sabato 4 gennaio 2020

John Keating invitava gli allievi a salire sul banco allo scopo di ampliare la loro visuale prospettica


Ho rivisto per l'ennesima volta un film del 1989 con protagonista l'indimenticabile Robbie Williams che, a mio parere, conserva ancora, pur essendo datato per le longevità scandite dai nostri tempi, una certa naturale freschezza - forse anche e per certi aspetti ingenua - che ci consente però di continuare a sperare nel rimanere ottimisti riguardo a una potenziale svolta che potrebbero attuare i giovani sul futuro di questa così mal gestita nostra realtà umanoide terrena.
La cosa mi ha riportato alla mente e indotto a rileggere una recensione scritta nel 2016 che trae spunto da quel film e che, per i contenuti metodici, sembra apparire ancora attuale e che ripropongo.

"Nello splendido film "L'attimo fuggente" il professor John Keating invitava i suoi allievi a salire sul proprio banco allo scopo di potere avere una visuale più ampia rispetto a quella limitata offerta dallo stare seduto; nel caso di Federico Rampini scrittore è lui che si eleva per noi, per descriverci panoramiche più ampie e complesse, rispetto a quelle che i nostri occhi vedono e che i media ci ripropongono.
Accendi la TV ed ogni giorno vedi tanti giornalisti parolai che, invece di concentrarsi a raccontare - anche se secondo una loro visuale - più semplicemente i fatti, argomentano su questioni.
Un sempre più folto stuolo di opinionisti, poi, ha diffuso il vezzo di infiorare o preconfezionare notizie usando corollari che talvolta manipolano realtà. Sembra come se l'umanità intera, dedita a distrazioni consumistiche, ormai fosse stanca e ci fossero intellighenzie delegate a ragionare per essa.
Si accresce progressivamente il nugolo di coloro che si incaricano di risparmiarci il cervello da ogni preoccupazione, per confezionarci realtà più comode con un ottimismo light.
In questo scenario Federico Rampini costituisce ancora un rappresentante della sparuta riserva indiana del "giornalismo correct".
Col suo modo di raccontare i fatti, anche seguendo un suo punto di vista culturale apertamente palesato, egli cerca di rimanere fedele a ciò che vede o intravvede.
Con una scrittura semplice ed efficace ci accompagna, con onestà intellettuale, nell'osservare dall'alto e descrivere realtà sempre più complesse; le sue visioni aeree risultano utili perché ci consentono di concettualizzare e relativizzare cose che altrimenti rischierebbero di rimanere occultate o incomprese.
Del resto l'eccessiva vicinanza ai fatti e la scoperta delle contaminazioni o degli effetti domino connesse comporta spesso, in chi racconta, letture e reazioni non sempre illuminate, anche se, razionalmente, umanamente concepibili.
Già in "Rete padrona" egli anticipa tante cose sulle innovazioni che ci condizionano nel quotidiano e che in qualche caso riusciamo solo ad intuire. In "L'Età del Caos" offre una visione cruda e preoccupante della nostra attuale umanità; legge le complessità ideologiche e le realtà politiche che rendono precario e sempre più instabile l'equilibrio socioeconomico dell'intero pianeta.
Illustra verità diversificate che il giornalismo ciarlante non racconta, che forse neanche vede, perché distratto da servilismi utili o affetto da miopie sempre più diffuse, se non congenite.
Splendido poi il paragrafo in cui narra degli strani pensieri che lo assalgono mentre passeggia sotto un sole tropicale dentro il cimitero monumentale dell’Avana. Una radiografia che, filtrata dai colori che tanto spesso distraggono, in una scala di grigi rivela i contrasti e le patologie manifeste o latenti del nostro vivere.
Difficile condensare i contenuti dei due volumi  in così poche parole, l'unica cosa è acquistare questi libri di Rampini e leggerli con attenzione.

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Riporto di seguito un breve stralcio in italiano, tratto dalla sceneggiatura de "L'attimo fuggente"
(desumibile dal film ma copiato per semplicità dal sito web http://guide.supereva.it)

Fischiettando, il professor Keating entra in aula, si avvicina agli alunni, gira trai banchi e si dirige verso il fondo dell’aula, guadagnando l’uscita, poi, sporgendo la testa dentro, invita gli studenti a seguirlo fuori.
Keating: “Su, andiamo!”
Risatine ironiche da parte dei ragazzi.
Un alunno: “Dov’è andato?”
Un altro: “E chi lo sa!”
Molti: Dai, andiamo, su forza!”
Nell’atrio
Keating: “O Capitano, mio capitano!” Chi conosce questi versi? Non lo sapete? È una Poesia di Walt Whitman, che parla di Abramo Lincon. Ecco, in questa classe potete chiamarmi professor Keating o se siete un po’ più audaci, “O Capitano, mio Capitano”. Ora dissiperò alcune voci anziché non inquinino i fatti. Certo, anch’io ho frequentato Welton e sopravvivo, comunque, a quel tempo non ero la mente eletta che avete di fronte, ero l’equivalente intellettuale di un gracile corpicino. Andavo sulla spiaggia e tutti mi tiravano i libri di Byron in piena faccia. Allora, vediamo, Pitts, da qualcuno bisogna cominciare, dunque, chi di voi è Pitts? Molto bene, vuole aprire il suo libro a pagina 503?
Pitts: “O vergine cogli l’attimo che fugge?”
Keating: “Sì, proprio quella, è appropriata, no?”
Pitts: “Cogli la rosa quando è il momento, che il tempo, lo sai, vola e lo stesso fiore che sboccia oggi, domani appassirà”.
Keating: “Grazie mille, Pitts. “Cogli la rosa quando è il momento” in latino, invece, si dice “Carpe diem”. Chi lo sa che cosa significa?”
Maeks alza il dito e risponde: “Carpe diem, cioè cogli l’attimo”.
Keating: “Molto bene, signor?”
Maeks: “Maeks”.
Keating: “Maeks, mi ricorderò il suo nome. “Cogli l’attimo, cogli la rosa quando è il momento”. Perché il poeta usa questi versi?
Charlie: “Perché va di fretta!”
Keating: “No, diing! Grazie per aver partecipato al nostro gioco. Perché siamo cibo per i vermi, ragazzi! Ognuno di noi, un giorno smetterà di respirare, diventerà freddo e morirà. Adesso, avvicinatevi tutti e guardate questi visi del passato – e indica le foto di classe del passato esposte insieme ai trofei e alle coppe nella vetreria dell’Accademia – Lì avete visti mille volte, ma non credo che li abbiate mai guardati, non sono molto diversi da voi: stesso taglio di capelli, pieni di ormoni come voi, invincibili come vi sentite voi. Il mondo è la loro ostrica, pensano di essere destinati a grandi cose, come molti di voi, i loro occhi, pieni di speranza, proprio come i vostri. Avranno atteso finché non è stato troppo tardi per realizzare almeno un briciolo del loro potenziale? Perché vedete, questi ragazzi, ora, sono concime per i fiori, ma se ascoltate con attenzione, li sentirete bisbigliare il loro monito. Coraggio, accostatevi, sentite? “Carpe diem, carpe diem… cogliete l’attimo, ragazzi, rendete straordinaria la vostra vita”.

Essec


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