sabato 24 aprile 2021

Serate Fiaf in streaming del giovedì: Mauro Galligani



Un Mauro Galligani straripante quello che ha intrattenuto giovedì sera gli iscritti Fiaf e non solo.
In uno streaming - che è durato ben oltre tre ore - ha mostrato moltissime immagini realizzate nel corso della sua lunga carriera, spiegandone talvolta concezione e esecuzione; infarcendo il tutto con una ricca aneddotica che usciva fuori spontaneamente, con personaggi e ricordi, come spesso accade quando ci si propone di mangiare solo poche ciliegie.
Il parterre della serata, oltre ai soliti esponenti Fiaf che normalmente presentano gli ospiti di serata (Roberto Rossi e Claudio Pastrone) e da chi coordina interventi e collegamenti (Roberto Puato), era anche composto da Toni Capuozzo (giornalista e scrittore), Carlo Verdelli (ex direttore de La Repubblica) e dall’avvocato Pippo Pappalardo (nella veste di critico fotografico).
Tutti personaggi scelti dal Galligani per la stima che ha sempre avuto nei loro confronti, invitati e coinvolti a testimoniare il complesso e composito racconto d'autore.
In verità le opinioni addotte sono da subito andate oltre la barriera del fotogiornalismo, perché hanno a turno chiamato in causa anche il mondo dell’editoria in genere; focalizzando le costrizioni e i limiti del giornalismo italiano rispetto a quello che questa stessa professione rappresenta nel resto del mondo libero o quantomeno più evoluto rispetto al nostro.
Un capolino nell’ampio dibattito l’ha anche fatto il “Fattore C” che, quando si presenta, consente di apporre quella classica ciliegina candita che impreziosisce ogni torta.
All’inizio dello streaming un breve video introduttivo ha proposto un Mauro Galligani raccontato da Enrico Deaglio e Gianni Mura che, per i diversi aspetti e per le rispettive specializzazioni giornalistiche, si sono soffermati soprattutto sul collega che li aveva accompagnati come fotografo in esperienze da inviati per le diverse testate.
Gli interventi successivi di Verdelli e Capuozzo però, facevano risultare un po’ troppo edulcorato il mondo del fotogiornalismo che era stato narrato e riproposto, dopo il filmato d'apertura (con Deaglio e Mura), anche dallo stesso Galligani. Forse, in questo, per la solita questione che spesso porta, da vecchi, a ridimensionare e redimersi a posteriori, per le competitività e i contrasti che nella vita portano spesso a screzi e contrasti. Che porta a rivedere bonariamente, solo molto tempo dopo, anche le esperienze negative vissute nel passato.
Dopo gli interventi dell’ex direttore de La Repubblica e di Toni Capuozzo, interrotto purtroppo nel suo racconto, una ricca serie d’immagini hanno illustrato i vari reportages dei lavori svolti da Galligani come inviato; “comandato”, come ha più volte tenuto a ribadire, dai direttori di giornale. Perché, a suo dire, andare come volontari in zone di guerra o in territori infidi non è uno sport per dilettanti e – potendo farne a meno – ha sottolineato, sarebbe stato meglio evitare rischi inutili, specie se alla ricerca di sola vana gloria.
Al riguardo ha pure evidenziato che eventuali errori, che in questa attività inevitabilmente non si può mai fare a meno di commettere, non consentono di aver un modo, una alternativa supplementare, per poter rimediare. Del resto la storia del fotogiornalismo bellico ci ha insegnato, come piccoli errori o trascuratezze siano risultati spesso fatali; citando fra gli altri Ilaria Alpi e Miran Hrovatin.
Toni Capuozzo e lo stesso Galligani hanno poi confermato, che la fotografia di quest’ultimo è sempre stata vera, mai artefatta, nemmeno in minime postproduzioni.
Mai è stata, cioè, costruita alterando scene o influenzando i soggetti che venivano ritratti; bensì, Galligani ha sempre operato immaginando quanto sarebbe potuto accadere, in funzione del contesto in cui si trovava ad agire. Attendendo magari pazientemente che quanto ideato trovasse opportunità di manifestarsi, per essere colta al volo l'immagine, in uno o due soli scatti.
In questa chiave è stata quindi evidenziata la sua parsimonia nell’uso della macchina fotografica; confermando questo questo suo modo di fare anche nell’era digitale.
All’ascoltatore, quale ero io, venivano quindi in mente le tecniche fotografiche dei naturalisti che, acquattati e mimetizzati nel loro capanno, attendono pazienti di catturare la scena, che necessita dalla evidente assenza della presenza umana.
Per Galligani il casotto d’appostamento era immediatamente scelto dopo una sua veloce e acuta osservazione dei luoghi e il suo scenario naturalistico era quindi rappresentato dal mondo reale, di guerra, sportivo, o quant’altro connesso al proposito che si era prefissato.
Ogni incarico professionale da fotogiornalista, richiedeva e richiede tuttora la realizzazione con obiettivi preventivati a monte e che si torni poi al giornale - a una scadenza prefissata e improrogabile - per consegnare improrogabilmente i risultati attesi. In argomento era anche prospettata, per Galligani, una certa similitudine che lo accostava alla tecnica di cattura di un animale rapace, che attende paziente, inanellando magari tanti voli per poi indirizzarsi sulla preda, individuata anche attraverso piccoli indizi, che solo un occhio attento può riuscire cogliere.
Chi avrà la tenacia di assistere a tutta quanta la registrazione dell’evento Fiaf, avrà certamente modo di cogliere anche l’estrema attenzione prestata da Galligani all’intervento di Pippo Pappalardo che, con la solita maestria, ha saputo inquadrare l’intero operato dell'amico fotografo dentro una cerchia molto più ampia del reportage giornalistico.
Pappalardo ha pure focalizzato in cinque punti classici il modus operandi che ha sempre caratterizzato, a suo parere, l’azione di Mauro Galligani e che lo stesso ha perfettamente - e fin da subito - interiorizzato. Punti che si soffermano anche su aspetti intimistici e filosofici, che rispondono a una logica connotata da un’indipendenza assoluta rispetto ai grandi autori, che ha studiato e assimilato negli anni giovanili di formazione nella scuola romana di fotografia e cinema.
Osservazione, elaborazione mentale (magari attesa anche prolungata) e scatto sono gli elementi che possono costituire sempre parte costante nella didascalia di ogni immagine fotografica di Galligani.
Veniva appurato da tutti gli intervenuti che l’azione fotografica, rivolta alla ricerca dei tanti aspetti che hanno connotato i suoi sintetici racconti, non si è mai perduta nell’inclusione di elementi superflui, che avrebbero anche potuto distrarre da quello che voleva essere un suo preciso messaggio.
Nel corso della serata sono stati espressi molti concetti, raccontati moltissimi aneddoti e i tanti differenti interventi hanno ampliato i contenuti degli argomenti discussi.
Nella circostanza, non sono mai mancati i riferimenti politici, anche attualizzati, legati alla contestualità del nostro tempo.
Sarebbe inutile voler dilungarsi ancora per cercare di raccontare ciò che è accaduto, perché gli accenti, i chiaro scuri e i colori di ogni discussione sono stati tanti, ma proprio tanti veramente.
A chi rimanesse curioso, non rimane che andare vedere le registrazioni postate nel canale You Tube Diaf della Fiaf, per la lunga durata, divisa in due parti (https://youtu.be/D6E7DqLcgDI e https://youtu.be/50-K8lcL36w).

Buona luce a tutti!

© ESSEC

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