mercoledì 9 aprile 2025

Marzia Rizzo, in arte Zazie



L’instancabile Arturo Safina questa volta ha organizzato un incontro streaming che ha consentito, ai soci di Colori di Sicilia e a me come ospite, di conoscere il pensiero e le variegate produzioni di Marzia Rizzo, in arte Zazie.
Durante l’interessantissima serata, che ha pure visto interventi, considerazioni e quesiti appropriati dei partecipanti, abbiamo avuto modo di conoscere l’ampio raggio produttivo della fotografa milanese, facendo emergere innumerevoli spunti, utili a comprendere quanti possibili motivazioni possono indurre all'approccio dei tanti appassionati nelle sfaccettate forme di fotografia.
Più volte la Rizzo ha sottolineato come per lei la fotografia rappresenti un mezzo, un’occasione, quasi un pretesto per allargare le sue conoscenze e procurare occasioni di confronto. Poiché gli incontri, specie quelli rivolti alla ritrattistica o alla street, presuppongono approcci finalizzati ad apprendere, nell'ascoltare storie, nell'essere disposti ad acquisire visioni altrui, alla ricerca di possibili empatie.
Conoscevo Marzia per le sue innumerevoli iniziative intraprese in tempo di Covid, dove veniva a proporsi come conduttrice di incontri con fotografi - o addetti ai lavori del settore – più o meno conosciuti.
In una veste, quindi, d'intrattenitrice per lo più impegnata a valorizzare e a far conoscere lo spirito degli artisti e personaggi coinvolti.
Un’attività, quindi generosa, cioè non volta a mettere sé stessa in un piedistallo, per mostrare attività e produzioni personali, bensì rivolta a far conoscere e valorizzare quelli che fungevano da ospiti.
In breve tempo, i suoi incontri riscossero successo, talvolta pure fidelizzando, e costituirono una serie d’interessanti appuntamenti che periodicamente permisero a tanti di poter evadere dalla potenziale paranoia causata dalla pandemia.
Tornando alla serata d’ieri, Zazie questa volta è stata chiamata a porre al centro dell'attenzione la sua figura, i suoi progetti, le sue fotografie, la sua filosofia artistica, i fondamentali che da sempre l’hanno spinta a questa attività, non escluso il suo impegno didattico.
Con grande mia sorpresa, sono venute fuori tante Marzie, differenziate dalle diverse epoche temporali, dalle occasioni, dagli stimoli, dalle esperienze. Tutto quanto - e sempre - con un comune denominatore: in ogni rapporto, ovvero il desiderio perenne di sperimentare, senza paura di rimettersi ogni volta in gioco.
Ne è scaturito che la sua attività di fotografa è sempre stata e continua a essere varia, mutevole; calamitata da voglia e curiosità di conoscere il nuovo; senza mai adagiarsi a quelle potenziali formule di successo che spesso ingessano tanti artisti (con l'illusione d'essere arrivati) e che tendono a mutare irrimediabilmente la passione in mestiere, fatto di semplici routine artigianali spacciate come "pseudo novità creative".
Quanto postato su Instagram, oltre che nel suo sito web, costituiscono validi esempi di tutto quanto Zazie ha voluto trasmettere durante la serata.
In alcuni momenti adattata agli sviluppi che si venivano a prospettare in base a quanto detto, da lei o dagli spettatori presenti all’incontro. Tutto quanto raccordato dalla sapiente cucitura dell’amico Arturo.
In conclusione posso affermare che l’incontro è stato un’occasione utile per tutti i presenti.
Le articolate discussioni e i tanti lavori definiti o work in progress, nel loro insieme infatti, hanno consentito di andare a focalizzare l’aspetto artistico-sociale che - anche a nostra insaputa – avvolge il mondo della fotografia.
Roba non di poco conto direi.

Buona luce a tutti!

© Essec

lunedì 7 aprile 2025

L’orologio alla parete segna le 10,10 ma non si capisce se sono a.m. o p.m.



Sono stato più volte invitato a soffermarmi su una fotografia e disquisire su di essa, utilizzando l’approccio con il quale normalmente mi accosto alle cose e che più mi risulta spontaneo.
Nel libero vagare, con la leggera filosofia del cazzeggio, mi piace affrontare e analizzare quasi esclusivamente ciò che m‘intriga, m’impressiona.
Messaggi che appaiono evidenti, impliciti ed espliciti, quindi più o meno nascosti, che ciascuno osservatore vuole vedere, anche attraverso personali filtri creati da esperienze, o solo frutto di fantasie, o dei retaggi di tabù o persistenti tare e insopprimibili fissazioni.
Da tenere conto, in questa operazione, che non tutti sono però disponibili a esporsi pubblicamente, forse anche per dei limiti nel cercare di manifestare pienamente il proprio pensiero o per la difficoltà di venire a parlare di cose e aspetti di cui si continua ad avere paura.
In relazione alla premessa appena fatta, mi avventuro a cercare di sviluppare delle mie impressioni su questa pittura realizzata da SID, un artista a tutto tondo che esprime con invidiabile padronanza la sua arte concettuale, perfettamente consona al complesso e variegato contesto sociale in cui ci troviamo tutti quanti a vivere.
Il quadro in questione, realizzato nel 2014, infatti, è una fotografia emblematica dei nostri giorni.
Se l’opera sia stata realizzata con oli, tempere o altro materiale e su una tela o una carta, piuttosto che post prodotta visivamente attraverso una reflex, un cellulare, per realizzare una fotografia e “scrivere con la luce” non mi è dato a parere e, comunque, avrebbe poca importanza.
All’espressione artistica, a mio parere, non possono mai essere posti paletti.
Tutte le formule idonee ed ogni mezzo prescelto dall’artista o occasionalmente utilizzati per poter narrare rimane legittimo e assolutamente valido. Talvolta anche nel voler dire di se stessi, dando la falsa impressione di parlare d'altri.
In ogni caso, per mettere d’accordo chi teorizza limiti e barriere, facciamo conto che in questo caso si stia parlando di una fotografia, realizzata dallo stesso autore o da qualcuno che non conosciamo.
Al riguardo è anche bene tenere conto, nei tempi attuali che vedono crescere l’utilizzo dell’Intelligenza Artificiale, che se fotografia è linguaggio malleabile e che reflex (o cellulari) sono lo strumento per scrivere con la luce. Occorre entrare in qualche modo anche nell’ordine d’idee nuove e assecondare la logica di poter realizzare e proporre fotografie attraverso l’utilizzo della IA; disponibili a mescolare i termini nei processi produttivi d’immagini; financo aprendo anche alla potenziali creatività concettuali di disabili anche non vedenti.
Tornando al quadro, sono moltissimi i simboli in esso rappresentati, evidenti o meno a secondo di quanto viene da ciascun osservatore attenzionato.
Sono, infatti, innumerevoli i dettagli collegati all’atmosfera che aleggia nella stanza rappresentata, dove sono disseminati tanti oggetti simboli o che inducono ad allegorie.
Il sipario del palcoscenico raffigurato nell’interno di un teatro è ancora chiuso, ma le luci accese, poggiato a terra, potrebbe lasciare presagire l’inizio imminente dell'evento e il soggetto in primo piano o quello accanto a lui (forse l’animo nascosto o solo la sua controfigura) potrebbe essere il protagonista della rappresentazione scenica.
Bottiglie piene, non ancora aperte e altre più numerose poste accanto e messe alla rinfusa vogliono dare anch’esse il messaggio di aver fatto da tramite per superare ipotetiche paure.
L’orologio alla parete segna le 10,10 ma non si capisce se sono a.m. o p.m., pertanto non si riesce a comprendere se la rappresentazione deve iniziare o se il sipario si è appena chiuso. Prima ipotesi e seconda ipotesi restano entrambe associate all’attonito personaggio posto in chiara evidenza in primo piano.
Un impatto immediato rimandava da subito all’urlo di Munch che fa da sfondo e che si bilancia col somigliante omino sofferente che fa da protagonista (presente/assente) e che rende drammatica l’intera scena.
Una macchina fotografica posta a margine, ma al centro, dell’intera scena non è un dettaglio da poco, almeno per l'autore del quadro, e tende forse a fornire forse la chiave di lettura dell’insieme del dipinto.
Probabilmente il tutto è il risultato di un selfie (dall'inglese self-portrait photograph) ovvero "autoritratto fotografico", che racchiude i tanti elementi vissuti dal protagonista.
SID potrà pertanto certamente essere l’unico depositario delle sue vere intenzioni creative, ma ciò non toglie che l’osservatore potrà certamente fantasticare e andare anche oltre; forse pure intuire e leggere anche il subconscio (suo o dell’artista), usando il passepartout che consente di leggere l'arte.

Buona luce a tutti!

© Essec

venerdì 4 aprile 2025

“Venghino, signori venghino” (Tempo di seconda mano)



Se l'algoritmo ti scopre come fotoamatore non potrai certo sfuggire a tante emai allettanti. Non credo, infatti, di essere l’unico a ricevere ogni giorno e da ogni dove una miriade di messaggi per andare a partecipare ai più vari concorsi fotografici.
Montepremi in denaro, attestati per le tante articolate tematiche ……. Con un approccio sottinteso del tipo “venghino, signori venghino” ….. medaglie abbondanti e premi e cotillon per tutti.
L’obolo previsto non è mai tanto esoso, atteso che con pochi euro si potranno ricevere diplomi e riconoscimenti utili ad appagare spesso attese e alleviare frustrazioni competitive patite.
Ormai, muovendoci in un sistema volto principalmente a lucrare anche nel dispesare benessere, torna anche conveniente venire a gratificare e concedere prestigi a tutti, quindi: encomi democratici, stellette, like e opportunità per successi virtuali.
Tutto sommato accade quanto in parallelo da tempo succede nel conseguimento di titoli accademici, dove scuole private, attraverso rette accessibili, consentono a chi lo vuole facili conseguimenti di diplomi e lauree.
Scappati di casa potranno così esibire agognati attestati di lauree brevi o specialistiche o diplomi, per un mercato del lavoro politicizzato dove più che il merito prevale il titolo acquisito (o acquistato, fate voi) nei tanti proliferanti centri nazionali ed esteri.
Riguardo all’abbondanza di titoli di studio possono essere d’esempio già gli Stati Uniti d’America, dove le differenze di classe sono spesso indipendenti e non proprio conseguenti al livello sociale di nascita o dai possibili acculturamenti conseguiti.
Rimangono per questo di tutta evidenza le condizioni celle quali ci si trova a vivere: Limousine, tran tran anonimi, homeless, drogati, cocainomani o poveri cristi a seconda del censo d'appartenenza.
Tutto è alla luce del sole, con lussi sfrenati e miserie evidenti che convivono in parallelo in una società sempre più abituata all’indifferenza; con una partecipazione sempre più minoritaria a democrazie arcaiche e leader che si inabissano e ritornano assecondando i cicli umorali della gente.
“Tempo di seconda mano” con sottotitolo “La vita in Russia dopo il crollo del comunismo”, scritto da Svetlana Aleksievic nel 2013 e premio Nobel per la letteratura nel 2015, rappresenta uno spaccato realistico di un’altra umanità. Dove la confusione succedutasi al crollo dell’Unione Sovietica sta evidenziando tutti i caratteri che affollano la specie umana.
Incredibili esistenze, crisi di valori, aspetti nichilistici, barbarie naturali, cattiverie diffuse, generosità senza limiti, abbondano nelle oltre settecento pagine dove la Aleksievic si limita a riportare ciò che la gente spontaneamente vuole che lei scriva.
Nessun giudizio o aggettivazione accompagna le storie, riportare quasi in modo asettico come se fosse la scrivana di lettere per conto di soggetti confusi ma quasi mai analfabeti. Anche nella realtà narrata appare, ad un certo punto dell'evoluzione sociale, l'inconsistenza e la valenza pratica dei titoli di studio conseguiti in quel sistema pseudo comunista, che pure assicurava cultura a tutti per l'ideale socialista, a prescindere dall'appartenere a un ceto.
La trasversalità dei racconti interessa i vari angoli della convivenza umana, evidenzia un filo rosso che sottende ad ogni organizzazione sociale. Pseudo democrazie e totalitarismi si confondono nei rispettivi contesti amministrati secondo progetti politici o pseudo anarchici dell’uomo.
Negli USA, in Europa, nello smembrato impero ex comunista e in ogni angolo del mondo si sviluppano esistenze che annoverano stessi sentimenti; fatti d'innamoramenti, convivenze, vite parallele, tradimenti saltuari, compromessi, più o meno civili abbandoni definitivi, riconciliazioni frutto di ripensamenti o convenienze. Il tutto in modo più o meno esplicito, secondo le convenzionali vigenti nei reciproci assetti sociali e le relative regole di convivenza.
Forse è questa la chiave di lettura che permette di capire l’attribuzione del premio Nobel fatta a questa opera letteraria. Intensa, coinvolgente, significativa, a tratti monumentale e quasi enciclopedica delle possibili espressioni della natura umana.
Un’opera che potremmo definire "sempreverde" per l'attualità estrema che manifesta; un lavoro che rimane assai difficile da raccontare a parole per le molteplici sfaccettature di realtà poliedriche.
Un Caleidoscopio che miscela esistenze apparentemente semplici e dove convivono il male e il bene, l’assolutismo e i valori ideali, la generosità e l’egoismo estremo, l’assenza di colori tenui e il prevalere dei contrasti accesi. Bianchi e neri che, dominando tendono a occultare la valenza delle tonalità di grigio.
Il libro è anche una raccolta delle tante realtà post comuniste che si sono messe in luce nei vari specifici contesti tempèorali, condizionati anche da ataviche e confuse lotte etniche, sempre sottotraccia, di dominio e indipendenze, traspaiono dai tanti soggetti intervistati e chiamati a raccontare le loro storie.
La maggior parte delle storie derivano da delle registrazioni curate direttamente dall’autrice, realizzate con il consenso degli interessati, ma nelle pagine si alternano anche molteplici frasi, quasi frutto di estemporanee e veloci stenografie, poste volutamente in modo frammentario, come a voler maggiormente sottolineare concetti, le storie collegate ai contesti.
In conclusione, dopo aver letto quest’opera, dura e composita, rimane più che valida considerazione che Erasmo Da Rotterdam esprimeva sull’umanità, riportata in copertina del libro “Banche d’Italia & …. Quando la burocrazia è ottusa, stravolge e condiziona”, che recita: “E in definitiva la vita degli uomini nient’altro è che un gioco della pazzia”.

Buona luce a tutti!

© Essec