martedì 17 agosto 2021

Per come vanno le cose ....



Nel suo editoriale di oggi, incentrato sulle tristi vicende afgane, Marco Travaglio conclude citando, tra l’altro, una lucida lettura espressa dal compianto Gino Strada, in merito all’attendibilità della stampa assoggettata ai padroni.
Il periodo che conclude lo scritto recita: “L’attacco alle Twin Towers fu un puro pretesto. Non c’era un solo afghano fra gli attentatori né nelle cellule di Al Qaeda. Solo sauditi, egiziani, giordani, tunisini, algerini, marocchini, yemeniti. Non afghani o iracheni. Infatti furono attaccati Afghanistan e Irak (nel 2003, con la scusa delle armi di distruzione di massa, mai viste, e di un inesistente patto fra Saddam Hussein e Bin Laden, che si erano condannati a morte a vicenda: poi Osama fu ucciso in Pakistan, che nessuno si sognò d’invadere). A Kabul la guerra al terrorismo, costata 3mila miliardi $ solo agli Usa, ha riabilitato i Talebani. A Baghdad ha prodotto l’Isis. Nel febbraio 2003 Gino Strada predisse come sarebbe finita e fu accusato di filo-terrorismo. Francesco Merlo, non ancora passato a deliziare i lettori di Rep, lo additò sul Corriere come un “Signor Né Né”. Gino rispose così: “Signor Merlo, ho l’impressione che il partito della guerra del petrolio non passi un gran momento… Gli amici dell’‘amico George’ imbavagliano l’informazione in modo da renderla indistinguibile dalla propaganda – ne sa qualcosa, Signor Merlo? – eppure la gente non li ascolta. Rendono i telegiornali molto simili al Carosello, eppure le persone continuano a pensare, a porsi domande… Ho la sensazione che non filerà via liscia, che i cittadini si siano stancati di fare da telespettatori, che i padroni delle testate debbano rassegnarsi a non essere anche padroni delle teste…”. Oggi l’Afghanistan torna a vent’anni fa. Invece la stampa italiana non s’è mai mossa.”
Primo obiettivo nel fare giornalismo dovrebbe essere quello di assolvere al dovere di cronaca.
Un buon editore dovrebbe dare un adeguato spazio all’informazione e, a prescindere dalla pagina d’inserimento e al numero di righe dedicate agli avvenimenti raccontati, fornire ai lettori le notizie in quanto tali; possibilmente astenendosi dal preconfezionare opinioni indirizzate pregiudizialmente, evitando possibilmente di riportare parti estrapolate dall’intero contesto per indubbie convenienze.
Per come vanno le cose, appare però deprimente dover ascoltare o leggere i tanti pseudogiornalisti impegnati a far conoscere le loro opinioni su ogni cosa, imponendole, come se fosse necessario dover aiutare il "povero lettore" a capire le evidenze che, gioco forza e guarda caso, collimino solo con il loro punto di vista.
I primi piani dedicati dalle regie, si soffermano lungamente sull'inquadrare i soggetti e confondere chi s’imbatte all’ascolto. Chiome fluenti della giornalista femmina, atteggiamenti emblematici dei colleghi maschi.
Assistere ai telegiornali o leggere i quotidiani non risulta pertanto facile per acquisire gli elementi necessari a capire la verità dei fatti, ancor meno qualora non si abbia una propria visione delle cose indipendente; se non si è preparati perché non dotati di uno minimo spirito critico, che si alimenta solo con conoscenze di pareri dissimili o anche contrapposti.
Ormai i media non pubblicano notizie per informare la gente ma espongono o adombrano gli accadimenti agendo più da influenzer, non secondo l’importanza degli accadimenti oggetto d’informazione ma orientando il pubblico in relazione all’indirizzo editoriale imposto da interessi di parte.
Sostanzialmente, quindi, oggi non si salva quasi più nessuno. Solo rare eccezioni assicurano la copertura dell'informazione sui fatti di cronaca. Ma attenzione, non è solo colpa del mondo mediatico, molto dipende anche dalla pigrizia di un popolo distratto e incanalato a ricercare ciò che è utile ad assecondare propri bisogni; se veri o fittizi, spontanei o indotti, ha poi poca importanza.
Trovo utile, per dare maggior rilievo a questo pezzo, chiudere con le parole che Vauro dedica all’amico scomparso in questi giorni e per il quale Moni Ovadia dice: “Ora non si merita la retorica melensa, per rendergli onore l'Italia deve sostenere le sue iniziative”.
Vauro scrive, a sua volta, basandosi su esperienze comuni e dirette: “Gino Strada se n’è andato. Capitava. Ci capitava, in Afghanistan come in Iraq, come in tanti luoghi di guerra, di restare senza parole davanti all’orrore ed alla sofferenza. A volte insieme le cercavamo per denunciare il crimine che è la guerra. Dovevamo trovarle e le trovavamo. Io invece oggi non ne trovo per dire il dolore che la scomparsa di Gino mi provoca dentro. Non le trovo perché non possiamo più cercarle insieme. Addio caro Gino.”

Buona luce a tutti!

© ESSEC

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