mercoledì 25 marzo 2020

"Brunello"


In questi periodi di Covid 19 che costringono tutti noi a restare a casa, il tempo libero abbonda e così ci inventiamo tante occupazioni. 
Riordiniamo  spazi, cose, idee, rivediamo programmi, focalizziamo scelte.
Per quanto mi riguarda, mi capita di saltellare da una cosa all'altra, cercando di mescolare e diversificare gli impegni.
Nel dare un'occhiata alle bozze di idee rimaste nel cassetto, oggi mi sono imbattuto in uno scritto di qualche tempo addietro e, il rileggerlo, mi ha fatto tornare a riflettere su considerazioni ormai accantonate e di cui mi ero già fatto una ragione.
L'articolo, scritto nel giugno scorso, al di là delle reali motivazioni che lo avevano ispirato, mi è apparso però ancora valido e meritevole di essere postato. 
Ho pensato che potesse, in qualche modo, anche essere valido per utilità altrui; a monito di possibili scivoloni o di aperture di credito eccessive che potrebbero sempre presentarsi a ognuno. 
Per dovere di cronaca, confesso che il pezzo ha trovato ispirazione da una curiosità "terminologica" per un termine disuso che nel periodo dell'infanzia era molto utilizzato fra noi ragazzini a mò di insulto, casualmente incontrato nel web per la mia innata mania di ricercare ogni tanto nelle praterie delle curiosità offerte dalle tante piattaforme dell'informatica moderna.

"Ci sono vari tipi di brunello, il più noto in assoluto è quello di Montalcino, un vino toscano dalla caratteristiche particolari, forse un po’ troppo pungente, ma sono gusti.
Nel nostro modo di dire locale l’uso di questo termine non vuole comunque evidenziare aspetti malevoli in un soggetto che noi definiamo “brunello”; è una peculiarità specifica dell’individuo e di cui lo stesso non ha colpa.
Un soggetto può oggettivamente e in modo naturale essere biondo, bruno, rosso, nero, alto, basso, grasso, smilzo e anche ……. 'brunello'. Non sarà anche in questo caso deliberatamente colpa sua, è una prerogativa che si può avere o no ……. semplicemente assegnata dal destino.
Potrà forse tornare d’aiuto, al riguardo, l’articolo di Saverio Schirò (Le parolacce a Palermo - https://www.palermoviva.it/le-parolacce-palermo/), che in modo alquanto chiaro esplicita la funzione e il significato di alcuni appellativi in uso nel linguaggio palermitano e che tendono a sintetizzare - spesso in una sola parola - le peculiarità che, a nostro dire, caratterizzano taluni personaggi. 
Nello specifico, ad esempio, lo Schirò descrive il “brunello” come uno che non ha parola, un cambiabandiera, uno tipo poco affidabile.
Per deridere un pò - o forse di più - un soggetto che presentava caratteristiche similari,  qualcuno qualche tempo addietro, ironizzando, ebbe a scrivere questa poesiola: 
'Un odore di merda si spande nell’aria, s’insinua pian piano avvolgendo anche te. Il puzzo che domina ti nausea assai, ma fai finta di nulla sperando che cessi. Però l’odore è continuo e tu solo lo noti. Nessun dubbio ti assale, non ti poni domande e non provi a chiedere neanche a te stesso: “è d’intorno uno stronzo o son io che lo sono?'.
Il titolo del componimento era, ovviamente, 'Dedicato a …'
Un modo forse eccessivamente elegante per mandare a quel paese qualcuno che evidentemente se lo meritava a pieno titolo? Chissa? 
Un 'vaffa' di cuore, però, rimane sempre più terapeutico, principalmente per quell’aspetto spiccatamente liberatorio collegato all’esternazione accorata che l'accompagna."

Il mio solito correttore di bozze, che mi legge spesso in anteprima", mi chiosa:  "😂😂😂  È vero, un’espressione di “irosa insofferenza e risentita avversione” è sempre alquanto liberatoria . 👌"

 © Essec


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