A furia di osservare il mostro si finisce per assomigliargli. Lo notavo nei commenti che ieri Il Fatto
ha affidato ad alcuni intellettuali noti per la loro indipendenza e
nello stesso editoriale del direttore, Marco Travaglio. Tutti, a parte
Daniela Ranieri, parlavano in stretto politichese con un linguaggio
estrapolato dalla politique politicienne, elaboravano
strategie. Più che intellettuali o giornalisti sembravano dei segretari
di partito. Nessuno, mi pare, ha notato che queste elezioni europee
hanno segnato l’ennesima sconfitta del socialismo, in Italia ma anche in
Europa. Nel nostro Paese gli unici ad avere un programma sociale erano e
sono i grillini (poiché nel Pd, abbia il 18 o il 20 o il 40 % di
sociale non c’è più nulla- “D’Alema di’ qualcosa di sinistra. Di’
qualcosa”, Nanni Moretti). Naturalmente, per sua natura, un programma
sociale per realizzarsi ha bisogno di tempo, non ha l’immediatezza delle
facili invettive contro gli immigrati e le immigrazioni. E questo
programma i Cinque Stelle avevano provato a metterlo in atto con alcune
misure, solamente iniziali ma già piuttosto concrete. Ma sono stati
stoppati sul posto. La loro ostilità nei confronti delle grandi opere
delle infrastrutture ha un doppio significato. E’ notorio, anzi è
storico, che più un Paese si modernizza più si allarga la forbice fra i
ceti ricchi e quelli poveri. Inoltre per salvare l’ambiente non bisogna
aumentare, ma diminuire la produttività e con essa i consumi. Le
manifestazioni per l’ambiente con ragazzette tipo Greta Thunberg hanno
un significato solo folcloristico se non si è disposti a pagarne i duri
prezzi nel campo della produzione e del consumo. Non si può avere nello
stesso tempo la botte piena e la moglie ubriaca.
Ma, a parte la Spagna, queste elezioni hanno mostrato che il
socialismo arretra in tutta Europa. Fuori dal Vecchio Continente,
attraverso Donald Trump, il bolivarismo chavista, cioè la forma che il
socialismo aveva preso in Sudamerica, verrà spazzato via dal Venezuela,
dalla Bolivia, dopo aver subìto la stessa sorte nel Brasile di Lula e
della Rousseff. E’ l’ora dei Bolsonaro. E così continueremo a vivere in
un modello di sviluppo che ho definito “paranoico” che oltraggia sempre
di più gli “umiliati e offesi”, senza più alcuna difesa, e riesce anche
nell’impresa di far viver male, esistenzialmente, chi sta economicamente
bene (negli Stati Uniti, il Paese per ora ancora dominante e più ricco,
oltre il 60% degli abitanti fa uso abituale di psicofarmaci, cioè è
gente che non vive bene nella propria pelle). Le parole del Papa
cattolico, che in qualche modo cerca di opporsi a questa deriva, non
contano più nulla. E il crocefisso esibito da Matteo Salvini ne è la
clamorosa e penosa dimostrazione.
Massimo Fini (Il Fatto Quotidiano, 30 maggio 2019)
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