E adesso sappiamo che non c’è solo la magistratura italiana a
essersi corrotta, immersa in un marciume di lotte intestine, di scambi
di favori che nulla hanno a che fare con la giustizia, di rapporti
equivoci con esponenti politici della cosiddetta sinistra per
indirizzare le inchieste, c’è anche una magistratura brasiliana corrotta
con conseguenze ancor più politicamente devastanti per quel Paese:
l’eliminazione degli esponenti del chavismo bolivariano, la forma che il
socialismo ha preso in Sudamerica, Dilma Rousseff e Luiz Inacio Lula,
la prima estromessa dal potere con procedure molto simili a quelle con
cui in Venezuela si è cercato di far fuori Maduro, il secondo messo in
galera con accuse di corruzione. Sull’eliminazione politica, attraverso
il braccio giudiziario, di Rousseff e Lula avevamo espresso molti dubbi
già un anno fa (Fatto11.4.2018, “Non ci provate: il caso Lula
non c’entra niente con Berlusconi”). Ora questi dubbi sono confermati da
un’inchiesta del sito investigativo The Intercept che ha
accertato che le principali accuse nei confronti di Rousseff e di Lula
sono frutto di una macchinazione giudiziaria e che il principale capo
d’accusa contro Lula, l’essersi fatto regalare un lussuoso appartamento,
è falso perché quell’appartamento non risulta di proprietà né di Lula
né di persone a lui vicine. Alle spalle di tutto questo ci sono i soliti
americani che già nel 2014 facevano spiare dai Servizi l’ex presidente
Rousseff e i suoi uomini perché interessati al grande giacimento
petrolifero del Presal.
Tutti i quotidiani italiani hanno dato rilievo a questa vicenda, tranne Il Giornale
stretto nell’imbarazzante morsa dei suoi attacchi alla magistratura, in
qualsiasi Paese del mondo, si trattasse anche della Nuova Zelanda, in
funzione pro Berlusconi e il fatto che uno dei principali totem
dell’estrema destra mondiale, Bolsonaro, sia arrivato al potere proprio
grazie alle mene dei magistrati. C’è un dettaglio che riporta le vicende
brasiliane a quelle nostrane: i magistrati carioca esultarono per il
successo delle manifestazioni di piazza che aiutarono a far cadere
Rousseff come, lo abbiamo ricordato sempre sul Fatto, tutta la
ricca e ricchissima borghesia italiana esplose in uno scomposto tripudio
dopo i risultati delle elezioni europee non tanto per la vittoria di
Salvini ma per il tonfo dei Cinque Stelle. Il vero nemico in Italia, per
tutti coloro che non stanno con gli “umiliati e offesi” ma dall’altra
parte, compresi i dem, sono i Cinque Stelle, perché è l’unico partito
italiano che, sia pur a modo suo, ha un’ispirazione socialista. Non è
certamente un caso che quello italiano, per volontà dei Cinque Stelle e
non certo di Salvini, sia stato l’unico governo europeo a non prendere
partito per il fantoccio americano Guaidò. Numerose sono le misure di
tipo socialista già prese dai Cinque Stelle, dal reddito di cittadinanza
a quota 100 in comproprietà con la Lega, al decreto dignità, al taglio
dei vitalizi, mentre altre bollono in pentola come il taglio alle
pensioni d’oro. Nell’ideologia dei Cinque Stelle ci sono, per usare una
terminologia di cui ho fatto piazza pulita a partire dalla Ragione aveva Torto?
(1985), fattori sia di sinistra sia di destra, e altri che sono
specifici di questo movimento. In ogni caso l’ideologia ‘grillina’ ha
preso una strada tutta sua che nulla ha a che vedere con le categorie
partorite dall’Illuminismo, sia in chiave liberista che marxista, con la
loro mitologia della produzione, del lavoro, della scienza
tecnologicamente applicata. E’ significativa l’opposizione alle grandi
infrastrutture di cui il no alla Tav è il simbolo perché non si può
avere nello stesso tempo un mondo ecologicamente ed esistenzialmente
equilibrato e un modello di sviluppo basato sulla produzione e il
consumo compulsivo. Particolarmente interessante, in senso esistenziale,
è la distinzione espressa, sia pur in modo un po’ confuso, da Grillo
fra ‘tempo libero’ e ‘tempo liberato’. Il ‘tempo libero’ è destinato
sempre al consumo, senza il quale il modello di sviluppo occidentale
collasserebbe su se stesso, il ‘tempo liberato’ è invece il tempo della
riflessione, della contemplazione e delle cose che ci piace veramente
fare. In Occidente si è utilizzata la tecnologia in modo assurdo. Le
macchine avrebbero potuto lavorare, almeno in parte, per noi, invece
siamo noi a lavorare per le macchine e addirittura per gli algoritmi
finanziari sfuggiti di mano agli stessi apprendisti stregoni (si veda il
libro di Alexandre Laumonier “6/5. La Rivolta delle macchine”) che
sbattono le persone fuori dal mondo del lavoro mandandole nella caienna
della disoccupazione. E’ ovvio che un’impostazione di questo genere
mandi fuori dai gangheri le élites e i mercati internazionali in cui
l’Italia non ha certo una parte di rilievo. Ed è questo il vero motivo
dell’omnicomprensiva ostilità nei confronti dei ‘grillinos’ come li
chiamano in Spagna.
Massimo Fini (Il Fatto Quotidiano, 18 giugno 2019)
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