giovedì 27 giugno 2019

Il "Metodo Falcone"


Vicissitudini professionali varie e non solo, che non vale la pena raccontare, mi hanno consentito di conoscere persone che, nonostante navigassero in contesti sociali complessi, proiettati verso il consociativismo, hanno e praticano principi etici di non comune morale. 
Qualche tempo addietro, a uno di questi amici, stante la sua profonda conoscenza delle questioni giuridiche e non solo, ho proposto di scrivere qualcosa su Giovanni Falcone. 
Suggerivo di sviluppare un profilo, non tanto dell’uomo ampiamente narrato dai tanti, ma di illustrare il personaggio secondo taglio squisitamente tecnico, mettendo principalmente in luce l’evoluzione professionale del magistrato, come quando si va a costruire con mattoncini lego, guardando da una visuale prospettiva giuridica e, perché no, con riferimenti sull’apporto diretto e indiretto generato nel campo legislativo. 
La voglia di intrigare in questo progetto mi si è rinnovata in occasione di un casuale incontro con un soggetto alquanto qualificato, non siciliano, il quale a un certo punto della conversazione mi venne a chiedere del perché Giovanni Falcone e Paolo Borsellino avessero operato quelle loro scelte coraggiose e fuori dal comune, atteso che, come da lui stesso per la sua professione verificato, a Palermo (e più in generale in Sicilia) tutti conoscono tutti e le varie categorie/lobbies si incrociano in un quotidiano che spesso comporta compromessi, accordi, soluzioni facili. 
Nello specifico si riferiva, ad esempio, ai tanti circoli, laddove magari i magistrati intrattengono rapporti troppo amicali con gli avvocati o con alti esponenti dell’imprenditoria, ovvero ai luoghi ove connessioni strane si intrecciano in associazioni settarie di pseudo “templari”, “cavalieri del Santo Sepolcro” e giù di lì. 
Ho spiegato che intanto si trattava di due soggetti integerrimi di sani principi. Dei due, un caro amico ha scritto "entrambi ispirati ad una vocazione al senso della 'giustizia dovere e non potere', fino all'estrema conseguenza, ancora più lucidamente perseguita da Borsellino".
Senza, pertanto, voler minimamente sminuire la figura di Paolo Borsellino, è da osservare che quella di Giovanni Falcone è stata comunque un’altra cosa …… perchè era il “metodo Falcone” …… lo strumento che il mondo degli affari e della politica temevano. Un sistema elaborativo di puzzle infiniti, il cui sofisticatissimo e raffinato software  era tutto custodito e perfettamente funzionante nel suo cervello! 
L’occasionale amico non siciliano che voleva sapere da me era anche lui avanti negli anni e, seppur aveva avuto modo di conoscere - per questioni di lavoro - una moltitudine di situazioni torbide, una miriade di burocrati, di soggetti appartenenti all’alta società, quella che conta e variegate fattispecie delle tante umanità diffuse, è rimasto perplesso e, con le mie semplici argomentazioni, credo proprio di non averlo convinto.

 © Essec


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