domenica 14 luglio 2019

“Ogni blocco di pietra ha una statua dentro di sé ed è compito dello scultore scoprirla” – Michelangelo



Erano le tre di notte e Ario fu svegliato dalla potenza della storia che stava vivendo come fosse vera.
Le immagini che scorrevano nel suo sogno erano talmente belle che già pensava di poterle riproporre così, senza alcun commento.
Nel dormiveglia immaginava come impaginare il portfolio fotografico, non voleva che le foto distraessero dal messaggio. Era necessario stabilire una sequenza che aiutasse alla facile lettura, non occorreva aggiungere parole che sarebbero potute risultare superflue, le fotografie erano di per sè assolutamente eloquenti.
Intanto che rifletteva e riordinava il tutto, andava rendendosi conto che quanto stava pensando accadeva nell'onirico e che il suo ragionamento si collocava al confine di un risveglio.
Capì che ben presto tutto sarebbe svanito e che avrebbe solo lasciato il convincimento di avere appena fatto un bellissimo sogno.
Come a tutti, capita spesso di sognare, la fase rem del sonno è comune, ma Ario è fra quelli che dimenticano immediatamente le storie sognate; proprio dopo pochi attimi dal risveglio del sogno non rimane più nulla nei suoi ricordi, solo la vaga sensazione di avere sognato.
Quella notte la sua mente aveva però elaborato visioni di eccellenza, immagini ricche e bellissime che andavano a testimoniare di momenti d’attualità, d’impegno civile.
In verità non avrebbe saputo più neanche descriverle perché, già in semiveglia, nel tentativo di fissare il racconto, le tante visioni sembravano sciogliersi velocemente come neve al sole.
La potenza delle fotografie sognate era stata però talmente alta da indurlo a prendere l'Ipad che teneva sempre poggiato sul comodino, per cercare di bloccare in un testo quelle visioni divenute assai labili e che andavano via via scomparendo.
Le scene rappresentate erano legate a un qualcosa di confuso, simile a una festa, di gente giovane che partecipava gioiosamente forse per dei salvataggi in mare o qualcosa di simile.
Nel sogno erano coinvolti privati, autorità, esponenti del ministero degli esteri e tutti quanti risultava che avessero documentato l'evento con delle fotografie eccellenti.
I tagli compositivi e le espressioni dei volti sembravano ispirati a quadri di grandi autori. Luci caravaggesche, pose michelangiolesche e tanto altro ancora avevano arricchito le visioni.
Come sempre capitava, col risveglio, la memoria di Ario eliminava in breve tempo il ricordo di ogni illusione.
Stavolta, però, anche da sveglio era certo della straordinaria bellezza che aveva costatato con la vista delle tante fotografie sognate.
Per rendere l’idea a chi pratica la fotografia, Ario viveva i suoi sogni come in una camera oscura, in cui mancava però, e da sempre, il liquido di fissaggio. Le molteplici immagini sviluppate rinnovavano ogni volta lo stupore di sempre, ma le nuove luci - infine - azzeravano il tutto, lasciando soltanto tante gelatine di sali d’argento annerite. Le pellicole e le carte fotografiche nella sua mente avevano, quindi, vissuto il processo inverso della teoria di Michelangelo ovvero avevano ermeticamente custodito - nel breve spazio di un sogno, in un nero profondo – ogni foto rivelata ormai andata scomparsa.
Ario andò a scrivere questo suo piccolo racconto, non tanto per voler affermare qualcosa di speciale, ma per cercare di fissare intanto un fatto e cioè che pure la sua vita era stata costellata di sogni, anche se ogni mattina, al risveglio, pensava di avere solo dormito, anche in quella notte trascorsa.
Mise però a supporto del testo una immagine nera, per lasciare a ciascun osservatore la piena libertà di poter vedere e leggere - con il proprio immaginario - ciò che ognuno avrebbe voluto. 

Buona luce a tutti!

  © Essec


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