domenica 31 maggio 2009

"Ho visto antiche amicizie nate dalla notte al giorno, eventi dolorosi usati per sostenere nuove versioni" di GIUSEPPE D'AVANZO e CONCHITA SANNINO

NAPOLI - Signora Francesca D. F., che grado di parentela ha con i genitori di Noemi? "Sono la zia, moglie del fratello di Anna Palumbo, la madre di Noemi". Ha precedenti penali, signora? Sa, dobbiamo chiederglielo perché, per alcuni, il testimone non va valutato per quel che dice, ma per quel che è. "Non ho precedenti penali". Qualcuno nella sua famiglia ne ha? "No". Ha motivo di risentimento nei confronti di sua cognata o della sua famiglia, o della ragazza? "Assolutamente no. Ho ottimi rapporti con Anna, con i genitori di Anna e con i suoi fratelli. Anzi, ho condiviso finora con altri membri della famiglia l'imbarazzo, il disagio e la sofferenza che questa situazione non del tutto limpida, sta provocando. Ci sono troppe bugie. Circostanze che contrastano con quello che abbiamo sentito e visto in famiglia". Gino Flaminio fa parte delle bugie o della realtà vissuta in casa Letizia? "Gino è stato il fidanzato di Noemi esattamente per il periodo da lui descritto al vostro giornale. Vi incontravate anche con Gino? "Certo, è accaduto più di una volta. Con l'andar del tempo, è nato un legame tra questo ragazzo e la nostra famiglia. Non mi pento di averlo avuto in casa". Gino fa parte della realtà della famiglia Letizia e tutti noi lo abbiamo conosciuto e soprattutto apprezzato fino a quando i rapporti tra loro si sono deteriorati. È un bravo ragazzo. Amava davvero Noemi e Noemi gli era molto legata". Lei sa che il padre di Noemi ha minacciato querela per quello che Gino ha ricordato? "Sì, purtroppo l'ho sentito ai tg, e ancora mi chiedo come sia stato possibile questo. Gino ha avuto parole di assoluto rispetto per tutti, per Noemi, per i suoi genitori, per noi. E anche per Berlusconi. Qual è la sua colpa? E perché accanirsi contro un ragazzo senza alcuna difesa?". Lei sa che Gino nel 2005 è stato condannato per rapina? "Quando lo abbiamo conosciuto era già un operaio. Ma sapevamo che c'era una macchia nel suo passato. E in ogni caso, il suo errore, quale che sia stato, non ha mai costituito un ostacolo al loro affetto, né all'amicizia che il ragazzo ha dimostrato ad Anna e ad Elio, peraltro venendone ricambiato". Lei ha letto la testimonianza di Gino? "Certo, e mi ha provocato una grande emozione. Perché ho visto per la prima volta, in questa storia di bugie, una persona dire le cose come stanno, con un coraggio che nessuno finora nella mia famiglia ha avuto". E lei perché solo adesso ha deciso di offrire la sua testimonianza? "E ancora avrei voluto tacere. Ma dopo aver visto la violenza della discussione a Ballarò, ho deciso di farmi viva. Ho visto troppe cose che non vanno. "Antiche amicizie" nate dalla notte al giorno. Fidanzati comparsi dal nulla. Dolorosi eventi che hanno afflitto la famiglia, utilizzati per sostenere nuove versioni dei fatti che hanno coinvolto mia nipote Noemi: come il riferimento a una lettera di cordoglio. E' con molto strazio che mi sono decisa ora a parlare. Mi sono tormentata in queste settimane". Perché lo fa? "Se devo dire la verità, lo faccio per i miei figli perché devono poter credere che esiste il vero e il falso, il buono e il cattivo. Voglio che sia chiaro che, per quanto mi riguarda, in questa storia non c'entra nulla la politica, nulla i complotti, ma solo la necessità di non vergognarsi quando ci si guarda allo specchio perché si è dovuto avallare una storia che, se non fosse così dolorosa, in famiglia sarebbe una barzelletta di cui ridere". Lei, quando ha sentito per la prima volta di Berlusconi in famiglia? "Alla fine del 2008, tra novembre e dicembre, ho visto per la prima volta durante un pranzo familiare Noemi alzarsi da tavolo allo squillo del suo cellulare, e l'ho ascoltata dire papi. Non avevo assolutamente idea, all'epoca, chi potesse essere. Ho pensato a un gioco tra ragazze. Notai soltanto che intorno a lei ci si dava da fare per evitare ogni curiosità". Quando ha sentito per la prima volta indicare Berlusconi come una presenza familiare? "Posso dirlo con certezza. L'11 gennaio 2009, il giorno del compleanno di mio figlio. Io organizzai una piccola festicciola. E seppi, quella sera, che si stavano preparando grandi festeggiamenti per i diciotto anni di Noemi. E che alla festa avrebbe partecipato, a meno di impegni improvvisi, anche Silvio Berlusconi". Addirittura tre mesi prima, si contava sulle presenza a quel tavolo del presidente del Consiglio? "A me fu detto che dovevamo "prepararci" per quello. La conferma della presenza del capo del governo sarebbe arrivata solo a Pasqua". E poi? "Mi fu detto che Berlusconi chiese espressamente a Noemi di essere invitato e pretese di ricevere dalle sue mani l'invito. Non so se poi Noemi lo abbia raggiunto a Roma e come siano andate le cose. In ogni caso, nella nostra riunione di famiglia al pranzo di Pasqua, ci fu confermato ancora di "prepararci" perché avremmo conosciuto il presidente il 26 aprile, alla festa organizzata nel ristorante di Casoria". Che idea si è fatta della conoscenza tra Berlusconi e Noemi? "So soltanto quel che mi ha raccontato Anna, mia cognata, la madre di Noemi. Anna sosteneva che il presidente del Consiglio aveva per mia nipote l'affetto di un padre. Ricordo l'espressione: "l'ha presa a cuore". Io non ne dubitai. Noemi è sempre stata una brava ragazza, dolce, buona. Con un grande sogno: fare la ballerina, l'attrice o la showgirl. Ricordo che in famiglia si diceva: "Magari così, Noemi entrerà dalla porta principale". Si intendeva dalla porta principale nel mondo dello spettacolo. E d'altronde la stessa Noemi - ho letto - lo ha già detto in un'intervista. Come peraltro Anna. Nelle primissime interviste, mia nipote e mia cognata sono state sincere e hanno raccontato in pubblico ciò che dicevano a noi in privato. E stato dopo che ho visto troppe cose confondersi". Vuole darci la sua opinione su questa storia? "Sono molto preoccupata per la mia famiglia. Se mi espongo così, lo faccio perché siamo una famiglia di gente semplice e per bene. Parlo dei fratelli di Anna, dei suoi genitori, degli altri cognati, dei nostri figli e nipoti, tutti ragazzi sani. Tutti trascinati, dalla mancanza di chiarezza e sincerità, in una situazione che ci imbarazza moltissimo".
(28 maggio 2009)

http://www.repubblica.it/2009/05/sezioni/politica/berlusconi-divorzio-3/zia-di-noemi/zia-di-noemi.html


giovedì 28 maggio 2009

Racconta brevemente il film che ti è piaciuto di più

Il film brevemente che mi è piaciuto di più l'ho visto proprio ieri, e si chiamava «Odissea». Ora io ve lo racconto. C'era una volta Ulisse, che aveva incendiato la città di Troia. Lui aveva usato lo stratagemma del cavallo legnoso, e così uccise tutti. Allora la guerra era finì, e lui doveva ritornarsene a casa. Casa sua si chiamava «A Itaca». Allora si mise in viaggio, e viaggiava, viaggiava, viaggiava sempre. Ora lui, d'ora in poi, passò tanti di quei guai, ma tanti di quei guai, che furono mille guai! Il primo guaio che passò fu Polifemo. Era una grotta grandissima, con un pettine grandissimo, un asciugacapelli grandissimo, un pezzo di formaggio grandissimo, un letto grandissimo. Entra Polifemo, un mostro gigante con un occhio solo. Lanciò un urlo grandissimo, poi vede ai compagni di Ulisse e se li mangiava. Ma nessuno voleva morire. Volevano vivere un altro po'. Uno gridava: «Polifemo, non mi mangiare, mangiati a quell'altro!», ma Polifemo proprio a lui se lo voleva inghiottire: l'aveva visto bene che era grassottelle! Allora Ulisse gli faceva bevere un vino stordito, e Polifemo cadeva dal sogno. Zitti zitti gli ammarrarono1 l'occhio, e se ne fuggono. Allora il gigante gridava, ma nessuno lo sentiva, e alla fine pure lo sentirono gli altri mostri, e gli dicevano: «Chi ti ha scavato quell'occhio?», e Polifemo diceva «nessuno» e gli altri dicevano allora sei scemo. E così Ulisse fuggì. Ma ci fu un altro guaio. Certe sirene mezze pesce e mezze donne cantavano, cantavano una bella canzona. E Ulisse ci fa mettere due tappi di sughero di butteglia nelle orecchie ai suoi amici, ma lui non se li fa mettere, e quando quei mezzi pesci cantano, lui si vorrebbe buttare nel mare, ma è legato, e nessuno se ne fotte di lui. Poi alla fine lo libberano, ma subbito passa un altro guaio. Lui incontrò il dio dei venti, che gli diede un sacchetto con i venti, ma i compagni aprono il sacchetto e la nave se ne va sotto sopra. Allora sbarcano dalla maga Circe, che è un altro guaio. La maga come li vede lì trasforma in porci, però no a Ulisse; Ulisse è più forte e non vuol diventare porco. Così libbera i suoi amici e saluta la maga Circe. Più tardi muoiono tutti, però Ulisse è ancora vivo. Torna a casa, torna, ma un angelo lo fa diventare vecchio come un vecchio, e gli dice di non dire niente chi è lui. Ma il cane Argo se ne accorge, e dopo trecento anni che l'aspettava muore. Torna a casa, torna, dice tutto al figlio che non mi ricordo come si chiama. Il figlio è furbo, dice: «Oipà, non ti preoccupare, ora li scanniamo come i piecori!». Allora si preparò un bel tranello, una specie di trabbocchetto. Era un arco duro, che nessuno sapeva far funzionare. Allora tutti i Porci tentavano, facevano i buffoni, facevano i guappi, si sparavano le pose!2 Ma nessuno ce la fece. Allora viene Ulisse, e tutti ridevano, lo chiamavano moscio moscio, ma lui ce la fa, e tutti corrono dalla paura, e Ulisse diventa giovane e duro, e le porte sono tutte chiuse, e Ulisse e il figlio uccidevano coi colpi in testa. Alla fine lavarono il pavimento di sangue con una specie di varrecchina, e se ne andarono a dormire.
1 Acciaccarono l'occhio.
2 Si davano delle arie.

Marcello D'Orta (IO SPERIAMO CHE ME LA CAVO - Sessanta temi di bambini napoletani - 1990)

Alessandro Bergonzoni - Inedito

Non entro nel merito della missione “militare” o di “pace”,di “guerra” o di pace libera tutti o libera alcuni,o di uno due tre tutti giù per terra…..Non entro nel merito delle possibilità che si avevano di spiegare meglio a tutti e prima il tipo di altezza o di bassezza(?) del rischio della suddetta missione; lascio tutto questo all’onestà, alla curiosità intellettuale e storica, all’intelligenza spero non di parte dei cittadini comuni, dei soldati, dei politici dei giornalisti, ma quello che mi interessa e’ altro: dopo i funerali spettacolari, i servizi iper televisivi, il giornalismo da tinello alle spalle dei parenti dei carabinieri di Nassirya, vedo che ancora si riesce a commemorare, forse anche giustamente, la ricorrenza di un mese dalla morte di quegli uomini, ma solo quella dei “nostri diciannove”, e si dimentica o quasi, quella per esempio dei sei bambini caduti in una adiacente guerra sotto il fuoco cosidetto “collaterale”, figli solo di una “disgrazia” involontaria (9 morti a Ghazni e 6 a Gardez in Afghanistan) A questo punto, premesso ciò che ho detto sopra sul concetto di giustezza di questa guerra e dei suoi mobili moventi, chiedo se qualcuno di noi riesce a sfilare almeno simbolicamente davanti a quelle macerie di tomba o a passare accanto a quelle famiglie che hanno sempre un dolore scomposto per quei cadutini a quanto pare non nostri e non ancora eroi! (e parlo di questi15, tra i tantissimi che tutti i giorni, a gruppi ben più folti di diciannove alla volta, tra l’altro non soldati, non volontari, e non consapevoli, cadono senza indagini, spiegazioni o onori….)

E’ gente che non rientra nel rinnovato e fulgido concetto di patria che unisce, ahimè, non tutti, non qualsiasi morto….

Non ho visto servizi speciali,giornalisti a occhi lucidi,commemorazioni struggentemente solenni,ospiti del mondo dello spettacolo,della fiction ne di guerra ne di pace, o personaggi della cultura commemorare nemmeno simbolicamente i famigliari dei bimbi collaterali, del tutto innocenti, ben poco preavvertiti e per niente difesi, bambini che cioè non sono ne forza di pace, né alleati, né di nessuna Arma, ma solo schiacciati sotto le armi.

Vorrei sapere dagli inventori della patria pret a porter, l’ultima, quella che per alcuni solo per alcuni per fortuna, e’ tornata di moda, cioè la patria televisiva, quel collante nazionale che tutti mette sullo stesso piano, vorrei sapere dicevo se il sangue di quelle vittime collaterali coagula o no col senso di “nostri” morti, e perché no col senso non solo Italico, fraterno, e di appartenenza alla vita, vita che si auspica nel 2003 non suddivisa in vita patria,vita nostra,vita giusta,vita onorata,normale o Italiana. La vita non e’ la cucina, non e’ la moda, non e’ la tradizione. Dove sono i parroci, i vicini di casa, i quartieri in lutto, i messaggi di cordoglio, i disegni dei compagni di gioco di questi altri morti?

Cari sfilatori di esequie e commossi cittadini comuni (ma solo dei comuni italiani), siccome abbiamo passerellato davanti a Lady Diana, Agnelli, Sordi, e Nassirya, cosa aspettiamo almeno mentalmente a fare ore di fila sotto nessun riflettore(se non quello che dovrebbe farci riflettere) lungo quel breve altare della vita che unisce anima a cervello,memoria a parità?

Proviamo a sfilare non solo sotto la “nostra” bandiera italica,ma magari con in alto un altro vessillo enorme e se non ci facesse paura sconfinato,quello della pietas e della commozione e del pathos ,che non rappresenti soltanto gli eroi della morte ma il rispetto della vita qualunque e di chiunque;la guerra per sua indole idiota e indolente, pigra e lenta nella sua velocità, non c’è la fa’ a distinguere perché la fine giustifica i mezzi, ma noi che siamo a casa in pace almeno con noi stessi, cerchiamo almeno di far emergere la differenza dell’uguaglianza!

Meno volemose bene, più memoria universale e umana.

Ma quale 11 settembre italiano……Proviamo a pensare a tutti i Santi giorni del calendario e da quanti anni prima delle torri,si continuano a colpire “sconosciuti non nostri” , che proprio in questi giorni magari meriterebbero di essere simbolicamente riconosciuti come nostri, come fossero salernitani trentini emiliani ma del mondo…..

Forse sarebbe meglio meno fratelli d’Italia, e più osservazione ai cugini di sangue.

Vorrei che il nostro dolore come e’ stato più volte enfaticamente definito “composto” ,fosse davvero composto anche dal pianto e dalla condivisione di ciò che solo apparentemente non sembra appartenerci e non sembra nostro,ma lo e’, se ci interessa far parte di una nazione di pace (magari studiando un po’ meno nozionisticamente la “nozione “di pace).

Mi sembra che alle volte morti siamo già noi: svegliamoci, perché la morte e la guerra non centrano con lo sport: qui ‘non c’è differenza tra un giocatore di una nazione e un raccattapalle dell’altra; mi dispiace ma la guerra non ha classifiche di merito, ha solo cannonieri e cannonati……

O diventiamo“ Tifosi” di tutti gli innocenti o saremo sempre fuori gioco anche come spettatori. Meno minuti di silenzio che rimbombano dentro gli stadi, più giorni a dar voce agli stati, anche gli stati d’animo:il problema non e’ dove andremo a finire (la guerra ) ma quando andremo a cominciare (La pace).


ALESSANDRO BERGONZONI


NERONE: Atto unico del 1917 (SCENA OTTAVA)

ETTORE PETROLINI (Roma, 1886-1936) è stato un grande attore comico teatrale e cinematografico. Il suo personaggio di romano cinico e sbruffone è tuttora attuale (non a caso un attore moderno come Gigi Proietti riprende spesso i suoi personaggi, le sue scenette e le sue battute che mantengono inalterata la loro carica comica). Sul palcoscenico Petrolini era un vulcano di battute, doppi sensi, sfottò (prese in giro), parole storpiate e freddure, spesso inventate al momento in un rapporto molto diretto, a tu per tu, col pubblico che affollava i teatri (ad esempio, l'Ambra Jovinelli all'Esquilino). Un vero e proprio gran giocoliere delle parole. La tradizione vuole che non abbia rinunciato alla battuta sarcastica nemmeno sul letto di morte: vedendo entrare il sacerdote con l'olio santo avrebbe mormorato: "Adesso sì che sono fritto". Quella che segue è una scena tratta da uno dei suoi pezzi teatrali più famosi, Nerone. Il testo è stato ripreso in un film del 1930, Nerone, girato dallo stesso Petrolini con la regia di Alessandro Blasetti; il film era una satira non tanto velata di Mussolini e del regime fascista. Nella scena, Nerone sta a casa sua e il popolo lo vuole morto perché ha incendiato Roma. Allora va alla finestra e fa un discorso per calmare gli animi. Il popolo gli grida "bravo!" e Nerone risponde grazie. E questo gioco del "bravo-grazie" si ripete più volte creando un effetto comico esilarante.

EGLOGE: (entrando con un urlo di terrore)
Cesaretto
te vonno ammazzà! Tu sei responsabile dell'incendio.

NERONE: Io responsabile dell'incendio? No! Sono assicurato con la Fondiaria.

POPPEA: Cesare, persuadi il popolo con uno dei tuoi soliti discorsi.

NERONE: Sta bene, parlerò col popolo, ma non mi lasciate solo... venitemi a tergo...
(Si avvia al podio, ma delle urla improvvise lo fanno retrocedere frettolosamente)
Ah, no... il popolo è ignorante...
vo' li quatrini...
(Ripete l'azione e nuovamente retrocede)
Ho trovato... il popolo è mio... un nume mi ha dato un lume: Eureka! Eureka! E chi se ne... importa! L'ho in mano... Basta che lo fai
divertì il popolo è tuo...
(Va al podio accolto nuovamente dalle urla, rimane al podio dicendo
i numeri della morra)
Sette... Tre... Tutta...


VOCE (d. d.): Quattro... Otto... Sei... Sei...

NERONE: Stupido... Ignobile plebaia! Così ricompensate i sacrifici fatti per voi? Ritiratevi, dimostratevi uomini e domani Roma rinascerà più bella e più superba che pria...

VOCE (d. d.): Bravo!

NERONE: Grazie.
(Rivolgendosi a Egloge e a Poppea)
E' piaciuta questa parola... pria... Il popolo quando sente delle parole difficili si affeziona... Ora gliela ridico... Più bella e più superba che pria.

VOCE (d. d.): Bravo!

NERONE: (sempre più affrettatamente quasi cercando di sorprendere il popolo)
Più bella e più superba che pria...

VOCE (d. d.): Bravo!

NERONE: Più bella... grazie.

VOCE (d. d.): Bravo!

NERONE: ... Zie.

VOCE (d. d.): Bravo!

NERONE (facendo il gesto di dire la parola pria, senza però dirla)

VOCE (d. d.): Bravo!

NERONE: Bravo!

VOCE (d. d.): Grazie!

NERONE: Lo vedi all'urtimo come è il popolo? Quando si abitua a dire che sei bravo, pure che non fai gnente, sei sempre bravo! Guarda
(ripete il gesto senza dire la parola).

VOCE (d. d.): Brrrrrr...

NERONE: Domani... Domani... Domani... quanti ne abbiamo... Domani ne abbiamo... saranno fatte grandi distribuzioni di vino, di olio, di pane e di sesterzi... Panem et circentibus...

VOCE (d. d.): Panem et circenses!

NERONE: Cacchibus... C'è uno che parla bergamasco... Eccomi a voi tutto d'un pezzo... Io vi darò tutto, basta che non domandate nulla! Il momento è difficile, l'ora è suprema, l'affare s'ingrossa e... e chi la fa l'aspetta! Ed ora, ed ora vattene, diletta ciurmaglia!

http://www.scudit.net/mdnerone.htm

FANTOZZI SUL TRENO DEI RICCHI

Fantozzi e Fracchia furono inviati in missione speciale a Roma per conto della loro società. Portavano all'amministratore delegato un libro giallo che questi aveva dimenticato sulla sua scrivania. Con un tragico accelerato arrivarono a Milano e di qui dovevano raggiungere al più presto Roma. Non trovarono posto sui treni normali, ma solo sul famoso “Settebello”, il treno dei VIP. Attesero nella sala d'aspetto della stazione per quasi sei ore. Furono ore drammatiche di dormiveglia allucinante, seduti dignitosamente in mezzo a un accampamento di immigrati dal Sud con famiglie e polli. Alle 17,45 partiva il treno: loro si prepararono sul marciapiede alle sedici. Si aspettavano il solito selvaggio assalto ai posti, e quando il treno arrivò si avventarono sul primo scompartimento, buttando sulle poltrone valigie, giornali e berretti urlando “occupato!”. Il conducente li guardò con disprezzo e li fece scendere. Gli spiegò che dovevano aspettare con un gruppo di silenziosi gravi signori che leggevano notizie economiche, lui stesso li avrebbe accompagnati più tardi ai loro posti. Non appena il treno partì, un cameriere in giacca bianca domandò loro a che ora volevano cenare e loro risposero che s'erano portati la cena da casa. Di fronte a loro, alle 8, cominciarono a servir da mangiare a un signore gigantesco che divorava delle cose squisite mugolando. Fantozzi e Fracchia avevano già finito i panini con la frittata e cominciarono a sentirsi male dalla fame. Dopo essersi consultati decisero di ordinare una cena in due. Uno leggeva dignitosamente il giornale mentre il cameriere serviva, poi quando il cameriere si allontanava, Fantozzi, che fingeva di leggere, spalancava la bocca e Fracchia gli passava una paurosa forchettata di spaghetti. Quando il cameriere si avvicinava, Fantozzi fermava di colpo la masticazione e sprofondava nella lettura della terza pagina e Fracchia non rifiutava mai il bis. Il cameriere si stupiva un po' per quanto riusciva a mangiare un omino così piccolo e alla fine portò il conto per una sola persona, ma avevano mangiato per tre. A un'ora da Roma, Fantozzi andò in corridoio a fumare. C'erano due bambini molto belli biondi, figli di ricchi: tutti i figli dei ricchi sono biondi e uguali, i figli dei braccianti calabresi sono scuri, disuguali e sembrano scimmie. Erano dei bambini molto educati e non facevano rumore. Una baby sitter americana bionda li custodiva. Uscirono dallo scompartimento le madri. Erano molto giovani, molto belle, molto ricche, molto profumate, molto eleganti e molto abbronzate: venivano da 2 mesi sulla neve a Gstaad in Svizzera e parlavano della gente che c'era lassù. Fantozzi le guardava con la bocca semiaperta. Le due donne cominciarono a parlare delle loro prossime vacanze al mare ed erano un po' in pensiero perché non sapevano più dove andare: dovunque ormai andassero, dalla Corsica alle isole Vergini, trovavano della gente orribile. Fantozzi si commosse quasi per il dramma di quelle poverette. Il treno entrò alla stazione Termini. Sulla banchina c'era una tragica lunga fila di terremotati siciliani del Belice. Erano seduti sulle loro valigie di cartone (che credo costino ormai di più di quelle di sky, ma loro vogliono solo quelle e al Sud ci devono essere delle ditte specializzate) e guardavano muti il vuoto. Una delle due signore disse: “È stato un anno davvero disgraziato!”. “Meno male” pensò Fantozzi “che si occupano di questi poveracci!” “Perché?” domandò l'amica. E l'altra: “Perché non abbiamo mai avuto a Gstaad una neve così poco farinosa!”.

Paolo Villaggio (Fantozzi)

IL PRESIDENTE E I DISOCCUPATI

Qualche ipotesi sul dopo elezioni. Cosa accadrà, quando una delegazione di disoccupati chiederà di essere ricevuta dal presidente del consiglio?


Presidente Bossi

IL PRESIDENTE del consiglio Umberto Bossi ha ricevuto ieri una delegazione di disoccupati. Il primo ministro ha accolto gli invitati con un nutrito lancio di frecce ferendone una dozzina, ma ha poi ridimensionato l'accaduto dichiarando di essere stato frainteso. Bossi ha quindi diviso i disoccupati in settentrionali e meridionali non per ragioni razziste, ha detto, ma perché le sedie non bastavano. Il nuovo ministro del Lavoro Maroni ha promesso ai delegati che, entro la fine dell'anno, verranno creati duemila posti di lavoro nel Sud, precisamente in provincia di Piacenza. Il ministro, però, è stato seccamente smentito dal suo collega delle Finanze Rocchetta, il quale è stato subito definito da Bossi «canaglia prezzolata della porcilaia berluscomunista nonché mio amico lealissimo».

Al termine della visita il ministro della Mistica Nordica, onorevole Miglio, ha ricevuto una delegazione di giornalisti stranieri. Alla giornalista dell'Ora di Palermo che gli chiedeva se fosse vero, come riportato in una intervista, che Miglio aveva strangolato e sepolto nel suo giardino ventisei zingari, Miglio ha ammesso sorridendo (come è vezzo della Lega) di avere scherzato: gli zingari erano solo tre.

Presidente Berlusconi

IL PRESIDENTE del Consiglio Silvio Berlusconi ha ricevuto ieri nella Sala Imperiale di Arcore una delegazione di disoccupati. Il presidente non si è però presentato all'appuntamento. È stato trovato solo a tarda sera dentro a un camino, dove si era nascosto da tre giorni per timore di dover incontrare l'ambasciatore del Ruanda. «Temevo mi volesse fare delle domande insipide di geografia» ha spiegato il presidente, che ha poi voluto sapere uno per uno i nomi dei disoccupati e ha comunicato al ministro del Lavoro Garcia Colmenares che acconsentiva all'incontro solo se esistevano le condizioni per un dibattito corretto e democratico: lui doveva essere solo sul palco e i disoccupati almeno a trecento metri senza microfono. Alle proteste del leader dei disoccupati Demattè, Berlusconi ha risposto scappando sul tetto. Alle ventuno, però, Berlusconi ha partecipato a un dibattito pubblico nella sua tavernetta di Arcore, sul tema «Quale giustizia». Alle domande del ministro della Giustizia Bettino Craxi, di De Lorenzo, di Fabio Capello e dei fedeli bracchi Spot e Deficit, Berlusconi ha risposto con assoluta chiarezza, esibendosi alla fine in un applaudito assolo di cetra. Domani, infine, è previsto l'incontro con i banchieri della City a cui Berlusconi spiegherà la politica monetaria italiana, a patto che nel dibattito non si parli di economia.

Premier Fini

IL PREMIER Gianfranco Fini ha ricevuto ieri, nel corso di un simpatico tea-party, una delegazione di disoccupati. Dopo essersi scusato perchè all'entrata i fidi «Er Caccola» e «Ricino» ne avevano pestati alcuni, il premier ha signorilmente discusso coi delegati di argomenti quali la partecipazione degli operai agli utili delle aziende e il nuovo look del fascismo. Il premier ha prontamente accolto la richiesta umanitaria di trasferire Bossi e Occhetto in due celle separate, e ha offerto all'intera delegazione un contratto da geometra statale. Gli ex-disoccupati, vestiti di un'elegante tuta grigioverde e caricati su una tradotta, passeranno alcuni mesi in Istria e Dalmazia con l'incarico di controllare l'esattezza dei confini. Al termine il premier ha premiato i vincitori del primo premio di ikebana «Starace» per le scuole romane.

Presidente Segni

IL PRESIDENTE del Consiglio Mario Segni ha ricevuto ieri una delegazione mista di disoccupati ed esponenti della Confindustria. A tutti ha assicurato il totale impegno del nuovo ministro del Lavoro, di cui però non ha voluto dire il nome per non sbilanciarsi troppo. Il presidente ha poi ricevuto l'onorevole Craxi, assicurandogli un possibile rientro politico come capo del Sisde, l'onorevole Occhetto dandogli ampie rasiicurazioni sulla imminente liberazione di D'Alema, e il cavalier Berlusconi, promettendogli che gli restituirà tutte le televisioni non appena il governo avrà nominato i nuovi direttori, da scegliere in una rosa di diciottomila nomi.

«Non vorrei scontentare qualcuno», ha detto arrossendo Segni, che ha poi voluto ballare un lento con ognuno dei presenti.

Presidente Pannella

IL PRESIDENTE del Consiglio Marco Pannella ha ricevuto ieri mattina una delegazione di disoccupati. Davanti alle telecamere di tutte le reti unificate, ha vibratamente e lungamente spiegato come la discriminazione effettuata nei suoi confronti dalle televisioni gli impedisca di poter eseurientemente spiegare il problema dei disoccupati, specialmente - ha aggiunto - di quei tre là in fondo che non applaudono.

Al termine delle tre ore Pannella ha regalato ai disoccupati una videocassetta della trasmissione con la sua foto autoografata, e ha multato un delegato che aveva pronunciato la parola «divorzio» senza pagare le duemila lire di royalties che, secondo la nuova Legge di Esclusiva sui Diritti Civili, spettano al presidente del Consiglio.

Presidente Martinazzoli

IL PRESIDENTE del Consiglio Martinazzoli ha ricevuto ieri nella sala delle autopsie del Viminale una delegazione di disoccupati, per illustrare la nuova politica occupazionale del governo. Il nuovo presidente della Fiat Totò Riina ha spiegato come la riconversione produttiva dell'azienda dovrebbe garantire centomila posti di lavoro nei prossimi anni.

La delegazione è poi stata accompagnata alla sala Tassodromica, ove tramite seduta spiritica ha potuto inoltrare le sue richieste al ministro del Lavoro Tambroni. Al termine, a tutti i disoccupati, come prova di buona volontà del governo, è stata consegnata in anticipo la Befana 1994.

Presidente Occhetto

IL PRESIDENTE del Consiglio Occhetto ha ricevuto ieri una delegazione di turnisti lavorativi. In un clima conviviale allietato da canti di lotta quali Stranger on the night Occhetto, ringraziando i disoccupati della loro sensibilità per i problemi del paese, ha assicurato che si stanno attivamente ricercando nuovi posti, e che negli uffici del nuovo Ministro del Lavoro Abete più di duecento segretarie stanno vagliando le pagine di offerta dei giornali. Riguardo poi all'eventuale ritorno di Bertinotti dal ruolo di ambasciatore in Borneo, Occhetto si è detto cauto, in quanto gli interessi italiani nel Borneo diventano ogni giorno più vitali e pressanti.

Occhetto ha poi ricevuto una delegazione di banchieri giapponesi, il comando interforze della Nato, lo staff dirigente di Yves Saint-Laurent e l'eroe del lavoro Ettore Baruffaldi, settemila fanali di trattore montati in un solo giorno.


Presidente Ciampi

IL PRESIDENTE del Consiglio Ciampi ha ricevuto ieri una delegazione di disoccupati. Il premier ha rinnovato l'impegno del Governo di Unità Nazionale per i problemi dell'occupazione, ma ha sottolineato che sarà difficile discutere la nuova legge economica finché Bossi e Berlusconi non usciranno dall'ospedale ove sono ricoverati dopo il loro duello a colpi di badile. Anche il ministro del Lavoro Visco, assediato nel suo ufficio da uomini armati del Ministro del Bilancio Andreatta, ha comunicato la sua indisponibilità all'incontro.
Dal suo Bunker Invecchiaprosciutti di Bologna, il ministro Occhetto si è detto disponibile a una riunione interministeriale se il collega Fini allontanerà la linea dei mortai dalla via Emilia. Da San Marino Leoluca Orlando, come segno di buona volontà, ha sospeso i getti di olio bollente.

Il Santo Padre, apparso in mattinata al balcone invitando i fedeli alla preghiera per l'unione tra laici e religiosi, è stato spinto e buttato di sotto da una suora integralista. Le sue condizioni non destano preoccupazioni. Il casco ha evitato guai peggiori.


Stefano Benni (tratto da Il Manifesto di martedì 15 marzo 1994)