mercoledì 30 novembre 2022

Babele di file che alloggiano nella mente



Figurativamente ci si può immaginare il nostro vivere come un ritrovarsi in un immenso spazio, con tanti ambienti che costituiscono sale da ballo, teatri e tanti luoghi angusti; con luci soffuse e colorate, e con molte di quelle sfere dotate di moltissimi specchietti sfaccettati che riflettono immagini di un turbinio di individui in continuo movimento.
Nel vasto territorio, tanti suoni di voci che relazionano, declamano o che intonano ritmi musicali differenti, raffinati, tribali, evoluti, pop, punk, folk, etc... e il non pensare a tutto quello che vediamo, che seguita a correre veloce in un universo inimmaginabile e che ci pone indifferenti. Facendo tutti quanti base su un pianeta – che abbiamo chiamato Terra - composto da continenti (placche solidificate simili a croste) e masse d’acqua, che galleggiano su un magma infuocato che consente miracolosamente la vita, la nostra.
In superficie e con una atmosfera limitata e vulnerabile per l’attuale esistenza, noi masse d’umani ci dibattiamo, infatti, alleate o divise secondo ottuse convenienze. E così ciascun individuo resta fortemente impegnato a vivere la propria avventura (sostanzialmente individualista) senza addentrarsi o perdersi in visioni sociali e, più in generale, che non prefigurano o tantomeno necessitino di risposte certe o attendibili, sul vero valore o il significato dell’intera esistenza.
Intanto rimaniamo oggi impegnati nell'aggiornare l’almanacco perpetuo personalizzato che ci vede attori e che da qualche tempo veniamo tutti a scrivere. Annotando le tante riflessioni derivanti da letture, osservazioni o esperienze, ma principalmente da tracce fissate di vicissitudini vissute; che tendiamo a narrare al nostro alter ego riflessivo, che mira alla nostra conservazione e che, evolvendosi, annota e sedimenta nuove e sempre più tracce.
Per quanto ovvio, quindi, ogni individuo è intestatario di un maxi hard disk chiamato cervello, capace d’indefiniti Giga bite, nel quale viene annotato di tutto; più simile o connotabile a una specie di scatola nera (gps antesignano) che registra ogni cosa:, azioni, cognizioni, sogni notturni resettati nei risvegli mattutini, incontri, esperienze, fortune, disgrazie, e tutto quanto ci può accadere fin dalla nascita, partecipando alla vita.
Se dovessimo annotare nelle citazioni tutti i personaggi che ognuno di noi viene a conoscere lungo il suo percorso esistenziale, non basterebbero spazi su cui potere scrivere perché, riflettendoci, sono prossimi quasi al simbolo matematico d’infinito gli incontri giornalieri che, come in uno sliding doors indefinito, condizionano con l’annessa casualità la nostra vita terrena relativa (della cui temporalità spesso non abbiamo neanche piena coscienza).
Ma la nostra mente - sempre più evoluta - nel fare continue cernite selettive, conserva i dati combinati di ciò che le nostre connessioni logiche e le infinite sinapsi ritengono, in qualche modo, importanti. In questo, l’abitudine, l’istintivo spirito di sopravvivenza e, in una unica parola composita, quella che possiamo intitolare come cultura/ambiente ci induce a consolidare solo utili e importanti ricordi.
La scienza moderna sostiene, al riguardo, che i ricordi una volta compressi (con proteine nel cervello) rimangono immutati nel tempo ma, se fatti riemergere, possono mutare (come accade per le riaperture frequenti dei file fotografici in JPG ottimizzati), variando la loro consistenza, perfino a farli scomparire del tutto.
Queste brevi considerazioni sono eterne e connaturare all’essenza degli umani. Piero Angela ieri e Mario Tozzi oggi avrebbero potuto usare la dizione: “elementare Watson”: termini che il detective Sherlock Holmes usava proferire, nei romanzi di Arthur Conan Doyle, al suo fidato collaboratore durante lo svolgimento logico deduttivo delle loro indagini.
Pertanto, più semplicemente si può affermare: “nulla di nuovo sotto il sole”. Perfino e anche le evidenti distonie dell’individualità più intima dell’uomo rispetto ai comportamenti di stessi soggetti, però, riuniti in famiglie, clan, tribù, etnie, regioni, nazioni. Specie quando gli istinti di conservazione (sopravvivenza o potenziale pericolo percepito) hanno una supremazia naturale e prevalgono; rispondondendo, evidentemente, a quell'istinto primordiale che conserva solide radici nei DNA del cervello di ciascuno (come fossero dei files raw o nef grezzi e completi, presenti nell’archiviazione della fotografia dell’era digitale moderna).
Tutto risulta naturale quindi,con civiltà evolute e brutalità barbare che, molto più di quanto sarebbe lecito pensare razionalmente coabitano in gruppi eterogenei o marciano inconsapevolmente in percorsi paralleli. E non bastano le regole autoimpostesi dai popoli, neppure condivise o rispettate sempre, che per necessità di una pacifica convivenza antianarhica tutti adottano.
Razionale e irrazionale si trovano pertanto a convivere, correlandosi e miscelandosi in una babele mediata, in un globalismo molto teorico e di fatto ampiamente umano, fallace e imperfetto.
In tutto questo, per leggi di natura, nell’indifferenza esistenziale - e mantenendo inqualche modo l'incoerenza di fondo - continuano a prevalere le gioie per le nascite e il profondo dolore causato dalle cadenzate morti. Ma anche qui tutto rimane relativo, in relazione alla prossimità collegabile ai vari episodi che accadono.
Concludo questo strano e tortuoso scritto per dire che esso trova origine, nasce, oltre che dalle riflessioni espresse in premessa, anche da un triste evento che in questi giorni ha cancellato l’opportunità di poter continuare a godere dell’amicizia di un caro amico, venuto meno per le note leggi di natura.
Seguendo le regole assolute che propongono e eliminano incessantemente i personaggi che accompagnano l’esistenza nella nostra vita e che, infine, danno termine anche a noi stessi, in quel continuo movimento della fatidica ruota che, in fondo, costituisce l’unica vera certezza nella nostra umana esistenza.

Buona luce a tutti!

© ESSEC

martedì 22 novembre 2022

TrapanInPHoto 2022: "Ricordando Letizia Battaglia" con V. Greco, P. Pappalardo e F. Cito (Video)



Un libro in cui Letizia Battaglia si racconta a 360 gradi, evidenziando i retroscena materiali e psicologici che l'hanno accompagnata per tutta la vita è "Mi prendo il mondo ovunque sia", scritto con Sabrina Pisu ed edito dalla Einaudi (https://laquartadimensionescritti.blogspot.com/2021/02/letizia-mi-prendo-il-mondo-ovunque-sia.html)
Il filmato proposto ( https://youtu.be/920NrwKFIMc ) è ricco di spunti e denso di testimonianze dirette raccontate da chi l'ha frequentata e conosciuta.
Tra i tanti aneddoti narrati. Particolarmente toccante quello di Cito che riguardava l’ultimo incontro avuto con Letizia nello scorso marzo, presso il Fiof di Orvieto.
Dove, dopo aver acconsentito alla ennesima richiesta di allestire una sua mostra personale al Centro Internazionale di Fotografia di Palermo, gli venne spontaneo di rincorrerla prima che andasse via, per baciarla ancora una volta con affetto. Un gesto inconscio e a lui forse anche inusuale, quasi intuendo lucidamente che quel saluto, fra loro, due sarebbe stato l’ultimo.
Nel suo intervento Francesco Cito, a Valentina Greco (attuale responsabile dell’attività culturale del Centro) ha confermato la sua piena disponibilità per allestire quanto prima una mostra ai Cantieri Culturali alla Zisa di Palermo, per andare così a onorare quell’impegno solennemente assunto con Letizia.

Buona luce a tutti!

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lunedì 14 novembre 2022

TrapanInPhoto 2022: Lectio Magistralis di Francesco Cito

https://www.youtube.com/watch?v=Q_3-HG3BBp8&t=11s

"Brillante e interessantissima Lectio magistralis svolta a Trapani da Francesco Cito, con l’intervento del critico Maurizio Garofalo, presso il Museo di Arte Moderna "San Rocco".
Con leggerezza e ricchezza di contenuti, suffragati da una variegata contestuale proiezione di una moltitudine fra le più famose fotografie prodotte, i racconti di Cito hanno riassunto suoi momenti di vita, le sue parentesi, la sua affermazione come fotografo dalle origini ad oggi.
Ha citato del suo arrivo a Londra nel 1972 e della pratica dei vari mestieri per sopravvivere nella Capitale britannica, raccontando senza alcuna enfasi di quei classici casuali incontri che ti cambiano la vita (Inizia come fotografo nel 1975, con l’assunzione da parte di un settimanale di musica pop-rock), delle scelte immediate collegate al raggiungimento del suo obiettivo che era quello di fare il fotografo free-lance, libero di spaziare e realizzare servizi per assecondare sempre quello che è sempre stato il suo istinto. Il suo racconto, per come ce lo illustra, sembra quasi simile a una bella favola." https://youtu.be/Q_3-HG3BBp8

Buona luce a tutti!

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domenica 6 novembre 2022

Esicasmo come ricerca mistica di una pace interiore



In questo post non mi dilungo oltre alla sinossi a illustrarlo, in quanto la serie d'immagini costituisce il secondo dei lavori presentati nello stesso evento accennato nel precedente articolo "Apparenze, affetti, limiti e confini".

Sinossi.

"Agnostico è chi è cosciente di non sapere la risposta, oppure afferma che non è umanamente conoscibile una risposta e che per questo non può esprimersi in modo certo sul problema esposto. In relazione a ciò omette argomenti esistenziali, eliminando non soltanto la maggior parte della teologia popolare, ma anche quanto appartiene all'anti-teologia.
Ciò non toglie che sia sempre attratto dalle questioni e capita anche che l’obiettivo fotografico dell’agnostico possa costituire uno strumento per documentare risvolti attinenti all’argomento; ovvero che possano tornare anche utili nell’indagare, alla ricerca degli stati d’animo attraverso volti ed espressioni.
Da qui nasce la presunzione di poter entrare nell’universo mistico che ruota attorno all’universo religioso, al fine di tentare d’individuare la realtà più profonda dell’essere umano; nel cercare di coglierne l’essenza immortalando estetiche di sacerdoti, frati, suore e, in generale, di fedeli credenti.
Il fotografo, nel portfolio proposto, s’introduce nel “tempio” alla ricerca di un mistico che sente aleggiare nell’ambiente, difficile da immortalare in immagini se non, minimamente, attraverso la serenità liturgica rappresentata nei simboli e presente nei rituali connessi, oltre che nei visi dei credenti astanti.
Punto focale dell’intera sequenza potrebbe dunque essere la sola settima fotografia; ove la curiosità del fotografo cacciatore s’incrocia con lo sguardo sereno della monachella; la quale portando con sé dei testi teologici dell’esicasmo, suggerisce ciò che – al di la della vocazione o della fatidica “chiamata” - l’ha forse aiutato nella ricerca della sua pace interiore (in unione con Dio e in armonia con il creato). Uno strumento conoscitivo che le ha donato conforto e rafforzato certezze.
La chiusura scontata della sequenza del portfolio è costituita dall’indirizzamento gestuale di una suora che indica verso l’immagine di una madonna fuori campo a cui lei è devota e che sta a troneggiare, simbolicamente, sulla vallata sottostante abitata e assai lussureggiante (Foto 9 e 10)."

Buona luce a tutti!

© ESSEC

sabato 5 novembre 2022

Apparenze, affetti, limiti e confini.



Un recente appuntamento fotografico è stato per me occasione per procedere in una ennesima sperimentazione.
Certi contesti qualificati sono quelli ideali per introdurre novità che difficilmente verrebbero accolte in ambienti normalizzati - quali associazioni, circoli o contesti amicali fra fotoamatori - e così poter valutare a pieno e senza filtri le immancabili naturali reazioni.
Nello specifico avevo velocemente approntato due portfolio fotografici, in qualche modo ispirati dalla tematica “Confini”, argomento scelto quest’anno dalla Fiaf per i laboratori fotografici dell’associazione. Entrambi i prodotti non ambivano certo a concorrere per un premio, bensì ci si prefiggeva di verificare l’ampiezza del recinto “portfolio” e vedere le reazioni o, più semplicemente, valutare plasticamente l’effetto che si veniva a generare.
Sopravvenienze imponderabili mi hanno però impedito di completare l’operazione.
Solo uno dei due lettori prescelti poté procedere alle letture e, un allontanamento imprevisto, non consentì di completare l’esperimento.
L’impatto avuto fu quindi con l’unico esperto che, durante la lettura dei portfolio, sollevando i classici argomenti cui si è portati per giudicare educatamente e in maniera soft una proposta da bocciare, bloccò sul nascere la sperimentazione da me proposta; evidenziando un po’ e riproponendo lo stesso problema che ordinariamente nasce nell’osservare l’arte moderna.
In ogni modo un risultato c’è stato, per me utile, anche se limitato su un solo aspetto, rispetto all'atteso merito complessivo.
Di diverso nell'analisi della proposta c’era anche quello che, per quella branca artistica denominata "arte moderna”, è generalmente il pubblico a perdersi; mentre gli esperti critici e intellettuali sono coloro che si dilungano nell’elencare, a loro dire, i pensieri sottostanti e quelle forme di comunicazione sofisticate, che presuppongono particolare culture e preparazione non accessibili a tutti.
Voler sperimentare nel cercare di mescolare fotografia e arte moderna in un'unica lettura intendeva costituire uno step ulteriore, ma forse - e per certi aspetti - un pò troppo innovativo, che andava a complicare le cose, con il rischio di mescolare troppo e creare solo confusione.
Chi è abituato ad uno specifico lessico e linguaggio, venendo ad applicare solo l’approccio metodologico ed espressivo tipico della forma fotografica, inesorabilmente innescava un’operazione monca; essendo portato naturalmente a trascurare la visione più complessa (almeno questo era l’intento sperimentale supposto).
Quella rimasta adombrata, nella lettura del portfolio, era la parte di proposta che andava a costituire qualcosa di oggettivamente inusuale e diverso. Immaginando un metodo univoco e mediato che riuscisse a mettere innsieme, ad esempio, differenti tipologie di scale di misura (metri, litri, kg .... etc.).
Arte moderna e fotografia sono ormai connotate e riconosciute entrambe come forme d’arte che però, se si rova a combinarle insieme, almeno in un’unica lettura, possono alterare una visione panoramica che ne elimini i “confini” (tra installazione artistica e fotografia). Col rischio di generare in chi osserva confusioni, per gli intrecci e le reciproche invasioni di campo.
In conclusione, per cercare di rendere più chiaro quanto fin qui esposto, e andare al pratico, riporto la sinossi del primo dei portfolio presentati nell'occasione. Fra i due, era quello più difficile e, per talune spigolature e forzature visive, più complesso.
Rimane fuori da ogni discussione un aspetto, a mio vedere, fondamentale; cioè che qualunque creazione artistica deve sempre generare nel fruitore un'emozione e indurre l'osservatore ad andare oltre. Ma l'emozione è anche il denominatopre comune a tante manovre culturali che ambiscono a generare bellezza.
Per quanto ovvio, relativamente al portfolio prospettato, preme precisare che eventuali incongruenze, sgrammaticature o errori e ripetizioni, tipiche nella preparazione di un lavoro del genere, non sono qui da focalizzare oltremisura, proprio per l’intendimento di base che è sottostante all’intento sperimentale dell’operazione.

Sinossi

“Così come un artista vuole sempre rappresentare, con la sua opera, un’emozione e indurre l’osservatore a un pensiero, chi viene a fotografare l’arte interpreta il racconto che legge attraverso la propria mente, fissando con l’obiettivo della macchina fotografica angolazioni e dettagli. Fotografare l’arte, pertanto, non è solo documentare l’oggettività insita e esteriore dell’opera, ma cercare di andare oltre, nel cogliere particolari e sfumature che costituiscono le punteggiature di una sintassi grammaticale che può spesso anche discostarsi dall’idea dell’autore che quell’opera l’ha pensata. Il portfolio proposto, a mio parere, potrebbe già sintetizzarsi con un’unica immagine che racchiude in sé molti dei concetti esistenziali dell’essere umano in argomento (la numero sette). La sequenza raccolta vuole però discernere i capitoli essenziali della narrazione e che differenziano: infanzia, adolescenza, maturità e scoperta dei valori affettivi intimi che sono alla base di ciascun individuo. Passando drasticamente dai colori al bianco e nero, come per la consapevolezza che sono le gradazioni di grigio quelle che sedimentano meglio la maturità acquisita. Nella sequenza, oggetti inanimati, simbolici di ricordi di tanti momenti, ad un certo punto si riaccendono attraverso un incontro imprevisto che è documentato e che attualizza e accende un’emozione da tenere tra gli affetti che andremo gelosamente a custodire nel nostro tempo. Il titolo attribuito intende, quindi, rappresentare l’insieme delle virgole e della punteggiatura in genere che accompagna, differenziandola, l’unicità rappresentata in ogni singola esistenza.”

Quanto proposto, al di là del poter essere condivisibile, vuole rendere partecipe chi ricerca degli spunti, anche analoghi, per continuare a percorrere la strada della sperimentazione culturale (esposta al rischio di fallimento) che necessita sempre di novità, verifiche, sfide, rotture, provocazioni e pure di eresie.

Buona luce a tutti!

martedì 1 novembre 2022

La ruota del pavone, ovvero Fedro 3.0



I pavoni sono una interessante specie della fauna terrestre. In natura la loro enorme ruota è una forma particolarmente vistosa di corteggiamento finalizzata all’accoppiamento che risulta a loro indispensabile per la conservazione della specie.
In quanto esseri animali, anche noi uomini in alcuni casi seguiamo istinti primordiali che portano, talvolta, ad imitare comportamenti bizzarri di specie viventi a noi inferiori.
Allora può capitare che dei vanitosi si atteggino per loro indole a posture esagerate e pavoneggianti, magari con l’aggravante di specchiarsi per ammirarsi e, nell’ostentazione della loro stessa ampia ruota, furtivamente andare a cogliere l’impressione che la loro ennesima esibizione suscita fra gli astanti (aspetti però questi spesso rivelatrici d'insicurezze o paure artatamente celate).
Occasioni pubbliche sublimano quel vezzo che viene a ripetersi e accade pure che suoi fans (per non utilizzare a sproposito il termine discepoli) pendano pure dalle sue labbra, esageratamente supponenti, che intenderebbero perfino rivelare verità.

Accade, quindi, di rivedere metaforicamente un ripetersi di quella barzelletta dove Gesù cammina sulle acque. L’apostolo Tommaso che lo segue con fede, man mano che avanzano, segnala:

T – “Maestro, ma l’acqua mi bagna le ginocchia”,
G – “Tommaso, abbi fede e seguimi”,
T – “ma l’acqua mi ha preso anche per intero le gambe”,
G – “Tommaso, abbi fede e seguimi”,
T – “ma l’acqua mi arriva fino al torace”,
G – “Tommaso, abbi fede e seguimi”,
T – “ma Maestro, l’acqua mi arriva ormai fino alla bocca”,
G – “Tommaso smettila di rompere le scatole e cammina sopra le pietre come sto facendo io”.

Nella vita di ogni giorno capita di tutto e incontrare faune di personaggi variegati costituisce una regola. Importante è mantenere sempre lucidità, nel verificare luci, colori, apparenze, suoni e ascoltare, soprattutto e con tanta attenzione, il "verbo".
In questi casi si usa chiudere precisando che, ovviamente: "tutto è frutto di fantasia e ogni possibile riferimento a avvenimenti o persone è puramente casuale".

Buona luce a tutti!

© ESSEC