venerdì 28 ottobre 2022

Il discorso di Roberto Scarpinato al Senato del 26/10/2022



“Signora Presidente del Consiglio, il 22 ottobre scorso Lei e i suoi ministri avete prestato giuramento di fedeltà alla Costituzione.
Molti indici inducono a dubitare che tale giuramento sia stato sorretto da una convinta e totale condivisione dei valori della Costituzione e dell’impianto antifascista e democratico che ne costituisce l’asse portante.
Sono consapevole che nel corso della campagna elettorale, lei Signora Presidente ha testualmente dichiarato: “la destra italiana ha consegnato il fascismo alla storia ormai da decenni, condannando senza ambiguità la privazione della democrazia e le infami leggi anti-ebraiche”.
Concetto che ha ribadito nelle sue dichiarazioni programmatiche.
Tuttavia lei sa bene che il fascismo non è stato solo un regime politico consegnato alla storia della prima metà del Novecento, ma è anche un’ideologia che è sopravvissuta al crollo della dittatura e all’avvento della Repubblica, assumendo le forme del neofascismo.
Un neofascismo che si è declinato anche nella costituzione di formazioni politiche variamente denominate che sin dai primi albori della Repubblica hanno chiamato a raccolta e hanno coagulato tutte le forze più reazionarie del paese per sabotare e sovvertire la Costituzione del 1948, anche con metodi violenti ed eversivi, non esitando ad allearsi in alcuni frangenti persino con la mafia.
Un neofascismo eversivo del nuovo ordine repubblicano che è stato coprotagonista della strategia della tensione attuata anche con una ininterrotta sequenza di stragi che non ha uguali nella storia di nessun altro paese europeo, e che ha vilmente falcidiato le vite di tanti cittadini innocenti, considerati carne da macello da sacrificare sull’altare dell’obiettivo politico di sabotare l’attuazione della Costituzione o peggio, di stravolgerla instaurando una repubblica presidenziale sull’onda dell’emergenza.
Ebbene non è a mio parere certamente indice di convinta adesione ai valori della Costituzione, la circostanza che Lei e la sua parte politica sino ad epoca recentissima abbiate significativamente eletto a figure di riferimento della vostra attività politica, alcuni personaggi che sono stati protagonisti del neofascismo e tra i più strenui nemici della nostra Costituzione.
Mi riferisco, ad esempio, a Pino Rauti, fondatore nel 1956 di Ordine Nuovo che non fu solo centro di cultura fascista, ma anche incubatore di idee messe poi in opera nella strategia della tensione da tanti soggetti, alcuni dei quali riconosciuti con sentenze definitive autori delle stragi neofasciste che hanno insanguinato il nostro paese, tra i quali, per citare solo alcuni esempi, mi limito a ricordare Franco Freda, Giovanni Ventura, Carlo Digilio, Carlo Maria Maggi, Maurizio Tremonti, tutti gravitanti nell’area di Ordine Nuovo.
A proposito di padri nobili e di figure di riferimento, mi pare inquietante che il 14 aprile del 2022 il deputato di Fratelli di Italia Federico Mollicone abbia organizzato nella sala capitolare di questo Senato un convegno dedicato alla memoria del generale Gianadelio Maletti, capo del reparto controspionaggio del Sid negli anni ‘70, condannato con sentenza definitiva a 18 mesi di reclusione per favoreggiamento dei responsabili della strage di Piazza Fontana del 12 dicembre 1969 che causò 17 morti e 88 feriti e che diede avvio al periodo stragista della strategia della tensione.
Proprio i depistaggi delle indagini posti in essere in quella strage e in tante altre stragi da personaggi come il generale Maletti, hanno garantito sino ad oggi l’impunità di mandanti ed esecutori, segnando l’impotenza dello Stato italiano a rendere giustizia alle vittime e verità al Paese.
Ebbene il deputato Mollicone ha definito il generale Maletti come un “uomo dello Stato che ha sempre osservato l’appartenenza alla divisa”.
Dinanzi a simili affermazioni, viene da chiedersi, Presidente Meloni, quale sia l’idea di Stato della sua parte politica.
Lo Stato di Giovanni Falcone, di Paolo Borsellino, e di tante altre figure esemplari che hanno sacrificato le loro vite per difendere la nostra Costituzione, oppure lo Stato occulto di personaggi come Maletti, traditori della Costituzione, che hanno garantito l’impunità dei mandanti eccellenti di tante stragi e dato assistenza e copertura agli esecutori neofascisti?
E mi sembrano coerenti con il suo quadro di valori di ascendenza neofascista, antinomici a quelli costituzionali, alcune significative iniziative politiche da Lei assunte nel recente passato.
Mi riferisco, ad esempio, al suo sostegno nel 2018 alla proposta di legge di abolire la legge 25 giugno 1993, n. 205 (c.d. legge Mancino) che punisce con la reclusione chi pubblicamente esalta i metodi del fascismo e le sue finalità antidemocratiche.
E ancora, a proposito della incoerenza del suo quadro di valori con quelli costituzionali, mi pare significativa la sua proposta di abrogare il reato di tortura subito dopo che tale reato fu introdotto dal legislatore il 14 luglio 2017, a seguito della sentenza di condanna del nostro paese emessa dalla Corte Europea dei diritti dell’Uomo per le violenze ed i pestaggi posti in essere dalle Forze di Polizia alla Scuola Diaz in occasione del G8 svoltosi nel luglio del 2001 a Genova.
La sua parte politica definì testualmente tale nuovo reato “una infamia” e lei Presidente Meloni dichiarò che il reato di tortura impediva agli agenti di fare il proprio lavoro.
Ho citato tali precedenti perché sia chiaro che non bastano né la sua presa di distanza dal Fascismo storico, né la cortese e labiale condiscendenza del neo Presidente del Senato Ignazio La Russa al discorso di apertura dei lavori del nuovo Senato della senatrice Liliana Segre, vittima della violenza fascista, per dichiarare chiusi i conti con il passato ed inaugurare una stagione di riconciliazione nazionale, che sarà possibile solo se e quando questo paese avrà piena verità per le tutte le stragi del neofascismo e quando dal vostro Pantheon politico saranno definitivamente esclusi tutti coloro che a vario titolo si resero corresponsabili di una stagione di violenza politica che costituì l’occulta prosecuzione della violenza fascista nella storia repubblicana.
Un paese che rimuove il suo passato dietro la coltre della retorica, quella retorica di stato che Leonardo Sciascia definiva il sudario dietro il quale si celano le piaghe purulente della Nazione, è un paese di democrazia incompiuta e malata, sempre esposto al pericolo di rivivere il passato rimosso.
E a questo riguardo desta viva preoccupazione la volontà da Lei ribadita di volere mettere mano alla Costituzione per instaurare una repubblica presidenziale che in un paese di democrazia fragile ed incompiuta, in un paese nel quale non esiste purtroppo un sistema di valori condivisi, potrebbe rilevarsi un abile espediente per una torsione autoritaria del nostro sistema politico, per fare rivivere il vecchio sogno fascista dell’uomo solo al comando nella moderna forma della c.d. democratura o della democrazia illiberale.
I problemi irrisolti del passato si proiettano sul futuro anche sotto altri profili che hanno una rilevanza immediata.
Può una forza politica che si appresta a governare con simili ascendenze culturali, ampiamente condivise dalle altre forze politiche della maggioranza, Lega e Forza Italia, attuare politiche che pongano fine alla crescita delle disuguaglianze e della ingiustizia sociale che affligge il nostro paese?
La risposta è negativa.
Perché questa crescita delle disuguaglianze e della ingiustizia non è frutto di un destino cinico e baro, ma il risultato di scelte politiche a lungo praticate dall’establishment di potere di questo paese che ha surrettiziamente sostituto la tavola dei valori della Costituzione con la bibbia neoliberista, i cui principi antiegualitari e antisolidaristici sono ampiamente condivisi dal grande e piccolo padronato nazionale. Lei signora Presidente e la sua maggioranza politica non siete l’alternativa all’ establishment.
Come attesta anche la composizione della sua squadra di governo e la crescente condiscendenza dei Palazzi del potere nei confronti del suo governo, siete piuttosto il suo ultimo travestimento che nella patria del Gattopardo consente al vecchio di celarsi dietro le maschere del nuovo, creando l’illusione del cambiamento.
Voi siete stati storicamente e resterete l’espressione degli interessi del padronato.
E quanto alla sua dichiarata intenzione di mantenere una linea di fermezza contro la mafia, mi auguro che tale fermezza sia tenuta anche nei confronti della pericolosa mafia dei colletti bianchi, che va a braccetto con la corruzione, anche se mi consenta di nutrire serie perplessità al riguardo tenuto conto che il suo governo si regge sui voti di una forza politica che ha tra i suoi soci fondatori un soggetto condannato con sentenza definitiva per collusione mafiosa che mai ha rinnegato il proprio passato, e che grazie al suo rapporto privilegiato con il leader del partito, continua a mantenere tutt’oggi una autorevolezza tale da consentirgli di dettare legge nelle strategie politiche in Sicilia.
Perplessità che si accrescono tenuto conto dell’intenzione anticipata dal neo Ministro delle Giustizia di tagliare le spese per le intercettazioni, strumenti indispensabili per le indagini in tale materia, di abrogare il reato di abuso di ufficio, e di dare corso ad una serie di iniziative che hanno tutte la caratteristica di limitare i poteri di indagine della magistratura nei confronti della criminalità dei colletti bianchi.
Noi siamo le nostre scelte On.le Meloni, e lei ha scelto da tempo da che parte stare.
Certamente non dalla parte degli ultimi, non dalla parte della Costituzione e dei suoi valori di eguaglianza e di giustizia sociale, non dalla parte dei martiri della Resistenza e di coloro che per la difesa della legalità costituzionale hanno sacrificato la propria vita.”

Buona luce a tutti!

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lunedì 24 ottobre 2022

Deleghe in bianco e interessarsi ad altro



Dicono che nelle carceri i malcapitati che non appartengono alla fronda dei rituali delinquenti incalliti rischiano di non passarsela tanto bene.
Le leggi interne non scritte determinano equilibri poco governabili, nonostante siano tutti costretti a vivere accomunati sotto un unico controllo carcerario.
Le recenti risultanze delle elezioni politiche, in qualche modo, sembrano voler andare a estendere pure all’esterno libero le tendenze pseudo gerarchiche anzidette.
Elezioni di soggetti discutibili e apertamente supportati da ex soggetti espulsi o allontanati - a seguito di sentenze passate in giudicato - da ruoli pubblici e dai partiti, patrocinano senza riserve o pudicizie, esternalizzandole di fatto, equilibri oggettivamente assimilabili alle logiche rappresentate nei contesti carcerari.
L’abitudine e l’indifferenza, nella disaffezione al voto, costituiscono un’assuefazione al triste fenomeno strisciante, che vede sempre più prevalere e comunque i desiderata del più forte che, a prescindere e al di la dai mezzi utilizzati, persuasivi, ricattatori o semplicemente violenti, continua a esercitare in pieno il proprio potere.
Con quest’andazzo, almeno al Sud, si viene sempre più a generare un certo parallelismo fra due forme di mafia parallele.
A quella classica infatti non si contrappone ma si affianca quella borghese politica che trova spesso convenienze e connivenze adiacenti e utili a tutti.
In qualche modo a tutto questo possono collegarsi le affermazioni del togato al CSM Nino Di Matteo, quando viene a dire, ad esempio, che condannati e indagati per mafia muovono ''i fili della politica in Sicilia''. In un recente evento pubblico l’ex P.M. ha detto anche che, in tutto questo, “i partiti non escludono dalle liste dei loro candidati questi soggetti, anzi spesso li cercano”.
Ancor peggio è che il fatto che il sistema politico complessivo, nel suo insieme, ha fatto ben poco per apportare innovazioni e regole necessarie e atte a impedire il ripetersi di fatti criminosi analoghi a quelli che hanno caratterizzato gli anni di fine millennio.
Ma credo che ancora una volta l’amministrazione della politica sembra riguardare i soliti ambienti e che la gente comune, sempre più impegnata a cercar di poter procurarsi i mezzi per sopravvivere, preferisca conferire ancora deleghe in bianco e interessarsi ad altro.

Buona luce a tutti!

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mercoledì 19 ottobre 2022

Giuseppe Ferla. Architetto palermitano



Per chi ritiene che l’età senile costituisce un peso per la società, come si usa spesso dire, l’architetto Giuseppe Ferla rappresenta la tipica eccezione che conferma la regola.
Bighellonando per i Cantieri Culturali alla Zisa con l’amico Salvo, durante una delle periodiche cacce fotografiche ci siamo casualmente imbattuti in Giuseppe Ferla, un affermato e prolifico architetto palermitano che, solitario, aveva appena aperto il suo stand dove erano esposte al pubblico le sue produzioni professionali in campo edilizio. 
Con enorme gentilezza si offrì a parlare del contenuto dei vari pannelli che mettevano in mostra una serie di progetti e disegni che riguardavano edifici di genere variegato. Erano in bella mostra i documenti inerenti a palazzi condominiali, strutture industriali, ville residenziali e tanto altro.
Nell'illustrazione dell’architetto Ferla c’era una esemplificazione dell’ampio raggio della progettazione di opere urbane ed extraurbane, con diversità dettate talvolta dal tipo di mandato ricevuto o dal fine realizzativo che gli era stato commissionato.
Come è noto l’architettura costituisce una forma d’arte a cielo aperto che si identifica con i periodi storici e questo, a prescindere dal genere, dalla destinazione sociale degli edifici realizzati e quant’altro.
Il Partenone, il Colosseo, Abu Simbel, le piramidi egiziane, quelle dei Maia e degli Inkas rappresentano ad esempio la testimonianze di civiltà passate che hanno saputo edificare manufatti monumentali; eccezionali se rapportati anche all'epoca della loro realizzazione.
In tempi più recenti in Italia il quartiere EUR di Roma, spogliandosi dai tanti preconcetti politici e al periodo storico cui lo stesso rimane legato, rappresenta anch'esso un importante complesso progettuale che, in modo completo ed esaustivo, ha costituito l'esaltazione architettonica di una certa idea di contesto residenziale.
In qualche modo, legati al ventennio fascista e ai successivi anni postbellici, si ricollegano pure i prototipi di quei villaggi modello di cui restano ancora diverse tracce nelle campagne siciliane e nell’Italia rurale. Al riguardo, una interessantissima opera editoriale, autoprodotta nel 2021 da alcuni fotoamatori dell'Associazione Le Gru di Valverde col patrocinio Fiaf, dal titolo "1925-1965 Borghi e Villaggi Rurali in Sicilia - Tutto Scorre" documenta e raccoglie una serie di belle immagini in bianco e nero integrate da scritte descrittive anche dei luoghi.
Come accade, purtroppo le esaltazioni e le decadenze culturali e politiche che si susseguono nel tempo condizionano, con pregiudizi che spesso non hanno nulla a che vedere con le soluzioni architettoniche in voga in particolari periodi temporali. Se poi sono legate a scelte di soluzioni esclusive o popolari poco importa, perché in ogni caso hanno corrisposto a visioni sempre identitarie di luoghi e tempi.
Tornando alla ricca esposizione di opere dell’architetto Ferla è da dire che ammirare i tanti disegni predisposti per realizzare molteplici progetti, a noi prossimi e che ci circondano nel nostro quotidiano, veniva a suscitare un certo effetto.
Poter poi interloquire con colui che aveva ideato nel tempo gli edifici è poi stato come dialogare con la storia. Non ultimo, anche per i tanti aneddoti collegati ai singoli progetti, che talvolta aggiungevano narrazioni e raccontavano di personaggi che enfatizzavano maggiormente le originalità di alcuni manufatti.
Dalla raccolta proposta, un particolare aspetto artistico traspariva poi da alcuni schizzi estemporanei che l’architetto Ferla aveva disegnato nelle pagine di diari, che datavano così il concepimento della stessa idea creativa.
Nel volume "Diario di Viaggio" curato da Mariella Nacci, nella prefazione che Leoluca Orlando intitola "Casa" e "Putia", centrando l'essenza dell'attività cinquantennale di Giuseppe Ferla, scrive tra l'altro che nel suo operato c'è la "missione di conciliare creatività e centralità dell'uomo con le strettezze delle normative e la disponibilità della committenza, evitando però di dar vita ad una edilizia massificata".
Per non tediare oltre, invito il lettore ad approfittare di eventuali analoghe opportunità, nel caso gli venisse concessa l’occasione, per poter rivivere il proprio territorio sotto un aspetto che oltrepassa i connotati strettamente tecnici e scolastici destinati solo agli addetti ai lavori.
Per chi volesse conoscere di più sul personaggio casualmente incontrato si rimanda al citato volume, edito nel 2019 da Amici di Plumelia (costo 25 euro), dedicato alla sua ricca attività professionale.

Buona luce a tutti!

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lunedì 17 ottobre 2022

Il discorso della Senatrice a vita Liliana Segre - Palazzo Madama 13.10.2022

Colleghe Senatrici, Colleghi Senatori,

rivolgo il più caloroso saluto al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella e a quest’Aula. Con rispetto, rivolgo il mio pensiero a Papa Francesco.
Certa di interpretare i sentimenti di tutta l’Assemblea, desidero indirizzare al Presidente Emerito Giorgio Napolitano, che non ha potuto presiedere la seduta odierna, i più fervidi auguri e la speranza di vederlo ritornare presto ristabilito in Senato.
Il Presidente Napolitano mi incarica di condividere con voi queste sue parole: “Desidero esprimere a tutte le senatrici ed i senatori, di vecchia e nuova nomina, i migliori auguri di buon lavoro, al servizio esclusivo del nostro Paese e dell’istituzione parlamentare ai quali ho dedicato larga parte della mia vita”.
Rivolgo ovviamente anch’io un saluto particolarmente caloroso a tutte le nuove Colleghe e a tutti i nuovi Colleghi, che immagino sopraffatti dal pensiero della responsabilità che li attende e dalla austera solennità di quest’aula, così come fu per me quando vi entrai per la prima volta in punta di piedi.
Come da consuetudine vorrei però anche esprimere alcune brevi considerazioni personali. Incombe su tutti noi in queste settimane l’atmosfera agghiacciante della guerra tornata nella nostra Europa, vicino a noi, con tutto il suo carico di morte, distruzione, crudeltà, terrore...una follia senza fine.
Mi unisco alle parole puntuali del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella: “la pace è urgente e necessaria. La via per ricostruirla passa da un ristabilimento della verità, del diritto internazionale, della libertà del popolo ucraino”.
Oggi sono particolarmente emozionata di fronte al ruolo che in questa giornata la sorte mi riserva. In questo mese di ottobre nel quale cade il centenario della Marcia su Roma, che dette inizio alla dittatura fascista, tocca proprio ad una come me assumere momentaneamente la presidenza di questo tempio della democrazia che è il Senato della Repubblica.
Ed il valore simbolico di questa circostanza casuale si amplifica nella mia mente perché, vedete, ai miei tempi la scuola iniziava in ottobre; ed è impossibile per me non provare una sorta di vertigine ricordando che quella stessa bambina che in un giorno come questo del 1938, sconsolata e smarrita, fu costretta dalle leggi razziste a lasciare vuoto il suo banco delle scuole elementari, oggi si trova per uno strano destino addirittura sul banco più prestigioso del Senato!
Il Senato della diciannovesima legislatura è un’istituzione profondamente rinnovata, non solo negli equilibri politici e nelle persone degli eletti, non solo perché per la prima volta hanno potuto votare anche per questa Camera i giovani dai 18 ai 25 anni, ma soprattutto perché per la prima volta gli eletti sono ridotti a 200.
L’appartenenza ad un così rarefatto consesso non può che accrescere in tutti noi la consapevolezza che il Paese ci guarda, che grandi sono le nostre responsabilità ma al tempo stesso grandi le opportunità di dare l’esempio.
Dare l’esempio non vuol dire solo fare il nostro semplice dovere, cioè adempiere al nostro ufficio con “disciplina e onore”, impegnarsi per servire le istituzioni e non per servirsi di esse.
Potremmo anche concederci il piacere di lasciare fuori da questa assemblea la politica urlata, che tanto ha contribuito a far crescere la disaffezione dal voto, interpretando invece una politica “alta” e nobile, che senza nulla togliere alla fermezza dei diversi convincimenti, dia prova di rispetto per gli avversari, si apra sinceramente all’ascolto, si esprima con gentilezza, perfino con mitezza. Le elezioni del 25 settembre hanno visto, come è giusto che sia, una vivace competizione tra i diversi schieramenti che hanno presentato al Paese programmi alternativi e visioni spesso contrapposte. E il popolo ha deciso.
È l’essenza della democrazia.
La maggioranza uscita dalle urne ha il diritto-dovere di governare; le minoranze hanno il compito altrettanto fondamentale di fare opposizione. Comune a tutti deve essere l’imperativo di preservare le Istituzioni della Repubblica, che sono di tutti, che non sono proprietà di nessuno, che devono operare nell’interesse del Paese, che devono garantire tutte le parti.
Le grandi democrazie mature dimostrano di essere tali se, al di sopra delle divisioni partitiche e dell’esercizio dei diversi ruoli, sanno ritrovarsi unite in un nucleo essenziale di valori condivisi, di istituzioni rispettate, di emblemi riconosciuti.
In Italia il principale ancoraggio attorno al quale deve manifestarsi l’unità del nostro popolo è la Costituzione Repubblicana, che come disse Piero Calamandrei non è un pezzo di carta, ma è il testamento di 100.000 morti caduti nella lunga lotta per la libertà; una lotta che non inizia nel settembre del 1943 ma che vede idealmente come capofila Giacomo Matteotti.
Il popolo italiano ha sempre dimostrato un grande attaccamento alla sua Costituzione, l’ha sempre sentita amica.
In ogni occasione in cui sono stati interpellati, i cittadini hanno sempre scelto di difenderla, perché da essa si sono sentiti difesi.
E anche quando il Parlamento non ha saputo rispondere alla richiesta di intervenire su normative non conformi ai principi costituzionali – e purtroppo questo è accaduto spesso – la nostra Carta fondamentale ha consentito comunque alla Corte Costituzionale ed alla magistratura di svolgere un prezioso lavoro di applicazione giurisprudenziale, facendo sempre evolvere il diritto.
Naturalmente anche la Costituzione è perfettibile e può essere emendata (come essa stessa prevede all’art. 138), ma consentitemi di osservare che se le energie che da decenni vengono spese per cambiare la Costituzione – peraltro con risultati modesti e talora peggiorativi – fossero state invece impiegate per attuarla, il nostro sarebbe un Paese più giusto e anche più felice.
Il pensiero corre inevitabilmente all’art. 3, nel quale i padri e le madri costituenti non si accontentarono di bandire quelle discriminazioni basate su “sesso, razza, lingua, religione, opinioni politiche, condizioni personali e sociali”, che erano state l’essenza dell’ancien regime.
Essi vollero anche lasciare un compito perpetuo alla “Repubblica”: “rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.
Non è poesia e non è utopia: è la stella polare che dovrebbe guidarci tutti, anche se abbiamo programmi diversi per seguirla: rimuovere quegli ostacoli!
Le grandi Nazioni, poi, dimostrano di essere tali anche riconoscendosi coralmente nelle festività civili, ritrovandosi affratellate attorno alle ricorrenze scolpite nel grande libro della storia patria.
Perché non dovrebbe essere così anche per il popolo italiano? Perché mai dovrebbero essere vissute come date “divisive”, anziché con autentico spirito repubblicano, il 25 Aprile festa della Liberazione, il 1° Maggio festa del lavoro, il 2 Giugno festa della Repubblica?
Anche su questo tema della piena condivisione delle feste nazionali, delle date che scandiscono un patto tra le generazioni, tra memoria e futuro, grande potrebbe essere il valore dell’esempio, di gesti nuovi e magari inattesi.
Altro terreno sul quale è auspicabile il superamento degli steccati e l’assunzione di una comune responsabilità è quello della lotta contro la diffusione del linguaggio dell’odio, contro l’imbarbarimento del dibattito pubblico, contro la violenza dei pregiudizi e delle discriminazioni.
Permettetemi di ricordare un precedente virtuoso: nella passata legislatura i lavori della “Commissione straordinaria per il contrasto dei fenomeni di intolleranza, razzismo, antisemitismo e istigazione all'odio e alla violenza” si sono conclusi con l’approvazione all’unanimità di un documento di indirizzo. Segno di una consapevolezza e di una volontà trasversali agli schieramenti politici, che è essenziale permangano.
Concludo con due auspici.
Mi auguro che la nuova legislatura veda un impegno concorde di tutti i membri di questa assemblea per tenere alto il prestigio del Senato, tutelare in modo sostanziale le sue prerogative, riaffermare nei fatti e non a parole la centralità del Parlamento.
Da molto tempo viene lamentata da più parti una deriva, una mortificazione del ruolo del potere legislativo a causa dell’abuso della decretazione d’urgenza e del ricorso al voto di fiducia. E le gravi emergenze che hanno caratterizzato gli ultimi anni non potevano che aggravare la tendenza. Nella mia ingenuità di madre di famiglia, ma anche secondo un mio fermo convincimento, credo che occorra interrompere la lunga serie di errori del passato e per questo basterebbe che la maggioranza si ricordasse degli abusi che denunciava da parte dei governi quando era minoranza, e che le minoranze si ricordassero degli eccessi che imputavano alle opposizioni quando erano loro a governare.
Una sana e leale collaborazione istituzionale, senza nulla togliere alla fisiologica distinzione dei ruoli, consentirebbe di riportare la gran parte della produzione legislativa nel suo alveo naturale, garantendo al tempo stesso tempi certi per le votazioni.
Auspico, infine, che tutto il Parlamento, con unità di intenti, sappia mettere in campo in collaborazione col Governo un impegno straordinario e urgentissimo per rispondere al grido di dolore che giunge da tante famiglie e da tante imprese che si dibattono sotto i colpi dell’inflazione e dell’eccezionale impennata dei costi dell’energia, che vedono un futuro nero, che temono che diseguaglianze e ingiustizie si dilatino ulteriormente anziché ridursi. In questo senso avremo sempre al nostro fianco l’Unione Europea con i suoi valori e la concreta solidarietà di cui si è mostrata capace negli ultimi anni di grave crisi sanitaria e sociale.
Non c’è un momento da perdere: dalle istituzioni democratiche deve venire il segnale chiaro che nessuno verrà lasciato solo, prima che la paura e la rabbia possano raggiungere i livelli di guardia e tracimare.

Senatrici e Senatori, cari Colleghi, buon lavoro!

venerdì 14 ottobre 2022

Ai tempi del 2.0 ........ Eroe sarebbe .......



La genialità di Vauro che realizza una emblematica vignetta ripresa da Marco Calamari, che viene a parlare di una sua personale iniziativa pro Assange e esprime delle realistiche considerazioni con un lucido articolo pubblicato su Economia & Finanaza Verde, fanno da cappello a quanto vengo a proporre.
Entrambi i presupposti dovrebbero indurre a riflettere sull’opportunismo cui spesso si ricorre nel fare della storia uno strumento sfacciatamente di parte.
Antifascista, fascista, partigiano, eroe, traditore, giuda, audace, coraggioso, pavido, etc. …… tutti termini e aggettivazioni che sempre tornano nell’attualità quotidiana per colorare spesso, con annacquati idealismi, propri punti di vista che sono solo opinioni.
La recente elezione alla presidenza del Senato della Repubblica italiana, al riguardo, può costituire un classico esempio che potrebbe ben associarsi ad alcuni dei termini predetti, magari anche a più di uno o assommarsi ad altri ancora che potrebbero tornare adatti.
Secondo la triste verità il fatto certo e acclarato è che la storia è scritta sempre dai vincitori, che presumono di fare cultura secondo la partigianeria e l’opportunismo del tempo.
Tornando al fenomeno Assange, colpisce l’indifferenza generale su un fatto di una gravità estrema riguardante la possibile estradizione negli USA di un giornalista.
Al di là delle proprie convinzioni che possono essere legate a pragmatismi giuridici più o meno intransigenti e “talibanesimi” vari, occorre mettere in luce come le regole comuni assunte alla coesistenza sociale - morali, giuridiche, costituzionali, religiose e chi più ne ha più ne metta – sono in ogni caso e in modo inconfutabile frutto di compromessi, assunti come utili per la convivenza.
Se viene posto fuorilegge a priori, senza entrare nel merito o sviluppare in modo trasparente il metodo di giudizio e in riferimento a quali leggi, chi svolge una attività giornalistica d’inchiesta che ha delle precise peculiarità in una società evoluta, forse si stanno trascurando le innumerevoli nefandezze che un sistema mediatico opaco - strumentalizzato sia economicamente che politicamente dal potere, quale esso sia - pone di fatto in essere in qualunque angolo civilmente organizzato del pianeta Terra.
Al riguardo, una recente interessantissima installazione (“False Flag” di Voluspa Jarpa) visitabile presso lo ZAC dei Cantieri Culturali alla Zisa di Palermo, curato da Beatrice Merz, sublima di certo l’argomento.
Nella locandina della mostra si legge che nell’opera d’arte moderna Voluspa Jarpa “ha cercato di capire il modo in cui i governi e le agenzie estere hanno operato al di fuori della legge, ripetutamente, in America Latina durante la Guerra Fredda e un’analisi di una serie di documenti che rivelano l’esistenza di Eserciti Segreti (Stay Behind) implementati dalla CIA e dalla NATO per prevenire l’avanzata della sinistra nell’Europa del dopoguerra, rivelati col nome di Operazione Gladio, all’inizio degli anni ’90 in Italia. I documenti desegretati dalla CIA in quattordici paesi dell’America Latina coprono un periodo dal 1948 al 1993”.
La locandina che accompagna la mostra a Palermo, che accomuna opere di quattro artisti (oltre a Voluspa Jarpa anche Guido Casaretto, Ra Di Martino e Petra Feriancova), riporta, tra l’altro, come: “Molti dei documenti presentano cancellazioni e censure e, proprio per questi segni grafici, non possono più essere considerati solamente testi da leggere ma acquisiscono lo status di immagini da osservare. L’installazione gioca in quello spazio diffuso tra testo e immagine, storia, bugie, censura e disinformazione”.
Quanto è esposto include anche ulteriori testimonianze archivistiche riferite ad altri contesti geopolitici, Italia compresa, inglobabili per analogia e similitudine all’importanza dei media e del giornalismo per calmierare le tante forme di censura diffuse nel sociale, a qualunque livello e in tutte le sfere che presuppongono gerarchie e potere.
Una galleria fotografica e di testate giornalistiche italiane consentono di ripercorrere vicende a noi più vicine e oggetto di denuncia ponendole all’attenzione dell’osservatore.
Per una maggiore completezza dell’intera questione, si rinvia a leggere sia l’accennato articolo di Calamari e, per quanto possibile, visitare l’esposizione intitolata ISOLITUDINE che verrà tenuta fino al 26 febbraio 2023 presso lo Zisa Zona Arti Contemporanee (ZAC) di Palermo, organizzata dalla Fondazione MERZ e che verrà certamente proposta in altri siti museali nazionali.
Altri strumenti a scelta del lettore torneranno pure utili per apprendere, approfondire e consentire di aver maggior contezza delle variegate problematiche sociali che investono, spesso anche in maniera violenta, l'eterno contraddittorio che inevitabilmente è sempre suscitato dalla reale gestione del potere.

Buona luce a tutti!

© ESSEC

giovedì 6 ottobre 2022

Civitavecchia Palermo ovvero Partenza e Arrivo (Slide show)

Per la visione dello slide show https://youtu.be/RU-bT1Zljm0

In qualche modo, direi che il testo che segue può corrispondere alle immagini dello slide show proposto e viceversa.
Ovvero, nel caso, le parole possono perfettamente coincidere e sostituirsi con i singoli fotogrammi, nel tentare di descrivere le sensazioni che, seppur personali e diverse per ciascuno, ogni volta accompagnano partenze e arrivi.

"Per chi ha sempre dei luoghi nel cuore, rientrare nella propria città ha sempre un sapore speciale e positivo. Non è come quelle partenze che, specie se obbligate e per qualunque causa, generano tristezze e innescano tanta nostalgia. Partenze in aereo o con treni ad alta velocità, però, non lasciano oggi molto tempo a emozioni particolari. Forse una delle poche circostanze che focalizza questi sentimenti rimane nella partenza in nave, dove i tanti passeggeri accompagnano con il proprio sguardo il lento allontanamento dal luogo di partenza o l’avvicinamento al porto di approdo. Una volta c’erano tanti congiunti e amici che accompagnavano nelle partenze e arrivi, che sostavano in banchina fino al ritiro degli ormeggi, oggi sono quasi sempre i soli protagonisti del viaggio che ripetono il rituale intimo del saluto. Ancor oggi tutti rimangono affacciati dai vari pontili della nave per bearsi della vista dell’intero panorama e poi focalizzare in dettaglio i punti specifici dei luoghi più familiari. La zona corrispondente al proprio domicilio e ai tanti rioni che conservano ricordi. I tanti campanili delle chiese attualizzano e rinnovano l’intera bellezza dei monumenti, mentre la mente vola nelle storie e accende fantasie. Partenze e arrivi sono pause concesse alla memoria che, rilassata e senza pressioni o tempi, rielabora frammenti di vita vissuta, con tutti i personaggi passati e presenti connessi alle tante vicende che – ancora oggi – conservano un significato. Ma per assioma anche chi è forestiero e visitatore dei luoghi non sfugge al momento nostalgico e riflessivo. Ogni panorama, così come ogni fotografia, risveglia in ciascuno l’onirico inconscio custodito nel personale che si mantiene velato e riaffiora imprevedibile come fosse solo perennemente sospeso. Come è noto nel linguaggio figurativo ogni immagine rappresenta la sintesi di un qualcosa e per ognuno, magari è diversa ma sempre piena di contenuti e di tasselli di un mosaico complesso. In campo artistico del resto c’è sempre un autore che propone e i tanti osservatori che leggono l’opera, la interpretano e la capiscono a proprio modo, secondo un loro sentire." (tratto da https://angolinodelfotoamatore.blogspot.com/2022/10/lalba-di-andromeda-e-concetti-di-limite.html#more)

Fotografie e montaggio: Toti Clemente (https://photoarteraccontarelarteconlafotografia.wordpress.com/)

Musiche: Piero Alicò e Duilio Saito

Buona luce a tutti!

© ESSEC

lunedì 3 ottobre 2022

Street Art in Molise: Civitacampomarano 2022


Per accedere allo Slide Show: https://youtu.be/uIZrdCDu4bM

Ci sono borghi italiani che lottano con tutte le loro forze per non scomparire. Riuscendoci. È proprio il caso di Civitacampomarano, che grazie ai suoi murales negli ultimi anni è diventato un vero e proprio caso in tema di slow tourism.

Buona luce a tutti!

© ESSEC