Sull’onda della corruzione della Magistratura –perfino della
Magistratura- è tornata all’onor del giorno la “questione morale” e si
dice e si scrive che Enrico Berlinguer, allora segretario del Pci, fu il
primo a porla, legandola allo strapotere assunto dai partiti, nella
famosa intervista del luglio 1981 a Scalfari. Per la verità Berlinguer
non fu il primo. Già nel 1960, cioè vent’anni prima di Berlinguer,
Cesare Merzagora in un vibrante discorso al Senato, di cui era
presidente, aveva denunciato che la democrazia stava trasformandosi in
partitocrazia, con annessa e inevitabile corruzione, e lo stesso aveva
fatto nel medesimo anno il grande giurista Giuseppe Maranini. Cosa
diceva Berlinguer in quell’intervista a Scalfari? “I partiti… sono
macchine di potere e di clientela…Gestiscono interessi, i più disparati,
i più contradditori, talvolta anche loschi…sono federazioni di
correnti, di camarille, ciascuna con un ‘boss’ e dei ‘sotto-boss’…i
partiti hanno occupato lo Stato e tutte le istituzioni, a partire dal
governo”. E ancora: ”Hanno occupato gli enti locali, gli enti
previdenziali, le banche, le aziende pubbliche, gli istituti culturali,
gli ospedali, le università, la Rai Tv, alcuni grandi giornali”. E
concludeva: “La questione morale non si esaurisce nel fatto che,
essendoci dei ladri, dei corrotti, dei concussori in alte sfere della
politica e dell’amministrazione, bisogna scovarli, denunciarli e
metterli in galera. La questione morale, nell’Italia d’oggi, fa tutt’uno
con l’occupazione dello Stato da parte dei partiti governativi e delle
loro correnti, con la guerra per bande”. Un discorso ineccepibile.
All’apparenza.
Nel 1983 in una “Lettera aperta a Claudio Martelli”, allora il più
importante leader socialista dopo Bettino Craxi, scrivevo sul Giorno,
che non poteva certamente essere accusato di ostilità nei confronti dei
partiti di governo, Dc e Psi in testa: “Non c’è angolo della nostra
vita pubblica e privata che non sia occupato dai partiti i quali,
debordando dalla loro sede naturale, il Parlamento, hanno lottizzato,
oltre al governo, alla presidenza della Repubblica, alle Regioni, alle
Province, ai Comuni, anche l’industria pubblica, il parastato, la
burocrazia, le forze armate, la magistratura, le banche, gli ospedali,
l’università, le grandi compagnie di assicurazione, le camere di
commercio, gli appalti, la Rai Tv, i giornali, le aziende
municipalizzate, le Spa comunali, gli enti culturali, gli Iacp, i porti,
le terme, le mostre, le aziende di soggiorno, gli acquedotti, i teatri,
i conservatori, le casse mutue, le unità sanitarie locali, i tranvieri,
i vigili urbani, gli spazzini, gli urbanisti, gli architetti, gli
ingegneri e, infine, anche i corpi di ballo, le soliste e i primi
ballerini”. Uno scritto che sembra pantografato sulle parole di
Berlinguer. Ma fra i due discorsi, a parte l’importanza dei personaggi
in campo, corre una differenza. Sostanziale. Quale? Berlinguer
dimenticava disinvoltamente, molto disinvoltamente, di essere segretario
di un partito, il Pci, che era parte integrante di quella partitocrazia
di cui denunciava il clientelismo e la corruzione, a cui partecipava
come tutte le altre formazioni politiche, ma le riferiva solo alla Dc,
al Psi, alle frattaglie repubblicane e liberali (“occupazione dello
Stato da parte dei partiti governativi”). Insomma si tirava
fuori, sorvolando tra l’altro che il Pci riceveva cospicui finanziamenti
dall’Unione Sovietica (la Dc e il Psdi dagli americani) uno Stato
apertamente nemico delle democrazie occidentali e che ricevere quattrini
dall’Urss poteva essere considerato “alto tradimento”. Il buon
Zingaretti è quindi figlio di quel Pci, partitocratico e clientelare
come tutti gli altri, e non può perciò essere accusato di proseguirne,
sia pur con qualche resistenza, se non la politica certamente la stessa
immorale moralità.
Massimo Fini (Il Fatto Quotidiano, 21 giugno 2019)
Nessun commento:
Posta un commento
Tutto quanto pubblicato in questo blog è coperto da copyright. E' quindi proibito riprodurre, copiare, utilizzare le fotografie e i testi senza il consenso dell'autore.