sabato 22 novembre 2025
Nicola Scafidi – Fotografie
È stato sicuramente - senza alcuna ombra di dubbio - uno dei maggiori testimoni della fotografia siciliana di fine secolo.
Le sue immagini di reportage raccontano la Sicilia in chiave "verista", tanto da indurre a ricercare per andare oltre quanto è riuscito a catturare entro i margini di ogni suo scatto.
Coloro che oggi sono canuti e anche quelli di qualche anno più giovani, osservando le foto hanno modo di riconoscere l’atmosfera di quelle epoche, i personaggi, le scene e gli attimi fuggenti fissati nello scatto.
Figlio di fotografo a sua volta, il suo desiderio era in origine quello di operare nell’ambito della filmografia, ma tali opportunità non erano coerenti con le disponibilità economiche e con quanto poteva offrire la città di Palermo.
La professionalità assunta nella piena attività presso lo storico studio paterno, ubicato in via Mariano Stabile, fece sì da creare molteplici incontri professionali con i tanti registi affermati che si trovarono a operare nell’ambito siciliano. Da Luchino Visconti a Dino risi e a tantissimi altri.
Il libro fotografico “Nicola Scafidi – Fotografie”, pubblicato da Federico Motta Editore nel 2001, rappresenta il catalogo della mostra esposta ai Cantieri Culturali alla Zisa di Palermo, curata da Mario Bellone che ne scrive la prefazione intitolata “Lo sguardo non indifferente”; un titolo che dice tutto sull'intera produzione fotografica del fotografo siciliano.
Il sottotitolo corrisponde pienamente al modo di operare, apparentemente distratto, dei fotografi altamente talentuosi. Per Scafidi ne ho avuto la prova diretta seguendolo nella sua azione durante il matrimonio di amici.
Nel suo commento inserito nel volume e che costituisce, di per sé, la fotografia di un condensato di un’epoca storica, Nino Giaramidato chiude dicendo di lui “Era il testimone di una Sicilia senza assetto, che tendeva verso qualcosa, ovviamente di incompiuto come è nel cromosoma isolano.” Aggiungendo poi: “Tutto raccontato in mezzo secolo di scatti. Senza risparmio. Una coscienza civile che non di rado oltrepassa quella personale dell’autore, per dare alla fotografia il carattere di documento tagliente, con sotto la gelatina il sentire di quel tempo, le angosce e le speranze, le tristezze profonde e i rari momenti di allegrezza. Ecco il grande film che Nicola Scafidi ha saputo girare.”
La postfazione di Etrio Fidora inizia: “Quando io sono entrato a L’ORA Scafini ce l’ho trovato già, entrambi poco più che ragazzi ma lui già scafato di mestiere e con parecchie foto già firmate che poi sarebbero divenute autentiche perle d’archivio. Parlo di una testata che negli anni Cinquanta inaugurò un modo nuovo di essere giornalisti…. E proprio anche per lo spazio che dava all’immagine, alla forza del documento fotografico, alla emozione che sapeva produrre.”
Sfogliando le pagine del libro, nell’osservare le fotografie che ritraggono il cadavere di Salvatore Giuliano ucciso a Montelepre, si coglie anche il taglio precursore delle immagini che successivamente saranno scattate (negli anni ottanta e novanta) sui morti ammazzati di mafia. Che verranno realizzate - in vario modo ma con un medesimo stile - dai vari Santi Caleca, Letizia Battaglia, Franco Zecchin, Franco Lannino, Salvo Fundarotto, Fabio Sgroi, e tanti altri.
Seguendo la logica culturale che vale anche nella fotografia, ogni attore tende a seguire sempre solchi tracciati da chi c’è stato prima. Al riguardo, certamente i vari Enzo Sellerio, Ferdinando Scianna, Giovanni Leone e altri affermati professionisti, avranno inciso nel modo di intendere la fotografia di Nicola Scafidi e probabilmente avranno tutti quanti all'unisono fatto da scuola, almeno in Sicilia.
Sfogliare il libro induce all’attenzione, per soffermarsi, oltre che alla composizione ai contenuti e i particolari racchiusi nelle inquadrature.
Una raccolta che costituisce la collezione di foto mai banali, ricche di dettagli, che raccontano e – in parte – rappresentano pienamente la storia della Sicilia dell’epoca.
Scrivere altro per descrivere un volume fotografico sarebbe sicuramente un’operazione superflua, poiché tutte quante le immagini parlano da sole e le sobrie didascalie sono quasi un di più.
Per farsi un’idea e costruirsi un giudizio occorre procurarselo e godersi la se visione della immagini.
Buona luce a tutti!
© Essec

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