giovedì 24 febbraio 2022

Prendendo spunto da una nuvola di “Antonello Ferrara” fotografo.



Il Pippo cui ho fatto riferimento nel mio pezzo in cui ho raccontato l’evento organizzato dall’Associazione Le Gru di Valverde, era presente fisicamente in associazione. Anzi, alla fine di ciascuna performance di Antonello Ferrara, l’Avv. Pappalardo ha offerto alla platea delle chiavi di lettura che hanno evidenziato le peculiarità dei lavori proposti.
Come spesso ci capita, le opere presentate sono state successivamente oggetto di uno scambio diretto di idee che mi hanno consentito di focalizzare il personaggio, grazie a informazioni sulle caratteristiche e il percorso fotografico dell’autore.
Nell’occasione ho sollecitato l’amico Pippo a esprimere con un contributo il suo punto di vista sul lavoro incentrato nella nuvola priolese che tanto ci aveva intrigato e lui, generosamente, mi ha accontentato.
Riporto di seguito lo scritto pervenuto, che mi piace condividere, in modo particolare con coloro che erano stati fisicamente presenti in associazione o che, come me, avevano partecipato in streaming. Uno scritto utile a comprendere meglio quanto può sottendere ad un progetto fotografico e a una creazione artistica, più in generale.

Buona luce a tutti!

© ESSEC

“La ricerca fotografica, e con essa la passione, marcia in più direzioni ma nonostante la molteplicità delle direzioni e dei diversi sensi ricercati, alcune costanti ci inducono a riflettere che l’esperienza del momento fotografico vive di presupposti non solo forti e presenti ma addirittura necessari. Ogni qualvolta poggiamo il nostro occhio sul visore del nostro strumento, infatti, riflettiamo sulle modalità e sulle circostanze migliori per abbordare l’incontro con la “tematica” che abbiamo privilegiato.
“Avere una tematica è come dare al proprio fotografare una meta fotografica” (S.Bicocchi)
Per coltivare la capacità di ricerca delle giuste tematiche -che sommessamente vivono dentro le nostre aspirazioni- occorre acquisire la capacità di coltivarle, ovvero la capacità di strutturare il nostro fotografare guardando non solo agli aspetti tecnici del dispositivo adoperato ma soprattutto agli elementi che ci impongono di modificare un generica tematica spontanea in una capacità tematica individuata e chiarita.
Poi, saranno le singole fotografie a chiarirci se quel primordiale schizzo di ingenua tematica primitiva è divenuto, poi, un “tema fotografico”.
Antonello Ferrara aveva davanti ai suoi occhi, giorno dopo giorno, una nuvola, sempre la stessa. E di per sé, questo evento è alquanto insolito e ci pone delle domande. Anche il fotografo se le è poste ed è venuta fuori una storia dai connotati e dai contorni assai importanti e intriganti, assolutamente esprimibili solo con lo strumento fotografico.
Aveva nella mente l’infinito” di Ghirri e gli “Equivalents” di Steglitz (ed io, aggiungo, un certo Minor White)? Alla fine, si trattava di precedenti con i quali confrontarsi, che non condizionavano, anzi spronavano verso la formulazione di una sequenza che non perdesse assolutamente il rigore narrativo e, risolutamente, facesse uscire, anche con la collaborazione degli abitanti del territorio, l’impegno a trasformare quell’apparente cometa in un segnale concreto di allarme.
L’aspetto più interessante del lavoro di Ferrara è stato, pertanto, l’individuazione di una chiara tematica che muovendo dalla spontanea emozione ha trasformato in concreta impressione il suo sentire umano; questo è divenuto necessaria espressione e quindi rappresentazione da condividere e partecipare. Una classica sequenza estetica che testimonia delle capacità del nostro amico e del suo sano impegno civile.
Per tornare all’amico Bicocchi; la documentazione raccolta durante la ripresa (interi mesi di lavoro) ha innestato un processo di approfondimento per cui il “tema” privilegiato si è spiegato da sé (il grido di Baudrillard:” è l’oggetto che vi pensa”) e, da tema con connotati generali ed universali è divenuto un tema personale da condividere con gli altri, L’autore ci ha dato infatti non una interpretazione di quanto visto e fotografato ma la sua interpretazione.”

© PiP

domenica 20 febbraio 2022

Su “Lezioni di Fotografia” e altro ....



Forse il momento più importante nell’attività di un circolo culturale è quello di riuscire a proporre argomenti e personaggi che rappresentino delle novità, in panorami che spesso amano percorrere e tendono a muoversi in spazi ampiamente conosciuti e consolidati.
L’altro giorno, seguendo l’invito degli amici dell’Associazione catanese “Le Gru”, ho avuto modo di assistere alla serata streaming che avevano programmato per ospitare un autore a me sconosciuto.
Il fatto che io non conosca moltissimi autori, anche importanti, contemponarei o anche storici, del resto non è una novità. Infatti, anche se coltivo la passione per la fotografia da tanto tempo, non ho difficoltà a confessare che non ho mai dedicato molto spazio allo studio della materia.
Tornando alla serata, l’ospite in questione era Antonello Ferrara, un giovane (di quelli attuali, ultracinquantenni) che veniva a illustrare due sue produzioni molto originali, a prima vista non facili da approcciare ma che, con il sapiente racconto dell’autore, riuscivano a essere comprensibili e pure intriganti.
Peraltro il Ferrara, pur dichiarando che il suo modo di esprimersi con la fotografia in maniera artistica era relativamente recente, riusciva a far emergere l’aspetto progettuale delle sue proposte. I suoi lavori (almeno quelli illustrati) avevano entrambi una base concettuale, sviluppata pazientemente in un arco temporale e attingendo a vecchie tecniche utili ai racconti.
La sequenza di una serie di fotografie con - all’interno di ogni inquadratura - una nuvola di caratteristiche particolari e spesso anche l'unica presente in un cielo assolutamente sereno, induceva di per sé a pensare.
La spiegazione data dall'autore al termine della proiezione, pure comprovata da una ripresa filmata che avallava la sua trattazione, veniva quasi a costituire - e per certi aspetti - un pò l’uovo di Colombo, venendo a ridimensionare certi fenomeni naturalistici che talvolta inducono anche a equivoci o fake news.
Volendo descrivere il progetto realizzato dall'autore, è da dire che la sua osservazione attenta e prolungata del territorio di Priolo (SR) gli aveva fatto sorgere una curiosità su una strana nuvola, che ogni giorno vedeva rispecchiata sul mare prospiciente alla zona industriale. Una nuvola, di dimensioni pressoché costanti, che si presentava ad un certo momento della mattina e che aveva una durata di alcune ore per poi dissolversi.
Il boy scout custodito nell’anima dell’autore del portfolio fotografico proposto ebbe ad appassionarsi all’idea/sospetto che qualche fenomeno specifico potesse venire a creare quella speciale situazione atmosferica.
Per farla breve, dopo una serie di scatti fotografici, arrivò a focalizzare meglio la questione che lo portò infine a una soluzione razionale e a svelare l’arcano.
Erano, infatti, le esalazioni provocate dallo stabilimento industriale di Priolo che andavano a generare una condensa che lentamente andava a creare la nuvola; ogni giorno e sempre alla stessa ora, che in base alle direzioni del vento, si andava a posizionare stabile in un quadrante del panorama.
A supporto del suo racconto, Ferrara portò pure una prova inconfutabile. Con il suo telefonino aveva, infatti, filmato tutte le fasi che andavano a generare quelle serie di nuvole quotidiane, rivelavando visivamente l'origine del fenomeno.
Al di là della originalità di quanto narrato, la mia parte di mente miscredente andava ad associare la prova esibita a quei tanti avvistamenti fideistici, idolatrati dalle moltitudini che necessitano dell'esistenza terrena di miracoli divini. Alle diverse presunte apparizioni come, ad esempio, quella della madonna di Medjugorje e tante altre visioni ancora, su cui ci sarebbe molto da dire.
La curiosità di Antonello, in questo caso, andava quindi ben oltre l’aspetto fotografico, perché sfociava e apriva a un vasto campo di credenze e suggestioni di genti che da sempre mal tollerano dubbi e peggio ancora possibilità di risposte scientifiche a loro convinzioni pseudoreligiose.
Tornando alla fotografia, il secondo lavoro proposto era un insieme d'immagini realizzate con l’utilizzo di filtri anteposti allo strumento di ripresa.
Le fotografie appannate o macchiate andavano a far scorrere una specie di percorso onirico, che induceva a far riemergere tappe del passato. Affioravano così ricordi di ambienti, di personaggi, di desideri repressi, di visioni di luoghi di un tempo e molto altro ancora. Il tutto intramezzando flash d’immagini confuse, prevalentemente minimaliste, un po’ surreali, con scatti introspettivi dove anche l’osservatore poteva riconoscersi.
Anche questo un lavoro pensato e strutturato seguendo uno schema logico ben preciso.
Concludo la mia descrizione dell’interessante evento con una mia banale considerazione, ovvero, che sempre più di frequente la fotografia, in quanto forma d’arte, può prestarsi a tante fattispecie concettuali. Con processi creativi che spesso si discostano anche notevolmente, per intenderci, dal solco originario e storico di “bressoniana” concezione.
Si potrebbe forse anche dire che questa non è vera fotografia ….. nel senso classico convenuto e consolidato; ma la fotografia – come succede nelle varie forme d'arte espressiva – ormai si presta a vari svolgimenti e a differenti osservazioni.
Specialmente se viene intesa quale è oggi, per la sua efficacia comunicativa, accostabile alla scrittura stenografica costituita da un mix di realismo e suggestione.
I confini e le barriere correntizie, sono pertanto solo delle convenzioni che permettono di inquadrare e discernere le diverse scuole di pensiero, lasciando isolato il fascino di ogni genere individualmente proposto e prescelto.
Molto più frequentemente, come ha ben evidenziato l’amico Pippo, l’arte fotografica costituisce spesso solo un pretesto per lo svolgimento di un racconto e le fedeltà delle immagini possono, in alcuni casi, financo portare a distogliere l’osservatore dal riconoscersi e leggersi attraverso una propria personale lettura interpretativa.
Al riguardo, ad esempio, “Luigi Ghirri è uno dei grandi maestri della fotografia italiana. Nella sua opera ha usato la fotografia come mezzo per mettere in discussione la realtà, attraverso immagini che fanno riflettere, sulla differenza tra ciò che vediamo, ciò che rappresentano e il loro significato.” È quanto scrive su di lui Giuseppe Santagata nella recensione fatta al celebre libro “Lezioni di Fotografia”.
Nell’articolo cita anche quella frase dove il fotografo, nato geometra, affermava come “La fotografia è essenzialmente un dispositivo di selezione e attenzione del vostro campo di attenzione…semplicemente si tratta di attivare un processo mentale, di attivare lo sguardo e cominciare a scoprire nella realtà cose che prima non si vedevano, anche dando agli oggetti, agli elementi della realtà un altro significato. Attivare un campo di attenzione diverso”.
Per una lettura dell’intero articolo di Santagata si rimanda al sito web Fotografia.it dove è pubblicato.

Buona luce a tutti!

© ESSEC

sabato 12 febbraio 2022

Draghi ha dichiarato: “Un lavoro me lo trovo da solo”



La moltitudine umana è composita e le casistiche individuali sono molto ricche e variegate.
Così come esistono uomini e donne con caratteristiche diverse, che mettono in luce le loro peculiarità, ci sono anche altri soggetti camaleontici che si adattano e si rapportano opportunisticamente con il mondo a seconda delle circostanze e delle convenienze.
L’indole e le mutazioni sono infinite e, come è stato da sempre raccontato in tante opere letterarie, sono le maschere quelle che rivelano le sembianze apparenti e suscitano i sentimenti che vengono percepiti all’esterno.
Quanto viene manifestato o solo raccolto induce ognuno ad aggettivare il proprio interlocutore - e ogni personaggio che gravita nel proprio panorama - con termini che sintetizzano in una parola quella che è una propria convinzione. Temporanea o definitiva poco importa.
Ipocrita, scorretto, vile, ingeneroso, egoista, egocentrico, politicante, inaffidabile, stolto, egemone, padre padrone, incivile, scriteriato, figlio di … e tanti molteplici termini si usano per enfatizzare delle negatività individuali percepite.
Di contro altre etichette fotografano positività eticamente nobili e inconfutabili che, in uomini di fede o laici agnostici di animo buono, spingono talvolta a considerare l’esistenza di aureole connotanti una certa santità o eccellenza.
A queste regole del vivere quotidiano in ogni caso non si sfugge.
Le tipiche caratteristiche si notano già da bambini, i quali si esprimono naturalmente per come realmente sono, a prescindere dall’educazione e dalla classe sociale di appartenenza. Col tempo le tendenze vengono più o meno gestite con una dose d'ipocrisia, per poi scatenarsi alla fine senza più freni inibitori in età adulta.
Capita, quindi, che anche la categoria dei nonni possa includere soggetti con caratteristiche specifiche e varie.
Lo status declamato non costituisce necessariamente un presupposto per essere definiti dei saggi, altruisti, generosi, affabili, socievoli, espansivi, propositivi, visionari, statisti, etc. ma spesso tanti fattori si fondono in individualità che sintetizzano aspetti che connotano taluni negativamente in dei veri emeriti “stronzi”, nel senso più fascinoso e inequivocabile che se ne dà nell’uso comune. 
L’essere stronzi, quindi, raggruppa in sé una miscellanea di negatività, con un assioma che torna concettualmente utile nel voler descrivere comportamenti poco gradevoli, specie se riguardano certi soggetti coinvolti nell’espletamento di funzioni e ruoli cui si è direttamente a contatto (dipendente, dirigente, collaboratore, vicino di casa o condomino in genere, contendente, politico, semplice compagno di giochi o socio, etc...).
Da sempre delle qualità positive sono in pochi a occuparsene, maggiore attenzione destano sempre quelli che si propongono e atteggiano a delle prime donne, protagonisti vogliosi di emergere a qualunque costo.
Queste considerazioni amare trovano spunto e si ispirano all’ennesima cattiveria rubricata in pillole da “Spinoza”, e in particolare ci si riferisce a quella apparsa oggi su “Il Fatto Quotidiano”. Ancora una volta dedicata a Mario Draghi premier, osannato da moltitudini di media e dalla stampa intera come “il Migliore dei Migliori”. Anche se la platea del Nerone di “Petroliniana” memoria del bene, bravo, bis …. preannuncia cenni di sfaldamenti; ancor di più dopo le recenti vicende presidenziali, che non lo fanno più apparire superman come prima.
Lo scritto, riprendendo una frase astiosa del nonno che si dichiarava a disposizione, recita: “Un lavoro me lo trovo da solo”. Alla ostentata affermazione “Spinoza” aggiunge la sarcastica considerazione: “Il nonno al servizio delle istituzioni sta regredendo all’infanzia”.
E’ da dire che, più in generale, nello scenario italiano sono presenti analogie con molte manifestazioni pubbliche di altri discutibili personaggi ….. ma quelle - e per ognuno - si tratterebbe di altro folklore e racconterebbero tante altre storie, talvolta mantenute in ombra.
In tutto questo occorre sempre tener presente che nelle avventure del pluripremiato film di fine millennio, le fortune costanti narrate su Forrest Gump erano sostanzialmente delle finzioni sceniche, scritte idealmente in un copione. In verità le certezze perenni di sicuro successo, nella vita reale, non sono tanto verosimili e, men che meno, assicurano l'esistenza di regole.

Buona luce a tutti!

© ESSEC

domenica 6 febbraio 2022

Il ruolo dei Circoli e delle Associazioni fotografiche



La storia della fotografia si è sempre sviluppata grazie ai circoli e alle associazioni, dove individualità aggregate hanno favorito e sviluppato confronti, producendo tante proficue osmosi.
Una delle più importanti problematiche che si presenta ad ogni un gruppo di fotoamatori che intendono associarsi in un circolo è quello economico. Le campagne per allargare la base sociale non sono mai facili, vuoi per la peculiarità dello scopo perseguito, talvolta in concorrenza con altri gruppi, vuoi per l’incidenza delle quote periodiche che si è chiamati a sostenere che non sono talvolta alla portata di tutti.
Per ovviare a ciò si è sempre cercato di trovare delle forme di finanziamento suppletive, che consentissero di generare delle entrate economiche utili a sopportare i costi indispensabili per l’esercizio e il pieno svolgimento della comune passione.
A tale scopo, a latere delle attività sociali principali, hanno quindi assunto e da sempre molta rilevanza i corsi di fotografia, curati dai soci più esperti e rivolti a chi aspira a conoscere meglio il composito mondo della fotografia.
Oltre ad assicurare entrate di denaro, l'attenzione verso nuovi appassionati è utile a generare anche proficue contaminazioni generazionali, indispensabili per favorire la crescita di potenziali nuovi talenti.
Nel caso, eventuali fotografi che andranno ad affermarsi uscendo dai “vivai” costituiranno sempre un punto d'orgoglio per ogni circolo e specialmente per coloro che li hanno fondati e/o ne hanno curato e favorito lo sviluppo.
È la funzione principale in capo a ogni forma di associazionismo ed è naturale che allievi, frequentando gli ambienti, divengano poi nuovi soci; ritrovandosi nell’aderire ai progetti e agli scopi sociali fondativi.
È quello che si desidera che accada in ogni circolo fotografico. La speranza che nuove leve crescano e magari si propongano gradualmente per andare a coprire posti chiave, onde proseguire la rotta progettata dai vecchi soci, che rimane una costante sempre presente negli scopi progettati.

La bontà di un’associazione si distingue, oltre che dalla qualità degli obiettivi realizzati e da realizzare, anche dalle offerte rivolte all’esterno, siano verso giovani o maturi interessati attratti dalla fotografia che ricercano un luogo e nuove occasione d'incontri e confronti.
In quasi tutte le realtà vengono proposti corsi per principianti, di livello superiore e specialistici finalizzati a scoprire e affinare principalmente gli interventi di editing e postproduzione.
Premesso che i docenti e i curatori della formazione non dispongono di bacchette magiche che riescano a inventare tout court fotografi d’indole e qualità certa, un’occasione importante di verifica nella formazione è quella che ogni volta conclude i vari stages. Quando cioè si vengono ad allestire delle mostre collettive di opere dei vari allievi, che consentono a ciascuno di mostrarsi nel proporre la loro sintesi produttiva, ma anche di poter confrontare le proprie foto con quelle degli altri frequentatori dei corsi.
Il buon lavoro formativo, indipendentemente dai risultati che si differenziano nei protagonisti, è testimoniato dai commenti che gli allievi più giovani, divenuti espositori, vanno a postare con email o altro. Per quanto ovvio il futuro artistico di ognuno dipenderà sempre dalle capacità specifiche d’approccio: come autore o studioso, semplice appassionato e comunque interessato ad arricchire le proprie cognizioni e ad allargare il proprio campo operativo.
A scopo esemplificativo si riportano di seguito alcuni dei loro messaggi, omettendo il nome dell’autore, collegati alle emozioni suscitate dalle due ultime mostre presso la Galleria Fiaf dell’ARVIS di Palermo, allestite a conclusione dei corsi. Una prima per gli allievi di secondo livello, seguita successivamente da un’altra dedicata ai partecipanti del corso base da poco conclusosi.

• Buongiorno a tutti. Approfitto della chat per fare i complimenti ai maestri per l’organizzazione della mostra.
• Buongiorno e grazie ai docenti. 👍👍👍
• La bravura è l’aver ci trasmesso la passione. L’organizzazione è il compimento che ci ha dato la possibilità di sentirci protagonisti!
• Buon pomeriggio a tutti! 🤗 è stata una piacevole serata.! E grazie ai prof come giustamente fatto dagli altri!
• Peccato forse che sembra esser volato. Dovrebbe durare di più!
• Non abbiamo fatto in tempo a conoscerci bene che è finito!
• Ragazzi sono appena stato alla mostra, complimenti a tutti per le foto! Veramente belle 😁😁👏👏 e complimenti agli organizzatori per averci permesso di fare questa bella esperienza ed averci insegnato e trasmesso tanto … peccato per la socialità mozzata dal periodo covid, spero riusciremo ad organizzare qualche uscita con foto e pizza annessa.

Credo che non occorra aggiungere altro per dare un’idea concreta sulla vera essenza dell’associazionismo. Per saper fare buon proselitismo nell'insegnare proficuamente e al contempo alimentare entusiasmo, una lucidità critica e la serenità di giudizio necessaria. Nell’aiutare anche a saper vivere in maniera collaborativa ogni momento di aggregazione, che consenta a tutti i partecipanti di crescere, indipendentemente dalle naturali potenzialità individuali, dagli ovvi differenti orientamenti, dai gusti distinti, dalle specifiche preferenze e dalle proprie tendenze. In fotografia, come nell’arte in genere, sono tanti i ruoli che possono essere occupati in seno ai gruppi, oltre a quello d’essere o ritenersi un "autorevole" artista.

Mi piace concludere questo scritto richiamando un testo di qualche tempo addietro e che ebbi modo di postare dopo aver rincontrato il caro amico Luigi al Palazzo Sant’Elia di Palermo, in occasione di una mostra personale incentrata sull’Asia con fotografie storiche di Melo Minnella.
Congedandosi, lui ebbe a darmi un bigliettino con il numero del suo cellulare. Oltre al suo recapito telefonico scoprii dopo che erano riportate delle considerazioni, che indicavano dei principi cardine che ogni fotoamatore dovrebbe sempre avere presente, principalmente per sé e, soprattutto, nel rapporto con gli altri.
Per chi volesse saperne di può invito a leggerle.

Buona luce a tutti!

© ESSEC

mercoledì 2 febbraio 2022

I vecchi restano comunque e sempre dei fortunati



Arrivare alle venerande età, specie in buone condizioni fisiche e psichiche, costituisce un privilegio non da poco; non tanto per la longevità insita, ma per l’opportunità concessa dal caso ai tanti fortunati di poter vedere la vita da angoli differenti, con diottrie rimodulate e con un bagaglio di esperienze che, volendo, consentono di aggiornare i bilanci personali.
Le varie fasi di un vissuto presuppongono iter compositi, caratterizzati da diverse tappe.
Come didascalia al blog che curo (laquartadimensionescritta.blogspot.com) scelsi all’origine di mettere: come didascalia: "Dopo gli anni ovattati dell'infanzia e quelli spensierati dello studio ci si immerge nella catena lavorativa che, al di là di qualunque gratificazione, assorbe e lascia poco tempo ... e poi finalmente arriva la tua quarta dimensione ... e ritrovi quella serenità smarrita."
Quando ho creato questo portale nel web ero appena passato dall’essere ingranaggio in un contesto produttivo a fruitore della tanto attesa quiescenza.
Una condizione lungamente agognata e che potrebbe consentire a tutti di rileggere con onestà il proprio vissuto, certo ricco degli alti e bassi che contribuiscono all’edificazione della piramide di ognuno, ma di vedere anche, con gli occhi acuti di una mente attenta e piena di esperienze, i colori della realtà che ci circonda.
Idealmente è quasi come ritrovarsi calati in un posto numerato del loggione di un teatro. In una posizione, cioè, che offre all’occhio delle panoramiche ampie e che dimensiona gli attori/artisti che recitano nell’ambito delle scene a dei soggetti piccolini.
Dalle postazioni di galleria si distinguono al meglio le variazioni acustiche e, diversamente dallo stare seduti in poltrona di platea o in una sedia di un palco laterale, generalmente più congrui a status di rappresentanza, non ci sono elementi di disturbo che impallano e rendono parziali le visuali.
Potenzialmente, quindi, patologie escluse, l’osservazione e l’ascolto di un vecchio risulta integra e pura, pienamente in grado di poter visionare e ascoltare al meglio il cuore di ogni cosa.
L’enfasi si presta a poter affermare che a ciascun longevo è possibile vedere in modo diverso, a seconda del contesto, della cultura reale e della maturità individuale raggiunta.
Ma del privilegio non tutti ne fanno tesoro.
Resta il fatto che i vecchi restano comunque e sempre dei fortunati per aver già solo raggiunto il traguardo. Non solo, ma anche perché è a loro concessa l’opportunità, volendo, di riflettere sulle proprie convinzioni; di ripercorrere e revisionare quei giudizi giovanili con i quali etichettavano sbrigativamente quelli che erano per essi i “loro vecchi del tempo”.
Singoli anziani comunque, anche invecchiando, rimangono spesso indolenti; permangono variegate le miscellanee di individui, accomunate o differenziate e spesso anche faziosamente divise.
Mentre molti anziani, non ostante gli anni e la naturale decadenza fisica, riescono a mantenere vivo il fuoco giovanile, magari pieni d’illusioni e sempre innamorati di utopie, altri si annegano in un cinismo pragmatico connaturato; altri ancora rimangono ancorati a pregiudizi, indifferenti della storia (generale o personale) e del tempo o si lasciano spesso semplicemente vivere passivamente, forse senza neanche rendersene più conto.
Ogni testa è un tribunale diciamo noi in Sicilia. Mettila, quindi, come vuoi ma in ogni caso, indipendentemente da come la si pensi, di ogni cosa occorre prenderne atto e, infine, tutti quanti e a prescindere dell’età, ce ne dobbiamo fare una ragione.
Qualcuno, dopo aver letto, si porrà la domanda: “Ma con tutto questo, che si vuole dire?”. La risposta è: “nulla di particolare, gli argomenti su cui scrivere per chi è anziano non sono tanti, magari vuole solo essere una semplice dissertazione per invitare dei coetanei a fare qualche ulteriore riflessione”.

Buona luce a tutti!

Buona luce a tutti!

© ESSEC

P.S. - A stretto giro di posta un amico che mi segue scrive: "Condivido: tendiamo a invecchiare senza diventare vecchi e qualche volta, ahimè, senza diventare adulti. L’importante è che i sogni non invecchino…".