venerdì 1 maggio 2020

La solita questione: "E' nato prima l’uovo o la gallina”

In questo periodo fioccano in rete una serie di iniziative che fortunatamente riescono a intrattenere e impegnano i molti appassionati di fotografia costretti a una sospensione produttiva all’esterno, per un fermo tecnico che potremmo scherzosamente accostare al “fermo biologico”, praticato in altri campi per scopi rigenerativi.
Durante una recente videoconferenza, organizzata su Facebook “Il contest fotografico al tempo del Covid 19”, ho scritto in chat - grosso modo e sintetizzando – questa domanda: “progettare prima un portfolio e poi realizzarne le foto oppure assemblare delle foto preesistenti per costruirlo/completarlo con immagini d'archivio preesistenti, accostandole quindi una idea precostituita?” Sarebbe un po’ come per quel famoso dilemma dove ci si chiede “se è nato prima l’uovo o la gallina”.
La domanda girata alla critica/docente del momento ebbe una risposta lapidaria e cioè che prima nasce un progetto, che viene poi realizzato attraverso immagini post-prodotte funzionali allo scopo. Una conferma, quindi, di una tesi molto diffusa, che però non sempre corrisponde alla pratica reale di tutti.
Di seguito descriverò, infatti, due esempi che praticamente contraddicono il percorso univoco anzidetto e che dimostrano, così come in ogni altra forma creativa, il fatto che non esistono modalità certe e, ancor meno, regole fisse.
Del resto nelle conclusioni la stessa docente, con sincerità, ebbe modo di affermare che anche lei ama talvolta trasgredire alle regole, pur attuando percorsi standardizzati, nel suo approccio didattico o critico che sia. 
Al riguardo, citando una delle sue schematizzazioni, ebbe pure a indicare in un triangolo la concettualizzazione di un evento espositivo (mostra, esibizione di un portfolio, lettura di una immagine non fa differenza). Figura geometrica ai cui tre angoli si pongono rispettivamente l’autore, l’opera e l’osservatore.
In questa idea figurata si potrebbe essere indotti a pensare che la certezza oggettiva potrebbe risiedere quindi solo nell’opera realizzata/proposta. Ma sarebbe una verità incerta, perché magari l’autore nella sua fase creativa avrà immaginato un qualcosa che potrebbe non corrispondere alla lettura interpretativa di chi si porrà come osservare.
Tra le altre cose, più in generale, un approccio suggerito è stato quello di leggere la locandina dell'autore apposta all’inizio del percorso espositivo; per avere una specie di “bussola” che possa illustrare l’idea introduttiva e orientare nelle visioni delle opere esposte. Però è stato anche detto che, nell’esame di un portfolio fotografico, quasi mai il lettore procede a una visione preventiva - neanche approssimata - delle eventuali didascalie di accompagno. 
Così come è stato affermato che, specie di fronte a casi di fotografia partecipativa, si preferisce interagire direttamente con l’autore, tralasciando così eventuali introduzioni scritte e quant’altro.
In conclusione ho rafforzato le mie convinzioni e mi è parso di capire che il grande Pirandello rimane sempre il principe assoluto quando si deve addivenire a un punto in queste materie: “uno, nessuno e centomila” oppure “così è se vi pare”, rimangono i baluardi per tutte le regole e variabili annesse alle tante discipline di produzione umana.

In chiusura espongo i due esempi di portfolio minimalista accennati nello scritto. Il primo nasce da un progetto pensato e poi realizzato con le due foto, il secondo rappresentato da una idea per la quale sono state scelte tre immagini d'archivio adatte allo scopo.


     Buona luce a tutti.



 © Essec



P.S. Per chi volesse seguire la videoconferenza può accedervi attraverso:
https://www.facebook.com/watch/live/?v=2383689298589712


 

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