lunedì 27 gennaio 2025

Quel maledetto 10 ISP, come marchio indelebile



Inevitabilmente, quando capita di incontrare amici in quiescenza con i quali, nonostante tutto, si è riusciti a creare un profondo rapporto di vera amicizia, si discute senza pregiudizi su taluni aspetti critici di quello che era stato il contesto lavorativo. Dissertando liberamente su punti e debolezze che, se fossero stati affrontati in modo saggio, avrebbero probabilmente comportato apporti migliori.
La recente lettura del libro “Banche d’Italia &”, scritto da Francesco Salvio, ebbe a portare al centro della discussione la tematica dei sistemi valutativi a loro tempo adottati nei rispettivi contesti di lavoro. Pienamente consapevoli di venire a trattare di aspetti organizzativi arcaici che nel tempo, con piccole variazioni, si erano sempre più consolidati e che risultano approfonditi nelle pagine del libro prima citato.
Di regola i giudizi annuali rappresentavano la sintesi dell’attività svolta e costituivano elementi probanti di merito in caso di partecipazioni a prove selettive per eventuali sviluppi di carriera. L’argomento era stato già trattato in un articolo intitolato “La valutazione del personale”, postato nel sito web Economia & Finanza nel 2019.
Nell'articolo, in quella circostanza, erano però stati esclusi altri momenti valutativi che assumevano, almeno nel contesto lavorativo che mi aveva interessato, più peso dei giudizi periodali; costituiti dai temutissimi e più pesanti 10 ISP, che sembra rappresentino ancora delle vere e proprie schedature individuali.
Spesso Marcature a vivo capaci d’influenzare fortemente ogni possibilità di carriera futura oltre che di condizionare a vita l’attività lavorativa ordinaria, nell’assegnazione a uffici, compiti e mansioni. (positivamente o negativamente a secondo del caso).
Per intuibili ovvie ragioni le note in questione rappresentavano molto spesso giudizi improbabili, discutibili, talvolta azzardati, per le evidenti scarse basi cognitive dei giudicanti, peraltro guidate da logiche non sempre razionali. Le sintesi di attitudini e capacità potenziali, infatti, essendo incentrate su brevi interviste (occasionali, talvolta pure influenzate da pregiudizi, per nomee o sentito dire), potevano anche essere contaminati da possibili empatie/ostracismi estemporanei, frutto d’incontri/scontri o più semplicemente di cariche cerebrali nel contesto.
I 10 ISP, redatti in occasione d’ispezioni interne, avevano cadenze diradate (all’incirca quinquennale), ma assumevano valori valutativi quasi probanti, che andavano ben oltre le analoghe rilevazioni locali annuali, nel caso forse più attendibili, anche perché più aggiornate e sintetizzanti osservazioni di prestazioni lavorative continuative di un intero anno.
L’argomento, individuato dai tre per l’analisi, veniva a suscitare partecipazione anche per le vicissitudini dirette e diversificate vissute da ciascuno di loro. Non era stato scelto a caso, pure perché li portava a discutere sul ruolo, che a vario titolo e per durate diverse, era stato direttamente esercitato nel corso di rispettivi e differenti incarichi ispettivi.
Nello specifico, pur avendo maturato varie esperienze nel ruolo, tutti e tre erano stati testimoni di vissuti nei diversi fronti (valutati passivamente dai loro superiori in grado e a loro volta giudicanti come parti attive nell’esercizio delle funzioni).
Ci si trovava comunque d’accordo nell’osservare che, in qualche modo, i giudizi valutativi potessero risultare anche tranchant, specie in assenza di veri riscontri oggettivi.
Avrebbero forse potuto avere un certo senso funzionale nei casi di valutazioni complessive settoriali riguardanti istituzioni esterne, magari come elementi di contorno nella valutazione di specifici comparti, nello svolgimento d’indagini di vigilanza, ma al contempo si conveniva che altre considerazioni potevano e dovevano essere assunte in tutti i casi riferibili ad ispezioni interne, ovvero svolte dalla stessa istituzione per la valutazione oggettiva, in funzione organizzativa, dei propri impiegati.
Comunque rimaneva condivisa da tutti e tre i convenuti la potenziale pericolosità funzionale le delle due differenti tipologie di valutazioni.
Nello specifico, come già evidenziato e direttamente sperimentato, i sopravvalutati e più incisivi giudizi simili ai 10 ISP, redatti da ispettori interni, costituivano un vero e proprio casellario, contenenti i dati raccolti in “fascicoli personali” specifici per ogni singolo dipendente.
Costituivano fonti informative di primo livello sui soggetti promuovibili; ogni volta al vaglio di commissione d’esami o negli scrutini di avanzamento in grado (per soli titoli o collegati a prove di merito, non comportava alcuna differenza). Si trattava sempre di strumentari procedurali quasi dogmatici. Tramandati e che costituivano prassi utili a orientare l’agire di ogni commissione, creando intangibili presupposti per sbarramenti e penalizzazioni stagnanti.
Anche se fra i tre interlocutori nessuno era stato componente di commissioni d’esami ne ebbero esperienza (diretta e indiretta) nel corso della loro carriera.
Uno di loro ne aveva avuto prova evidente, con l’accesso agli atti, venendo ad acquisire il suo 10 ISP della sua prima ispezione subita, redatto dopo soli pochi anni d’attività lavorativa, sulla base di risposte spontaanee e genuine, sicuramente sincere e igenue.
La fotocopia del documento evidenziava una sottolineatura palesemente ripetuta di un giudizio “non positivo” che, evidentemente, era stato preso in esame varie volte e certamente ogni qualvolta le varie commissioni ne avevano preso visione in occasioni di avanzamento (di grado e, quindi, economico) o in vista di altri esami di merito.
Quel 10 ISP costituiva una prova inconfutabile di un “carico pendente”; un giudizio che non mostrava possibilità di riscatto anche se ascrivibile a un’epoca giovanile. Più che un giudizio costituiva quasi una sentenza definitiva e senza appello.
Si è sempre trattato – e sembra si tratti ancora – di una pratica laica, avulsa anche da qualunque forma cristiana di riscatto, o riguardo a remissioni d’eventuali peccati (qualora fossero stati commessi e ascrivibili a tali).
Nel raccontare del suo caso, l’interessato ebbe a riconoscere che solo grazie all’onestà intellettuale di un ex dirigente, che componeva la commissione d’esame, che aveva avuto l’occasione di osservarlo sul campo e quindi modo di conoscerlo veramente, gli consentì di trovare una fortunata via d’uscita, bloccando gli altri componenti della commissione nella reiterazione di un’ulteriore fucilazione. Ma la fortuna costituisce sempre un’eccezione e di certo non faceva parte del sistema.
Ciascuno dei tre amici, nel ravvivare ricordi, ebbe a riesumare vari personaggi del tempo; un'affollata pletora sciasciana di: “Uomini, mezz’Uomini, Ominicchi e Quaquaraquà”.
La lettura del libro "Banche d'Italia & ... - Quando la burocrazia è ottusa, stravolge e condiziona" era stato l'incipit che aveva portato a discutere della questione a distanza di anni, per riflettere e meglio valutare; ben consci che ormai tutto quanto costituiva un vintage che non riusciva a suscitare vere emozioni. Azzeccata al riguardo risultava, quindi, la citazione di Erasmo da Rotterdam e riportata da Francesco Salvio sul libro come sottotitolo: "E in definitiva la vita degli uomini nient'altro è che un gioco della pazzia".

Buona luce a tutti!
© Essec

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A comprova dell'aleatorietà dei giudizi, si riportano di seguito due reali valutazioni formalizzate su Mod. 10 ISP per uno stesso soggetto, formulate a distanza di anni, da due differenti gruppi ispettivi:

1) "Elemento un po' polemico, non è del tutto soddisfatto del tipo di lavoro che è chiamato a svolgere e che tuttavia adempie con precisione ed ordine. Il senso del dovere di cui è dotato gli consentirà sempre di non demeritare ma riteniamo che, perdurando nelle sue convinzioni, non sarà possibile chiedergli l'entusiasmo necessario per ulteriormente migliorarsi". (Per quanto superfluo le frase: "Elemento un po' polemico" e "non sarà possibile chiedergli l'entusiasmo necessario" risultavano sottolineate con matita rosso/blu ..... come quelle che una volta si usavano a scuola ..... sottolineature evidentemente operate dai componenti delle varie commissioni d'avanzamento chiamate a valutare il contenuto dei fascicoli personali).

2) "Serio e riflessivo si dedica ai compiti affidatigli con diligenza e senso di responsabilità. Animato dal desiderio di ben figurare , egli mostra un vivo interesse per il lavoro fornendo all'economia complessiva dell'ufficio un apporto senz'altro apprezzabile. Egli affronta con approccio critico e propositivo le problematiche operative ricorrenti contribuendo, anche sulla base di approfondimenti normativi, alla loro soluzione. Trattasi in sostanza di un elemento in possesso di una buona conoscenza professionale del comparto su cui può farsi affidamento".

Due giudizi assolutamente antitetici con i quali, come detto, due Gruppi ispettivi andavano a fotografare lo stesso soggetto. In periodi ovviamente diversi e, soprattutto, con giudizi su quando, allo specifico tempo. era chiamato a svolgere; con mansioni totalmente differenti. Frustranti, ripetitive e alienanti nel primo caso; stimolanti, di contenuto concettuale e variegato nel secondo. Ma i documenti costituivano entrambi elementi probatori come base cognitiva per i periodali confronti di merito.

Altro spazio potrebbero poi meritare i commenti su quegli ulteriori extra bollettini che venivano redatti dai capigruppo sui soggetti in accompagnamento per attività ispettive.
Nella maggior parte dei casi ondivaghi e fortemente dipendenti dal reale livello professionale (indipednentemente dal grado ricoperto), spesso discutibile, di coloro che erano chiamati a formularli.
Queste valutazioni, nel caso e fortunatamente, andavano però ad incidere esclusivamente sulla idoneita' all'espletamento della particolare attività e sull'eventuale potenziale capacità gestionale autonoma del collaboratore sottoposto a giudizio.

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