venerdì 19 agosto 2022
Liquidità e credito come opportunità per pochi
In appendice all’articolo pubblicato dal Fatto Quotidiano della giornata di Ferragosto si legge: “come scrisse Giorgio Meletti sul Fatto del 10 dicembre 2017, “se i banchieri vengono assolti dall’ostacolo alla vigilanza, o Banca d’Italia è stata complice (“Toccami Cecco che mamma non vede”), salvo poi denunciarli a cose fatte per salvarsi (“Mamma, Cecco mi tocca”), o Banca d’Italia non serve a niente”. Qualcuno dovrebbe ricordarlo a Banca d’Italia, anche per conto delle centinaia di migliaia di risparmiatori coinvolti (anche per essersi fidati dei controlli di Vigilanza) nei troppi crack delle banche italiane.” Al riguardo, la lettura del recente articolo di Daniele Corsini, incentrato sulla territorialità del sistema bancario, suscita degli interrogativi in merito al fatto che una delle problematiche legate anche alla distribuzione della ricchezza, deriva dalla politica che risulta nefasta se mantenuta disgiunta dall’azione di una efficace gestione amministrativa e da controlli di garanzia.
Una eccessiva liquidità finanziaria, al di là degli intenti economici, in assenza di adeguate azioni di vigilanza e in presenza di un persistente sistema giudiziario ordinario, lento e sostanzialmente inadeguato, ha consentito sempre più ai soliti noti ogni possibilità di arricchimento incontrollato. Marginalizzando al contempo chi, magari, poteva presentare tutte le prerogative per un merito creditizio finanziabile.
Per quanto risaputo l’accesso al credito è oggi quasi inibito a chi non dispone di conoscenze o autorevoli agganci più che affidabilità creditizia, mentre è via più facilmente accessibile a coloro che non abbisognerebbero talvolta di supporti finanziari. In pratica si è come davanti a un azzeramento del così detto ascensore sociale una volta praticato, nell'ambito creditizio, come espressione di una sana e prudente gestione.
Detta ultima incongruenza, tranne rare eccezioni, ha indotto a trasfigurare concettualmente la stessa natura del principio d’impresa; almeno per come un tempo veniva studiato sui testi di economia politica, traslando e incentivando di fatto il rischio d’intrapresa a esclusivo carico del sistema bancario e della relativa raccolta di risparmio privato che supporta gli impieghi.
Come se non bastasse, l’assoluta assenza di efficaci validi controlli su professionalità e onorabilità degli amministratori componenti i collegi delle istituzioni eroganti, ha sempre più facilitato azioni di lobby e circoli magici (esclusivi e poco indipendenti) propensi a finanziamenti rischiosi – talvolta pure sprovvisti di garanzie - ad aziende di proprietà, direttamente gestite (come amministratori o sindaci) ovvero collegate o ad amici o amici degli amici.
Ma di questo poco si parla e men che meno si enfatizza, stante il coinvolgimento politico, manifestatosi con il periodico annacquamento e depotenziamento nel tempo di vincoli e controlli pubblici, sia per la classificazione delle irregolarità, che per l’irrogazione di sanzioni per eventuali violazioni, formali o sostanziali, e l’attribuzione di potenziali significative ammende economiche.
In risposta a un articolo di qualche tempo fa, riguardo alla sostanziale immunità da sempre assicurata a chi è chiamato alle azioni di vigilanza bancaria un dirigente con il quale ho avuto l'onore e l'opportunità di collaborare mi pose una domanda che non mostrava equivochi: “nella nostra pluriennale esperienza hai mai visto condanne ad esponenti bancari?” Verità inconfutabile e storicamente provata! Così nessuno potrà mai accusare di comportamenti "Fuori legge" se la politica farà da sponda e avrà cura di depenalizzare o propendere per prescrizioni e inserirà adeguamenti delle regole rendendole più permissive, con sempre meno vincoli.
In questo orizzonte un pò liberticida, al di là da come ci si possa schierare sulla materia, la vicenda “Diamanti”, viene in parte riesumata dall’articolo pubblicato a ferragosto dal Fatto Quotidiano – intitolato “Guerre di Potere” – che riallacciandosi a quei fatti costituisce un buon esempio su come vanno talvolta le cose in tema di controlli e azione di vigilanza.
In merito all’ormai famoso "Affair Bertini", assurto alle cronache televisive e che ha recentemente comportato il licenziamento del funzionario di Banca d’Italia, un articolo del 24 luglio scorso a firma di Tobia De Stefano, pubblicato su Verità&Affari, si dice che il giornale ha avuto la possibilità di leggere su una serie di email inviate dallo stesso ispettore dell’istituto di via Nazionale ad alcuni colleghi nell’ottobre 2021, dove - udite, udite - si sarebbe mostrata una certa disponibilità a mettere una pietra sopra a quella vicenda in cambio delle scuse del Governatore e una promozione a dirigente. Che scandalo! Che scoop, che verità!
Strano paese il nostro, se da un lato secreta deposizioni di interesse pubblico oggetto di inchiesta parlamentare, rendendole di fatto inaccessibili anche alla stampa, e dall’altro una qualsiati testata giornalistica può esplicitare, senza far cenno a nomi o fornire dettagli sufficienti a farne prova, comportamenti apparentemente poco lusinghieri; che, a onor del vero, potrebbero anche solamente intendersi come quel “dire a nuora perché suocera intenda”; ovverosia rivolgersi a qualcuno con l'intenzione che altri senta e capisca che quelle parole sono rivolte a lui. Con allusione al tradizionale e proverbiale contrasto tipico e ricorrente fra le due soggetti che, con schermaglie, intanto contendono.
In tutto questo sembra poi paradossalmente irrilevante e sembrerebbe quasi indurre a sorvolare su diverse ben più gravi dichiarazioni e comportamenti di funzionari e dirigenti dell'Istituto. Documentati e tutti registrati, prodotti in diretta durante la trasmissione su RAI 3 di Report; pure sull'affermazione dell'ancora Vice Direttrice in carica che, per quanto è dato a conoscere, non risulta essere mai stata scalfita da particolari richiami o da azioni disciplinari interne per quanto affermato, seppur in forma riservata.
Nell’articolo del Fatto Quotidiano del 15 agosto scorso si dice come la testimonianza di Carlo Bertini offre uno squarcio interno all’attività ispettiva e la gestione dei relativi rapporti: “C’è stato un crescendo, a un certo punto le pressioni subite erano, a mio avviso, fortissime, dopo qualche mese ho dovuto lasciare immediatamente team Mps divisione e poi alla fine mi sono arreso perché ero distrutto”. Aiuta l’ascolto della registrazione, messa in onda da Report, di Alessandra Perrazzelli, membro del Direttivo e vice Direttrice generale di Banca d’Italia, la quale dice a Bertini: “Però vede lei ha capito dei gangli no di questa vicenda, gestire questo tipo di cose richiede una grande libertà. Non mi sembra che sia la modalità ma non solo qui dentro, sa? Tutte le grandi strutture, tutte le grandi organizzazioni si muovono in maniera militare. Allora io le racconto delle cose di me che forse non dovrei condividere ma io nella mia vita professionale mi sono trovata di fronte a delle cose spaventose nei confronti delle quali mi veniva detto che io dovevo essere come una statua di marmo, quindi farmele scivolare addosso no? Come l’acqua... E questa cosa qui mi ha aperto gli occhi sostanzialmente su come, in Italia e mondo, si fa carriera”.
Come è noto l’intera questione è stata oggetto di approfondimento in seno a una Commissione Parlamentare d'inchiesta, seguibile in streaming e in seconda parte secretata, quindi occultata al pubblico in collegamento, per questioni di presunta privacy.
Interessanti potrebbero intendersi qui delle considerazioni avanzate dagli autori dell’articolo del Fatto, quando si vengono a esprimere sostenendo che “Occorre ora una riflessione sulla governance della funzione di Vigilanza. Un primo passo sarebbe quello di istituire la regola della pubblicazione delle risultanze delle relazioni ispettive dopo un adeguato lasso di tempo (ad esempio 12 mesi) perché l’informazione non incida negativamente nell’opera di risanamento. Avere consapevolezza della obbligatorietà della pubblicazione, indurrebbe tutti i soggetti, controllati e controllori, a un’opera di concreto risanamento, senza ritardi e omissioni. Auspichiamo che la pubblica attenzione alla questione possa indurre un pro- cesso riformatore certamente utile alla reputazione della istituzione Banca d’Italia, per molti versi nel tempo avvilita.”
L'ipotesi introdotta potrebbe costituire una importante innovazione di trasparenza.
Ma i problemi dell’Italia ritenuti oggi più urgenti sono ben altri e si ama dimenticare quel vecchio motto siciliano che stigmatizza come in genere “U pisci feti ra testa“? Che letteralmente significa: “Il pesce puzza dalla testa”. Quando si vuol fare intendere che le origini dei comportamenti errati vanno ricercate nelle loro radici. Nel caso, fra teste pensanti e non pensanti, nel gran guazzabuglio dell'acquario senza ricambi e per la grande abbondanza, rimane solo l’imbarazzo della scelta.
Buona luce a tutti!
© ESSEC
Nessun commento:
Posta un commento
Tutto quanto pubblicato in questo blog è coperto da copyright. E' quindi proibito riprodurre, copiare, utilizzare le fotografie e i testi senza il consenso dell'autore.