venerdì 24 maggio 2024

"Solo la verità. Lo giuro" di Antonio Padellaro



La scrittura di Antonio Padellaro contemporaneo corrisponde a un buon vino rosso che, invecchiando, tende a migliorare e a essere al contempo delicato e corposo.
In questa piccola recensione mi piace anche riportare un aneddoto dell’autore su quanto riferitogli da Eugenio Scalfari, che è anche abbastanza diffuso e assai comune.
Un aspetto che in qualche modo, ossessiona anche alcuni dei miei amici critici esperti di fotografia che, in quanto preparati e ottimi recensori, oltre a essere richiesti per confezionare prefazioni, vengono sollecitati ripetutamente a esprimere giudizi (possibilmente positivi) su libri omaggiati dai prolifici autori di turno.
Scrive al riguardo Padellaro: “Quando ero all'Espresso, Scalfari mi raccontava di essere continuamente infastidito dalla copiosa produzione di libri firmati da colleghi, amici o sottoposti. Sosteneva di avere gli scaffali ricolmi di volumi, perlopiù superflui. Peggio erano le molestie degli autori che dopo avere partorito pretendevano dal supremo direttore un giudizio, possibilmente benevolo. Lui, che le pagine di quei tomi lasciava inevitabilmente intonse, onde togliersi di dosso quei 'rompicoglioni' mi confidò di avere adottato una formula ineccepibile, composta da due magiche paroline: 'mi compiaccio'. Espressione, come ebbe a spiegarmi, sufficientemente cortese, perfino affettuosa ma che di per sé non esprime alcun giudizio di merito sugli scritti dei sedicenti Proust. Costoro, ricevuta l'augusta benedizione si allontanavano lusingati e confusi non avendo ben compreso se l'esame fosse stato superato oppure no."
Non è l'unico aneddoto riportato nel volume "Solo la verità. Lo giuro" edito nel corrente mese di maggio da Piemme, 182 pagine e dal costo di euro 18,90.
Le tante vicende e considerazioni illustrate avvalorano, peraltro, come corrisponda al vero il noto detto, il quale porta a dire che una volta arrivati a una certa età vengono a cadere quei freni inibitori, magari prima utilizzati nel ricorrere a ipocrisie strategiche. Quest’ultimo libro di Antonio Padellaro e i suoi venerandi anni, per l'appunto, ne sono l'aperta dimostrazione.
Retroscena del mondo della carta stampata si susseguono in aneddoti, frecciatine e non piccoli siluri, che vengono fuori dalla lettura di capitoli, rendendo complesso e diverso il panorama professionale apparentemente leggero del giornalismo nascosto ai comuni mortali. Quanto riportato nel libro costituisce, per noi lettori, uno specchio che consente di vedere l’altra parte della luna, quella costantemente nascosta e che permane in ombra.
Oltre alle sue origini siciliane, Padellaro mostra anche – e con quell’autoironia che lo contraddistingue – la genesi disincantata della sua fede politica, mostrando anche un certo parallelismo (per caratteristiche familiari/familistiche) con un altro cane sciolto del mondo giornalistico, a lui molto simile e a cui mi piace anche accostarlo: Alessandro Di Battista.
In un ambiente relativamente chiuso incline all’omertà, che spesso viene furbescamente utilizzata dai più per ricambiare con la stessa moneta chi si è manifestato scorretto, il cofondatore del "Fatto" sceglie nella sua narrazione un racconto sincero, con l'intento di offrire una verità senza fronzoli a chi lo ascolta e oggi lo viene a leggere.
Il libro recensito merita attenzione anche per la ricchezza d’informazioni che contempla, specialmente per l’ampio arco temporale sociale e politico nazionale cui si riferisce e che rappresenta in particolare l’ultimo trentennio italiano. In conclusione, per quanto possa valere un mio "giudizio", "Solo la verità. Lo giuro" comprova come l'onesta' intellettuale stia sempre per alcuni alla base (come per il navigato Padellaro) di ogni intelligente formula espositiva, qualunque sia lo schieramento in cui ci si collochi e ogni personale punto di vista politico.

Buona luce a tutti!


© ESSEC

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