lunedì 28 dicembre 2020

C’era una volta la Lira italiana

La Lira italiana è stata sostituita con l'Euro (EUR) il 1 gennaio 1999. Il cambio fissato a quel tempo faceva sì che un Euro equivaleva a 1936.27 ITL. La tabella che segue fornisce un quadro chiaro di una scala di valori a confronto.  

 

Questa schematizzazione, che appare quasi un reperto storico di una realtà monetaria ormai in disuso, in verità risulta ancora molto utile per dare un senso realistico alle cose e alla politica economica che ci riguarda sempre da vicino.

In questi giorni si sente spesso parlare di Recovery Fund; ma che cosa significa questo termine e soprattutto cosa indica?

Per la cronaca, si tratta di un fondo, in origine auspicato dagli italiani e oggi ideato dai francesi, che permette di emettere i cosiddetti “recovery bond” che hanno come garanzia il bilancio dell’Unione Europea.

Nello specifico, si tratta d’indebitamenti della comunità europea volti a ottenere dal mercato denaro liquido per finanziare i paesi che stanno maggiormente risentendo dell’impatto negativo del Covid 19 sull’economia.

La pandemia che si stenta a contenere, ha infatti messo a nudo carenze strutturali e aggravato difficoltà di ripresa economica in molti paesi. La stretta interconnessione delle realtà produttive all’interno della Comunità, maturata la pessima esperienza scaturita dalla crisi Greca, ha convinto tutti i paesi della necessità di mettere a punto un piano straordinario finalizzato ad aiutare le economie nazionali più deboli, al fine di prevenire e scongiurare possibili effetti domino che potrebbero sicuramente scatenarsi negli altri paesi dell’unione; Germania in primis. Del resto il capitalismo intelligente prevede che quelli che in molti chiamano aiuti in verità spesso costituiscono forme di finanziamento e di sostegno per le economia nazionali, penamente intese come “nazionalismo e interesse di parte”.

L’accordo finale raggiunto e necessario per procedere all'erogazione di liquidità ha visto fissare in circa 750 miliardi di euro l’ammontare complessivo della specifica operazione (recovery fund). Di questi sono circa 209 mld quelli assegnati all’Italia (fra finanziamenti a fondo perduto e prestiti da rimborsare a medio termine), individuata come la principale nazione che necessita di tempestivi e maggiori fondi di supporto per fronteggiare anche la ripresa.

Per rendere forse meglio l’idea a quelli che, se hanno ancora i capelli, li hanno certamente brizolati o bianchi, i 209 mld di euro corrisponderebbero a ben 404.680.430.000.000 (ovvero 404.680,43 mld) delle vecchie lire italiane.

Riportare i valori alla vecchia lira, facilita a comprendere lo sconquasso che tutti i “gatti” e le “volpi” adiacenti al campo dei miracoli della penisola “collodiana” stanno mettendo in atto. Il subbuglio politico che si sta scatenando ne è la logica ed elementare conseguenza.

A proposito, per avere coscienza della svalutazione intervenuta nel nostro paese con l’avvento della nuova moneta, oggi un panino al panificio costa mediamente 0,50 centesimi di euro che corrispondono a quasi alle mille lire del 1998. Tutto è andato in modo indolore, senza che ce ne accorgessimo.

Attraverso la tabella riesumata ciascuno può facilmente farsi una propria idea sugli equilibri e sui valori nuovi che abbiamo adottato, forse senza averli interiorizzati e digeriti completamente.

In tutto questo è utile anche ricordare che l'ammontare del debito pubblico italiano al 16 ottobre 2020 equivale a 2.578,9 mld di euro (MES e Recovery fund esclusi) che, in lire italiane al 1998, corrisponderebbero a 4.993.446,70 mld (ovvero a 4.993.446.703.000.000) di lire. Cifre a tanti zeri che ricordano molto la Repubblica di Weimar

Un’ultima cosa che si  dimenticava di dire è che il piano straordinario degli interventi finanziari in verità si chiama “Next Generation Eu” e non “Recovery Fund”. E, anche se con somme da spendere nel presente, servirebbero a investire sul futuro.

 

Buona luce a tutti!

 

 

  © Essec

 


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