martedì 25 giugno 2019

"E quando mangeremo gli spaghetti toglieremo la bottiglia del latte dal tavolo"



Nei tanti anni, nell’arco di una vita si ha modo di incontrare moltitudini di genti. Tante, ma proprio tante persone.
Ci si rapporta con molti e le eventuali frequentazioni portano a conoscere più approfonditamente umanità diverse.
Forse anche per necessità di sopravvivenza, in qualche modo tentiamo di evitare e possibilmente rimuovere dai ricordi, i personaggi negativi che inevitabilmente s’incrociano. 
Taluni poi, sembra che la negatività se la portino dentro e inducono a temere il rischio di un possibile contagio.
Come tanti, ho avuto anche modo di conoscere - e fortunatamente continuo ancora a incontrare - bella gente, di spessore, dotata di umanità a tutto tondo, splendide figure (usando un aggettivo qualificativo del quale spesso abuso), che racchiudono nell’intimo grandi positività, che, spesso, sanno pure comunicare e trasmettere - con semplicità ed in modo diretto - il loro modo d’essere e di intendere la vita.
Soggetti generosi che con la loro intelligenza ogni volta sanno sempre ben leggere i referenti di turno, per porsi davanti a loro senza in alcun modo atteggiarsi, ostentare borie, supponenze, cialtronerie o altri strani stupidi diffusi atteggiamenti.
Individui che si adattano all'interlocutore cercando di metterlo a proprio agio, aiutandolo nel caso ad esprimersi nel dialogo, perché sanno che le fonti di conoscenza sono infinite e che nell'altro, fosse anche il più umile dei soggetti, ci sarà sempre qualcosa da carpire e magari da poter apprendere.
La prolissa premessa è utile per introdurre quanto si vuole proporre nel voler mettere l’attenzione su email recentemente incrociate fra amici.
Anche se sarà facile individuare i soggetti  della corrispondenza preventivamente autorizzata da entrambi i mittenti, si vuole semplicemente renderne pubblico il gradevole contenuto.
Un'ultima cosa rimane da precisare e cioè che l'argomento in oggetto era imperniato sul: “cazzeggio”. Volando liberi nel mondo delle idee e delle parole. Buona lettura.


“In gergo, s’incassano i pugni e le mie parole tali non possono e non devono essere considerate. 
Carezze, semmai, come le definizioni che Walker Evans dava alle sue realizzazioni fotografiche: “carezze fatte al mondo”.
Caro Toti,
proprio tu mi provochi per uscire dal “cazzeggio”?
Il sottoscritto non è mai uscito da quel recinto. 
Sarebbe come uscire dalla poesia e fare prosa, dalla religione e fare teologia, dal vagabondare  e restare ad un semplice camminare, dal vedere e capire solo il guardare, dall’errare e ringraziare qualcuno o qualcosa per aver sbagliato strada.
Questa progressione di “infiniti presenti” (e sottolineo se non bastassero le virgolette) me la impongo per mascherare la presunzione intellettuale del mio “personalissimo cazzeggio”. 
Se così non mi comportassi non potrei sorridere serenamente davanti al tuo: e tu mi scrivi perchè io sorrida.
Quasi due secoli di fotografia non sono stati sufficienti a rispondere alle tue domande. Questo accade perchè l’accumulo di cultura (inteso come crescita e curiosità) non è altro che un laboratorio inarrestabile di produzione di domande. E allora?
Proverò quando avrò un’idea “cazzeggiante” per risponderti. Per ora accontentati di un consiglio di lettura (che magari hai già accolto e digerito):
- Geoffrey Batchen, “Un desiderio ardente, Alle origini della fotografia”, 2014, ed. Johan Levi. 
Attento a quelle parole: Desiderio, ardente, origini (libro senz’altro bello ma dalla fortuna editoriale spropositata.
Per quanto mi riguarda, per adesso, e per il nostro futuro epistolare, ne attenzione solo una riflettendo sull’etimo: PRO – VOCARE.
by pip
N.B.: e quando mangeremo gli spaghetti toglieremo la bottiglia del latte dal tavolo.”

L’email a cui l’amico risponde è:

“Nel film un Americano a Roma ad un certo punto Alberto Sordi davanti ad un piatto di spaghetti, dopo aver scartato con disgusto cibarie all’americana, dice più o meno “spaghetti, mi avete provocato e mò ve magno”.
Alla stessa maniera, visto che mi hai provocato con la tua ultima risposta ….. io non te posso magnà, ma provocare si!
E allora ti lancio un insieme di dubbi, ipotesi, teorie, che sicuramente susciteranno in te una certa ilarità per l’ingenuità con la quale vengono proposte, ma che certamente ti attrarranno e susciteranno un effetto “rimbalzo”.
Sono curioso di leggere la tua risposta. Ciao e una buona giornata.

Essere o non essere, questo è il problema.
Perché fotografiamo? Qual’è la molla che ci spinge? Cosa vogliamo veramente fare attraverso uno scatto? Qual è l’attesa che ci pervade, cosa vorremmo vedere nell’immagine catturata? Quanto è importante la fotografia per noi stessi? Quanto c’è di autonomia/emulazione nei nostri scatti fotografici? Quanto vogliamo, al di là della estetica vanesia, che gli altri leggano di noi stessi nelle nostre proposte fotografiche? Come raccontare/trasmettere le emozioni che ci pervadono nelle letture fotografiche immortalate in un click? Perché la partecipazione alle competizioni fotografiche possono diventare perversione o una forma di dipendenza? Com’è da intendere un successo fotografico e vivere l’eventuale occasionalità come un fatto normale. Come evitare ubriacature vivendo nella stratosfera degli intellettuali o presunti tali? Come accorgersi di voler dire qualcosa ricorrendo, in questo caso, alle opportunità che può offrire la fotografia? Quanto voglia di possesso c’è nel nostro modo di fotografare? Quanta poesia può esprimersi in uno scatto? Cosa manca in una immagine che non dice nulla? Quanto l’umore incide nel modo di fotografare? Che ruolo ha il caso? Perché la concentrazione non è indispensabile nel fare reportage? Quante letture presuppongono metodologia consolidate di racconto? Chi è il fotografo? Chi è un artista? Rapporto tempo e spazio nell’arte fotografica. Quali i limiti e i confini?”


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