sabato 20 luglio 2019

Dead man walking! Ovvero “Morto che cammina”!



Per consentire di avere una giusta percezione di una particolare esperienza recentemente vissuta, occorre precisare che da qualche tempo ad Ario capitava, pensando intensamente a qualcuno, che nell’arco temporale di ventiquattro ore al massimo, quel qualcuno si manifestava: in un incontro, in una telefonata, in un accadimento o quant’altro. Era una cosa strana che non sapeva spiegare razionalmente e che sistematicamente aveva avuto modo di verificare, specie con talune persone. 
Veniamo al fatto. Tempo addietro e precisamente nello scorso gennaio, veniva informato che improvvisamente, per i postumi di una banale caduta domestica, una persona cara era venuta a mancare. 
Si trattava di uno di quei casi che riguardavano persone, per tanti aspetti - e non parentali - che sono state vicine. Il dispiacere era sentito perché veniva meno una persona cara.
Nel caso specifico si trattava di un professionista avanti negli anni che aveva assistito, con efficacia e precisione, lui e i familiari più stretti in alcune vicissitudini che avevano avuto necessità del suo apporto. 
Come spesso accade, nel tempo, il rapporto assistito-cliente si trasforma in un qualcosa di più; in un’anomala amicizia sottaciuta che diventa implicita e crescente nei commiati susseguenti a ogni incontro, basata, oltre che sul rapporto di fiducia, anche alla stima cementificata nel tempo. 
Per farla breve, ieri, nel tornare stanco e accaldato a casa, Ario intravedeva da lontano una figura che gli appariva assai familiare. Nella persona che si avvicinava trovava una straordinaria somiglianza con il potenziale defunto. 
Era certo che nella vita i casi di somiglianza sono talvolta impressionanti, ma questa volta la cosa appariva assai stana.
Man mano che il soggetto gli si avvicinava trovava questa somiglianza sconvolgente. 
L’abbigliamento inusuale e l’aspetto messianico però contribuivano a rendere surreale la visione: credeva di essere protagonista di una allucinazione, di un abbaglio colpa forse del tanto sole che avevo preso quel mattino.
Poteva trattarsi anche un fratello gemello, ma non gli risultava ne avesse avuto uno, un figlio molto somigliante che – per l’età del soggetto trapassato – poteva anche corrispondere a una logica d’invecchiamento: chissà? 
Tutte queste elaborazioni mentali avvenivano in una frazione di tempo brevissimo, perché il personaggio che intanto stava incrociando andava con passo spedito. 
Ma non poteva capacitarsi, non riusciva a capire, a mantenersi lucido e raziocinante. 
Se avesse raccontato a qualcuno quello che stava vivendo, lo avrebbero preso per un pazzo scatenato, un caso da ricovero.
Ebbe però la prontezza nell’incrocio di accennare a un saluto che il soggetto con affabilità prontamente andò a ricambiare, andando oltre. 
Ario si fermò e si girò all’indietro per verificare ancora più se la scena che stava vivendo fosse un fatto reale. Il soggetto a questo punto si fermò anche lui e, tornato indietro sui suoi passi, raccolse la stretta di mano che Ario gli aveva offerto. 
Ario non sapeva che dire, ma doveva necessariamente provocare una risposta. 
“Come va?” Non aggiungendo nulla alla specificità del rapporto per la sua professione. 
La risposta veloce fu: “abbastanza bene, grazie”. 
“Ha mantenuto il recapito sempre al solito posto?” Disse Ario. 
“Si, in via …….. n.ro 8. Come sa, lo Studio l’ho già chiuso. Alla mia età, che vuole, ho 86 anni”. 
“Quasi quasi non la riconoscevo”. Disse Ario. 
“Con questo suo abbigliamento e la velocità in cui stava andando, sembra quasi un ragazzino”. 
Con un aperto sorriso e la rituale consueta gentilezza, porse questa volta per prima lui la mano del saluto. 
In pochi attimi Ario lo vide scivolare con passo spedito verso la sua direzione. 
Ario riprese anche lui la sua strada che era ormai prossima a casa, ma non riusciva a rendersi pienamente conto se quella scena appena vissuta fosse successa davvero o fosse frutto di un qualcosa d’inspiegabile. 
Eppure le risposte alle poche domande erano state a tono, il brevissimo scambio di parole appariva coerente. 
Rientrato a casa, cercò di comunicare l’incredibile accaduto a qualcuno. Però non riusciva a trovare contatti affidabili. 
Finalmente riuscì a parlarne in famiglia e, ovviamente, il racconto allertò dubbi sul suo stato mentale.  
“Non è possibile, stai bene? Mi fai preoccupare seriamente”. 
Non restava ormai che verificare al più presto la fonte dell’informazione arrivata a gennaio, ma come fare? La soluzione più ovvia era quella di contattare velocemente lo stesso informatore e, con un certo garbo, chiederne conferma. 
Il risultato dell’indagine diede lieto fine alla vicenda kafkiana, il professionista che aveva incontrato era proprio lui. Il potenziale defunto era vivo e vegeto e, evidentemente, per un malinteso si era innescato l’assurdo equivoco. In verità c’era stata una dipartita, ma il deceduto era stato il socio di studio.
Rinfrancati tutti quanti della bella della notizia, Ario tirò finalmente un respiro di sollievo. 
Qualcuno sostiene che accadimenti come questi, in genere portano bene perchè tendono a allungare la vita ai protagonisti. 
Il messaggio messo in circolo in famiglia fu: “Tardo pomeriggio, zio Ario ha incontrato l'avvocato …….! Sconvolto lo ha salutato e ha scambiato con lui qualche parola! Mi ha chiamato subito e mi ha raccontato!  Io incredula e preoccupata che avesse parlato coi morti! Chiamo subito l'avvocato ……. e vengo a scoprire che a morire era stato in verità ………! Cioè il socio! Dead man walking! Non preoccupatevi, quindi, se vi dovesse capitare di incontrare anche voi per strada l’avvocato!” 

© Essec

 

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