lunedì 22 marzo 2021
Art. 101 - La giustizia è amministrata in nome del popolo. I giudici sono soggetti soltanto alla legge.
Durante la trasmissione Ballarò, ben dopo mezzanotte, in un interessante confronto multiplo Tomaso Montanari mise in campo una problematica complessa, che avrebbe richiesto molto tempo per una disamina e che in un talk non avrebbe potuto trovare spazi sufficienti. Su aspetti socio-politici abbastanza generalizzati ebbe a lanciare una tematica composita e controversa che presupponeva un misto bilanciato di ideologie e compromessi in qualunque tipo di organizzazione sociale. Metteva sul piatto la correlazione e i significati di legalità e giustizia.
In argomento, il recente libro della Rizzoli, che riporta sostanzialmente il contenuto di una lunga intervista di Alessandro Sallusti a Luca Palamara e intitolato “Il Sistema – Potere, Politica, Affari: Storia segreta della Magistratura italiana”, racconta vicissitudini certamente sconvolgenti, a limite della legalità, che accadono paradossalmente proprio nel mondo della giustizia, che però può impressionare chi non è abituato al realismo italico.
Il libro in questione, nelle oltre centosessanta pagine, racconta alcuni retroscena del sistema correntizio che vige nella magistratura. Ma il tutto trova analogie con l’andazzo della politica nel paese, con la realtà che imperversa nel cattolicesimo vaticano, nelle istituzioni e nelle rappresentanze della società civile, nei sindacati, nelle scuole e in ogni angolo associativo che regola ogni cosa.
Fazioni, correnti, raccomandazioni, favoritismi, spartizioni e ingiustizie contornano l’universo di ogni angolo sociale e non solo in Italia.
Certo leggere di pressioni e condizionamenti a certi livelli fa cadere le braccia, ma tanto è e da sempre. Riconoscimenti, merito e professionalità non sempre trovano accondiscendenze in soggetti ambiziosi, invidiosi e opportunisti, specie se pure incapaci e privi di meriti. Il sistema feudale del resto segue logiche dinastiche e le caste borghesi tengono attuali le distinzioni fra classi.
Tornando al libro, si può ben dire che costituisce uno spaccato di una realtà evidente, ma è anche una visione di un certo angolo del panorama, che guarda alle cose seguendo solo una logica. Se il sistema di cui si parla è un contropotere, al di là dei giuramenti prestati alla Costituzione, analoghi deragliamenti sono presenti anche negli altri campi.
Politica, burocrazie, religione e tutto quanto ci ruota intorno, tranne eccezioni che confermano la regola, sono anch’esse allineate secondo logiche di appartenenza, schemi di potere, tornaconti e chi più ne ha più ne metta.
Tutto si muove secondo logiche di pesi e contrappesi che non sono però quelli indicati dall’assetto costituzionale italiano, ma degli equilibri complessi di una società composita. In una società che vede convivere tutte le sue rappresentanze, in un amalgama complesso che illude tutti di vivere in una democrazia. Legalità, lobbies, soprusi, mafie, pseudo-sidacalismi e tanto altro si incontrano, scambiano, contrattano, gestiscono non secondo principi etico-filosofici elevati ma secondo tornaconti che assicurino circoscritte isole di benessere e potere.
Al libro in questione occorrerebbe contrapporne un altro analogo che sappia raccontare e rendere edotti dei tanti tradimenti e truffe della nostra storia del dopoguerra, della tanta corruzione che dilaga nel paese, della distrazione dagli ideali politici del mondo partigiano, delle tante mafie e delle infiltrazioni ormai consolidate anche nei diversi livelli istituzionali.
Fatta una sintesi omogenea, che consenta una disamina di tutte le fattispecie e dai diversi livelli e angoli di osservazioni, forse potremmo avere elementi per una giusta disamina e se del caso scandalizzarci delle cose che potrebbero essere raccontate nei vari campi.
Ad esempio da Enrico Mattei in poi, parlando degli imperialismi contrapposti (USA e URSS in primis) e fino ai giorni nostri.
In conclusione, a mio parere, il best seller del momento sul caso Palamara è uno dei tanti saggi di parte che escono ogni tanto (come lo fu L’odore dei soldi, che lanciava ombre sull’impero economico berlusconiano), ma niente di più.
Quello che appare strano è però l’indifferenza assoluta dei tantissimi personaggi chiamati in causa in modo esplicito e per aspetti non di secondo piano. Nessuna querela risulta essere stata mossa da alcuno, sia dei personaggi "emeriti" citati o da illustri alti esponenti della stessa magistratura.
Ma questo fa parte della logica che da sempre imperversa nel nostro modello civile: “calati junco che passa la china”.
Tornando a Tomaso Montanari si può ben riconoscere, per tante ovvie ragioni, che la legalità non è un sinonimo di giustizia. Specialmente in Italia, ma non solo.
Per concludere, e anche per dare il giusto peso a questo scritto, il mio amico che spesso mi legge in anteprima mi ha inviato una bellissima chiosa che mi riguarda direttamente, stralciata da un film: “Le vie del signore sono finite”, con Massimo Troisi e pubblicata su You Tube.
Buona luce a tutti!
© ESSEC
Sempre al TOP mio fratello Toti.
RispondiEliminaComplimenti
Maurizio