cambiò. Mi rivolsi allora a un vecchissimo tecnico che risaliva addirittura alla Stipel. Risolse tutto. 
L’ultimo tecnico, quello ex Sip, operò molto bene. Sembrava tutto risolto. Il telefono principale funzionava, il numero collegato al fax era stato tolto di mezzo. Chiesi al tecnico una certificazione che documentasse la nuova situazione. Mi disse che ormai tutto avveniva per vie interne alla Tim, che quindi non ce n’era bisogno. Qualche giorno dopo ricevetti una telefonata della Tim. Una donna mi disse: “Lei ha lasciato Tim. Vorremmo quindi…”. “Io non ho mai lasciato Tim. Ho solo chiesto di togliere un numero suppletivo”. “Mi lasci controllare”. Poi mi richiamò confermando che le cose stavano come le avevo detto. Ricevetti però una seconda telefonata Tim che mi poneva la stessa questione. Diedi la stessa risposta. Ce ne fu poi anche una terza dello stesso tenore, stessa domanda, stessa risposta. A questo punto pensai che questa logorante interlocuzione con la Tim fosse finalmente chiusa. 
Bene. Domenica mattina, verso le undici, alzo il telefono, faccio un numero e una voce registrata mi dice: “Per ragioni amministrative il suo telefono è disattivato”. Aggiunge poi, la voce, di chiamare il numero di emergenza. Per un colpo di sfiga avevo rotto il cellulare. Ero quindi completamente isolato. Il cellulare però non è obbligatorio. Uno può non avercelo per ragioni sue. Per smaltire il nervosismo sono andato in piscina. Sono ritornato alle quattro e il telefono continuava a non funzionare, c’era sempre la stessa voce registrata che cominciava: “Per ragioni amministrative…”. 
Ritengo che in una società come questa, basata tutta sulle telecomunicazioni, e in una città come Milano, modernizzatissima ma dove uno non conosce nemmeno il suo vicino di pianerottolo, lasciare una persona per quattro o più ore senza la possibilità di comunicare sia un tantino criminale. Un vecchio, un single, può sentirsi male e non può nemmeno chiamare il 118. In ogni caso, anche se era la Tim che aveva sbagliato tutto, aveva almeno il dovere di informarmi qualche giorno prima che mi avrebbe disattivato il telefono. 
Verso le quattro e mezza del pomeriggio il telefono ha ripreso, misteriosamente, a funzionare. Erano passati cinque mesi dalla mia prima richiesta. Tim mi ha spiegato che c’erano stati dei difetti e degli equivoci nelle loro comunicazioni interne (che non è affatto detto che non si possano ripetere, e infatti l’altro giorno il telefono è rimasto disattivato per mezzora). Insomma la più importante società di telecomunicazioni, che è la proprietaria delle linee telefoniche, non sa comunicare al proprio interno. E il dottor Gubitosi che ieri ha rilasciato un’intervista trionfalistica al Corriere, dove è prospettata una serie di agganci internazionali con altri operatori, farebbe bene, prima, a sistemare un po’ meglio la propria organizzazione interna.

Massimo Fini (Il Fatto Quotidiano, 3 febbraio 2019)

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