lunedì 20 gennaio 2025
Buchi neri o ..... dolce navigare nel fantastico mare del cazzeggio?
Mentre vedo in TV, a tarda sera, i gol della partita di calcio del lunedì, mi arriva un msg di Raffaella che, in risposta ad un post girato prima, si addentra su questioni esistenziali latenti ed eterne. Nello specifico, collegato alle concezioni di tempo e luogo, in relazione a noi umani.
Da cosa nasce cosa e con un occhio sempre al video, per seguire la trasmissione televisiva, si avvia una chat che inesorabilmente mette in gioco pensieri che noi tutti in pubblico manteniamo ben nascosti; anche perché il mondo da adulti non vuole discutere su argomenti atavici, che nascono con noi, che non trovano mai soluzione e che ci porteremo dietro, irrisolti, fino alla fine.
In qualche modo e per molti aspetti, la conversazione a distanza mi porta alla memoria un articolo postato nel 2020 e a riesumare uno scritto, di qualche tempo e che avevo messo da parte, perché molto basato su sensazioni, fantasie, ipotesi aleatorie ed evanescenti.
"Un amico molto addentro e cultore della materia, ogni qualvolta che si viene a parlare di astrofisica mi fa notare che l'universo potremmo tranquillamente immaginarlo come un'esistenza indefinibile; un mega organismo che ha un proprio respiro. Per quanto ovvio non rapportabile a noi che rappresentiamo un infinitesimo di un qualcosa che ci rimane inimmaginabile, considerando anche la relatività di tempo/spazio che ci caratterizza.
Con l’aiuto delle fantasia i vari buchi neri, le nane bianche, e tutto quanto si annida nelle tante galassie potrebbero essere associati, quindi, a dei ritmi ciclici che si articolano e rinnovano mettendo in totale discussione ogni falsa illusione basata su staticità teoriche, che nella realtà non potranno mai esistere.
Sembrerebbe scientificamente provato, infatti, che viaggiamo immersi in un vento cosmico governato da principi e regole di fisica quantistica articolata in diverse dimensioni, che in continuazione creano e disfano singoli elementi o blocchi compositi, visibili e invisibili, che si associano e dissociano senza regole fisse a noi comprensibili.
In questo scenario l’evento morte potrebbe anche essere associato al collasso creato da un buco nero; che, nel caso, potrebbe anche corrispondente a un arresto delle microesplosioni e collassi nucleari che accadono nella complessa massa vivente della nostra materia.
Ma non è escluso che la concentrazione possa anche non produrre il repentino precipitare della stessa materia, così come saremmo portati a immaginare. Anche se, in un attimo, si viene definitivamente a fermare l’azione vitale dell’universo cerebrale prima manifesto.
Ogni forma di vita genera sue dinamiche e, durante il decorso, i tanti fenomeni fisici diffusi, restano sempre da leggere seguendo logiche complesse di una fisica quantistica e solo parzialmente a noi note. Il pensiero razionale potrebbe, quindi, portare a non escludere - e a far immaginare - la possibilità che ogni tipologia di morte possa quindi costituire la manifestazione di un buco nero; una precipitazione di materiale organico (indipendentemente dal tipo di conformazione cerebrale manifesta: animale o vegetale).
Nel caso animale, con le relative sinapsi che collasserebbero e si decomporrebbero a una velocità temporalmente relativa, collegata alla nostra dimensione nell’universo.
Senza escludere che, intanto, nel decadimento almeno, possano ancora perpetuarsi dialoghi (unilaterali) dei morti col mondo dei vivi, senza che ciò abbia a palesarsi in maniera evidente.
Status che giustificherebbero pure quelle sensazioni irrazionali di conforto, nel continuare a sentire interrelazioni, vibrazioni col defunto, corrispondente - e senza alcun dubbio, almeno per noi – a una vita inequivocabilmente e definitivamente spenta. Come talvolta accade fra vivi, per fenomeni di telepatia tra soggetti fisicamente lontani (aspetti illogici e irrazionali in relazione ai concetti fisici a noi noti).
Come, nel ritrovarsi una sera senza chiaro di luna, con illuminazioni pubbliche spente e in assenza di nuvole, e vedere ad occhio nudo brillare nel cielo un’infinità di piccole luci, risalenti anche a stelle morte, collassate da tempo.
In tutto questo, noi ci illudiamo di poter arrivare (o avvicinarci) un giorno a risposte certe, che però neanche il fideismo più ortodosso potrà mai dare.
Perché rimane impossibile e resterà sempre fuori da ogni logica il poter immaginare l’infinitamente piccolo, l’infinitamente grande, il significato della nostra dimensione.
Allora come chiudere la questione? Ateo, agnostico o l’aver fede? E poi, includere o escludere la posizione degli agnostici possibilisti nell'ombrello dell’ateismo?
Certo aver fede aiuta a non pensarci molto, riponendo tutte le domande dentro utili dogmi che portano sempre ad autoassolversi nei nostri comportamenti miseri del quotidiano.
Ma in fondo, non avere sufficiente conoscenza su questioni esistenziali e coscienza sul significato della nostra dimensione costituisce davvero un problema?
Alla luce dell’etica diffusa e della pratica reale certamente no.
Tra tanti scritti confusi mi ritrovo a rileggere una semplice considerazione che avevo appuntata…. Uomo: frutto del caso, mutato e destinato a mutare; processo di perfezionamento di un essere superiore destinato a morire.”
In conclusione, potremmo solo affermare una nostra verità, considerato che spingersi oltre le non certezze per più ampie visuali o rassicuranti risposte, immaginazioni e fantasie, potrebbero anche rivelarsi armi pericolose, quindi, da trattare con cura.”
Fine dell’appunto che avevo messo da parte, non tanto convinto dei contenuti, delle ipotesi teorizzate e delle tesi abbozzate.
Per la cronaca il risultato dell’incontro di calcio della sera è stato favorevole ai padroni di casa, che hanno vinto per due a uno, meritando il successo per aver disputato una buona partita.
Lo scritto, pur non conoscendolo, intriga Raffaella, le suscita interesse e così lo inoltro. Di seguito riporto l’articolata risposta che ne è scaturita.
"Come accennato l’altra sera non so nulla di fisica quantistica, tuttavia ti condivido i pensieri che sono scaturiti dalla lettura della tua bozza.
È stato come piegare il tempo (similmente come con un foglio di carta per avvicinare o far coincidere i suoi lembi opposti) un fantastico “non salto” di 38-40 anni che mi ha riproposto pensieri ed alcune fantasie giovanili.
Perché ti dico ciò?
Ero un’amante del cielo notturno, con una marea di notti passate ad ammirare le stelle, alternando contemplazione ed introspezione sino alla loro fusione, godendo delle vibrazioni che ciò mi provocava, sia positive sia negative. Ricordo che allora avevo un’ossessione dell’infinito, cosa c’è dopo il cielo… dopo la galassia… prima o poi dovrà finire… ed intorno cosa c’è… Viaggiavo sotto le stelle con la mente spaziando tra le molte domande, avendo un pensiero ricorrente se la terra, i pianeti fossero solo degli enormi atomi che formano delle molecole di chissà quale altra materia o organismo?
Questo, oltre che essere il pensiero più ricorrente, era anche quello più lineare perché due cose accumunavano il tutto: la complessità e la precisione dall’infinitamente piccolo all’infinitamente grande. Per questo, fu il pensiero che mi aiutò a spegnere tutte le domande ed accettare il fatto che una risposta non c’era o, se ci fosse stata, non sarebbe stata alla mia portata, in quanto ero solo un essere infinitamente piccolo dentro un tutto infinitamente grande e misterioso.
L’ansia dell’infinito era stata così accantonata, ma vibrazioni, emozioni, pensiero cercavano ancora risposte.
Cos’è il pensiero, come nasce… io sono ciò che esprimo interiormente o ciò che la mia fisicità manifesta agli altri… che scopo ha la mia vita dove è iniziata e dove finisce… Ovviamente non trovai le risposte e nemmeno la serenità.
Così soffocai tutte queste domande con l’iperattività tenendo occupato il tempo e soprattutto la mente, giusto il tempo di sperimentare la vita, un saltino di 30 anni dopo il quale le domande, affrontate con una maturità diversa, sono state lo strumento che mi hanno permesso di prendere coscienza di me.
Fatta questa premessa, utile a mio avviso per farti capire che il tuo testo ha aperto un vaso di pandora, nel senso che mi ha riportata in un periodo della mia vita molto sofferto; quindi, riferito non ai mali del mondo ma a quelli che allora definivano il mio malessere interiore.
Ciò detto, il testo l’ho trovato molto stuzzicante, la prima parte è molto fluida e di facile comprensione.
Mi è piaciuto il parallelismo tra i buchi neri e la morte, pur non trovandomi pienamente d’accordo sul discorso delle sinapsi. Infatti, se ho capito bene, tu ipotizzi che quanto generato dalle sinapsi possa propagarsi dopo la loro inattività dovuta alla morte, al pari della luce delle stelle che noi ancora oggi a distanza di miliardi di anni percepiamo.
Io invece ipotizzo che il pensiero, così come le vibrazioni emozionali siano generate da un’energia che è io chiamo il mio IO interiore o Anima svicolata dal corpo fisico, non generata da esso ma in esso di passaggio.
A me piace pensare che questa energia orchestri le sinapsi e che al loro decadimento le abbandoni per andare oltre, mantenendo la sua identità e la memoria. In sintesi al decadimento del corpo non associo il decadimento dell’anima ma la sua liberazione.
La parte finale non mi è molto chiara, a mio avviso manca un allaccio tra quanto illustrato fino lì e le domande che poni “Allora? Ateo……” in quanto prima non hai mai fatto cenno alle diverse correnti di pensiero ma le hai date per scontate.
Uomo: frutto del caso, mutato e destinato a mutare; processo di perfezionamento di un essere superiore destinato a morire… questo appunto è una sintesi spettacolare. Su questa frase sai quanti ‘cazzeggiamenti’ (nella tua accezione perché ancora al momento non me la sono fatta mia)?
La prima domanda che mi porrei io: mutazione e perfezionamento individuale o sociale?
La difesa dell’individualità è mero egoismo o necessità autentica per salvaguardare il proprio IO o Anima?
Gli altri come strumento di crescita o crescita come potenziamento della capacità individuale per arrivare alla capacità di essere società nella migliore delle accezioni?...
Tornado al testo, sicuramente ciascuno davanti alle grandi domande della vita reagisce in modo del tutto personale, abbracciando il pensiero che più si avvicina al suo sentire e soprattutto che più lo appaga.”
La risposta ricevuta da Raffaella, scorre fluida e parallela, mettendo in campo altre chiavi di lettura.
I due testi, costituiscono uno scritto a quattro mani che confrontandosi si sfiorano, alimentano tante ipotesi, teorie fantasiose, dando così vita ad un composito suggestivo sano “cazzeggio”.
Buona luce a tutti!
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