Si parla tanto di guerra in questi giorni. I media, che ricercano sempre continue novità per tentare di dare un senso etico al loro business, palesandosi con appartenenze che accomunino e con superficialità di analisi, manifestano punti di vista spacciandoli per informazione e cronaca.
I conflitti bellici, più o meno dichiarati, clandestini o manifesti, secondo fazioni o fra nazioni rappresentano attualità perennemente presenti nel nostro globo terrestre.
Confinati in comparti in una babele di culture, spesso ci si accorge di una guerra solo quando le vicende belliche o masse belligeranti ci toccano più da vicino.
Sull'argomento voglio proporre un lavoro che qualche tempo fà ho presentato in un meating fotografico e che in qualche modo voleva mostrare, in estrema sintesi l'essenza ultima e la certezza presente in ogni guerra.
Buona luce a tutti!
© ESSEC
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La guerra
In fondo, dalla notte dei tempi, permane sempre irrisolvibile il quesito: cos’è poi la guerra?
Una difesa dei popoli? Il risultato di atavici contrasti tra etnie e religioni? Una tutela strumentale d’interessi contrapposti? La propensione naturale all’espansione del potere? La ribellione al sopruso? Lo sfogo brutale di una forma estrema di violenza fine a sé stessa?
Di certo è un gioco a scacchi per i potenti e una roulette russa per le masse che si battono in prima linea, rischiandosi tutto di persona.
Per alcuni fortunati rimarranno onori, medaglie e trofei da esibire, per tantissimi altri sarà più semplicemente cancellata un’esistenza.
Indipendentemente da appartenenze a fazioni, in ogni caso resteranno schieramenti di lapidi e croci, in sacrari militari - eretti come monito - consegnati alla storia.
Il lavoro presentato si riferisce a Venafro ed è stato realizzato nel 2019. Le foto costituiscono un insieme fra particolari del “War Museum Winterline” e il “Cimitero francese” poco distante dal paese. Quest’ultimo raccoglie i resti di circa seimila militari caduti nella seconda guerra mondiale che facevano parte della milizia francese, sotto il comando del generale Juin.
Anche se tutte le tombe riportano la scritta “morto per la Francia”, le sepolture si presentano in spazi differenziati fra magrebini di fede araba (con relativa moschea) e francesi (con annesso edificio religioso di rito cattolico). Il tutto accomunato in un contesto univoco simboleggiato da una bandiera francese che svolazza al vento.
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