sabato 7 novembre 2020

.... ammassamenti del tipo "le acciughe fanno il pallone" di Fabrizio De Andrè .....


L’amico Daniele oggi propone su “Economia & Finanza Verde” un piccolo gioiellino del compianto Luca Alinari (Da sotto le gambe di un cavallo) che induce a riflettere sul nostro modo di osservare le cose, allocandosi in posizioni differenti che possano aiutare a veder meglio le giuste prospettive.

A tale scopo Alinari prende spunto da una xilografia giapponese che, come si legge sul web, è una tecnica di incisione artistica usata per creare immagini consentendo di passare da colori tenui e quasi trasparenti a colori accesi e cupi. La corrente più importante della xilografia giapponese, più comunemente conosciuta con il nome di ukiyo-e, ha un significato, di provenienza buddhista,  e sottolinea il carattere effimero e doloroso della vita umana.

Altro elemento utilizzato nel breve documento filmato è quello delle “quinte” che, nelle composizioni artistiche, delimitano “lateralmente” lo spazio scenico.

Allo stesso modo, per “quinta fotografica” è da intendersi un elemento posto in primo piano, generalmente ai lati dell'inquadratura, che faccia da cornice al soggetto, così da andare a creare una profondità utile per una più agevole lettura del messaggio principale che si intende trasmettere a chi osserva.

Da entrambi gli input nasce la mia reminiscenza di oggi che, andando molto indietro nel tempo, rievoca immagini e personaggi tuttora vividi della mia giovinezza sperdutasi nella nebbia e che ogni tanto si dirada. 

Il titolo che ho dato al pezzo è “Ditta Restivo” e a molti dei miei coetanei borgatari susciterà certamente tanti altri ricordi. Forse questo è uno dei casi in cui si si potrebbe iniziare con la fatidica frase di “c’era una volta".

Al tempo della mia giovinezza, noi che abitavamo nelle periferie potevamo raggiungere il centro urbano con delle linee di bus affidate a ditte di autotrasporti dedicate. Per me, che abitavo nella borgata di Acqua dei Corsari, era la Ditta Restivo che, con autobus vetusti tutti diversi ma di colore verde, l’azienda copriva la tratta “Piazza Ignazio Florio (centro città) – Pomara” (ultima periferia lato est di Palermo, limitrofa al comune di Villabate).

La stessa piazza Florio faceva anche da capolinea agli autobus della stessa Ditta che collegavano con i paesi della provincia più limitrofi come: Bagheria, Santa Flavia o Casteldaccia. In questo caso il colore dei bus era però il blu e le fermate escludevano quelle interne urbane. Una linea diretta pertanto, come per i treni; la prima fermata prevista corrispondeva all’ultima di periferia (Acqua dei Corsari, nel caso da quindi la loro prima fermata).

Ad altre ditte analoghe erano assegnate le diverse tratte verso le altre zone extraurbane.

La municipalità assicurava direttamente con una propria azienda (Amat) i collegamenti urbani interni. A quel tempo le linee erano limitate e i relativi percorsi che collegavano gli ampi spazi cittadini erano lunghi. Non di rado, quindi, gli ingolfamenti di traffico che accadevano anche allora, determinavano soppressioni di corse che ingeneravano non pochi problemi agli utenti sprovvisti di possibili alternative di locomozione.

La numero uno in città era quella classica che partiva dalla Stazione Centrale e, lungo l’asse vie Roma-Libertà, faceva capolinea a Piazza Leoni, in prossimità di via del Fante (Sede dell’Amat).  Su questa linea, che come detto partiva dalla stazione centrale ferroviaria dei treni in arrivo, erano frequenti i borseggi. La bravura operativa dei delinquenti era una vera e propria università per il raggiungimento massimo della loro specializzazione in scippatori.

Tornando alla Ditta Restivo, tutti noi borgatari conoscevamo gli autisti e bigliettai che, di regola, erano impiegati nelle stesse tratte. Sostanzialmente erano gli stessi quelli utilizzati nelle stesse linee, per cui la familiarizzazione con loro era quasi naturale.

Due erano quelli che ricordo in particolare: Mimiddo che faceva l’autista, originario forse di Misilmeri o di qualche paese limitrofo, e Saverio, della borgata di “Conte Federico”, che gli faceva quasi stabilmente da coppia come bigliettaio.

Strategiche erano le frenate di Mimiddo sollecitate da Saverio per favorire un addensamento dei passeggeri in avanti, quando erano ormai vani gli appelli di quest’ultimo, che continuava a ripetere il classico: signori, avanti c’è posto, ma invano.

Il buon Saverio, richiamava pure con i dovuti modi e con tatto alcuni che preferivano stazionare ai bordi posteriori del bus quando lo stesso cominciava ad affollarsi.

Molti di noi eravamo studenti e le fermate di salita e discesa erano quindi le solite. Come non ricordare, Franco, Giuseppina, Enzo, Giovanna, Giacomino, Mariella, Umberto, e tantissimi altri.

Per gli studenti La Ditta Restivo prevedeva tariffe agevolate, formalizzate tramite abbonamenti che andavano richiesti alla sede ubicata in una strada parallela di Corso dei Mille e venivano rinnovati ogni mese con appositi bollini. Per quanto ovvio i bollini non venivano acquistati per i mesi estivi legati alle vacanze scolastiche.

Le tessere erano ovviamente personali e capeggiava sulle stesse una nostra fotografia di piccolo formato che era quasi sempre la stessa negli anni come immagine e spesso anche riciclata più volte. I controllori c’erano anche allora, ma operavano per disposizione interna. Le conoscenze e l’acuta attenzione del bigliettaio impedivano, di fatto, che qualcuno potesse viaggiare a sbafo. La cosa poteva accadere solo quando il bus stracolmo aveva difficoltà pure a chiudere le bussole e i malcapitati stipati dietro le porte, se non abbonati, erano fisicamente impediti di pagare il biglietto. Ma anche qui il vigile bigliettaio provvedeva con i passaggi di mano, tramite gli altri passeggeri, di biglietto e denaro. Era una poesia vederlo all’opera.

In tempo di Covid, ripensando all’ammassamento frequente di noi passeggeri come sardine nei momenti di punta, la pandemia avrebbe fatto oggi certamente strage.

Ad ogni accellerazione e rallentamento le spinte erano normalità, fin quando l’ammassamento – tipo il “pallone” delle acciughe cantato da De Andrè - era tale da realizzare un unico volume che si adeguava ad ogni sollecitazione: tutti avanti o tutti infietro o di lato, a seconda della direzione e delle variazioni di guida.

Il bigliettaio Saverio era molto empatico e d’indole gentile. Talvolta, quando non c’era più posto a sedere cedeva, ad anziani o donne incinta, perfino il suo angusto spazio del bigliettaio. Nella tratta “Palermo Centro-Pomara” nacque anche la conoscenza per il suo fidanzamento e il conseguente matrimonio.

Da bigliettaio, a ogni tratta era suo obbligo fare un rendiconto economico delle rese. Lo faceva ondeggiando e scrivendo, seguendo le evoluzioni della guida di un autobus semivuoto prossimo al capolinea. Su un grande foglio annotava i numeri del primo dei biglietti non staccati, che poi sarebbero stati i primi per la corsa di ritorno. Erano sostanzialmente questi gli unici aspetti che più attenzionavano i controllori ogni volta, concentrati sostanzialmente sulla fedeltà di cassa del detentore dei biglietti.

I biglietti erano costituiti da piccoli tagliandini diversamente colorati e si distinguevano anche per il prezzo dei percorsi.

Le attese al capolinea e alle fermate, per noi borgatari era anche una delle poche alternative concesse per socializzare. Gli scambi di vedute e le nuove eventuali conoscenze si articolavano secondo appartenenze generazionali, familiarità più o meno prossime, rapporti di vicinato o per dell’altro.

Questo breve racconto di momenti passati vuole essere per molti la quinta fotografica posta in primo piano, che induca ciascuno a guardare con attenzione il quadro rappresentato sulla tela pittorica che lo riguarda e che comunque l'inconscio ha già definitivamente dipinto.

Dalla cultura africana viene un proverbio che recita: “Quando muore un anziano è come se bruciasse una biblioteca”.

Qualcuno ha anche scritto che “è' vero e non è retorica quella che, ogni volta che si sprofonda negli emozionanti racconti degli amici vecchietti, è come si stesse rileggendo un libro.

 

Buona luce a tutti!

 

© Essec

 


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