giovedì 3 settembre 2009

L'informazione delle denunce anonime

Testo:
"Buongiorno a tutti.
Io penso che quando si assume un picchiatore poi non ci si può meravigliare se quello picchia e domandarsi se il picchiatore assunto ha avuto un mandato diretto sugli obiettivi da picchiare, oppure se se li sceglie lui pensando di compiacere il padrone, penso sia abbastanza indifferente.
Vittorio Feltri è stato riassunto da Silvio Berlusconi, non da Paolo Berlusconi che è l'editore finto, l'editore pro forma per aggirare la legge Mammì: voi sapete che se dovesse essere vero che Silvio è il vero... il mero proprietario, come direbbe la legge Frattini, del Giornale dovrebbe perdere tutte le concessioni televisive perché la legge Mammì punisce ogni violazione di sé medesima con la revoca e lo spegnimento delle televisioni. Ecco perché l'escamotage di Paolo Berlusconi, ma ancora una volta come già ai tempi della cacciata di Montanelli e dell'assunzione di Feltri pure stavolta il direttore del Giornale è stato deciso da Silvio e non da Paolo, come lo stesso Feltri ha confessato bellamente – ormai le fanno allo scoperto queste porcherie – in una conferenza a Cortina.
Feltri il pestatore - Quindi, il direttore del giornale di Berlusconi scelto da Silvio Berlusconi, anche se Il Giornale risulterebbe essere di Paolo, è stato scelto per picchiare. Non che i precedenti non picchiassero, ma evidentemente è una questione di peso specifico del randello: Feltri ha un randello dal peso specifico più imponente. Probabilmente se Mario Giordano – è inutile aggiunga un'aggettivazione – avesse fatto la stessa operazione se ne sarebbero accorti in pochi proprio perché il peso specifico di chi mena è importante. Quando mena Feltri fa più rumore di quando mena chiunque altro, figurarsi un Giordano; quindi Feltri viene assunto per queste caratteristiche. Mentre un altro ex direttore del Giornale, Belpietro, viene punito con la mancata promozione a direttore del Tg1 perché ritenuto non incapace di picchiare, ma poco appassionato alla battaglia degli ultimi mesi che Berlusconi ha ingaggiato contro quei pochi giornali che si sono occupati dei suoi scandali e che quindi sono diventati improvvisamente i giornali che fanno una campagna contro Berlusconi: in realtà sono giornali che raccontano fatti e fanno domande, come Repubblica, anche se personalmente avrei preferito qualche domanda in più fra i rapporti epistolari fra Provenzano e Berlusconi e magari qualche domanda in meno sulle ragazze. Non che le ragazze, le prostitute, le minorenni, non abbiano una rilevanza, ci abbiamo dedicato pure un libro, ma c'è anche di peggio. Feltri si installa al Giornale e comincia a fare il suo mestiere, quello di sempre: picchiare. Picchiare chi? Solo ed esclusivamente quelli che lui ritiene essere i nemici di Berlusconi. Naturalmente l'uomo ha una certa età quindi non ha una grande dimestichezza con il calendario, infatti pesta alcuni obiettivi sui quali si va sul sicuro, De Benedetti, la famiglia Agnelli – tanto gli Agnelli sono tutti morti a parte Margherita, a pestare i morti il rischio è zero. Pesta gli Agnelli per instaurare il teorema secondo cui l'Avvocato era peggio del Cavaliere dunque il Cavaliere è buono, come se nell'ipotesi, trovando un altro ladro, lo metti vicino al ladro tuo e dici: “visto che c'è anche un altro ladro allora il mio è meno ladro”. In realtà abbiamo due ladri, non è che un ladro cancella l'altro: un ladro in più si assomma a quello precedente. Lo stesso vale per tutta questa campagna contro i cosiddetti moralisti: se si scopre che ci sono dei moralisti immorali vuol dire che abbiamo più gente immorale di quella che pensavamo, non vuol dire che visto che il direttore dell'Avvenire sarebbe immorale allora Berlusconi è più etico. Semmai abbiamo due sporcaccioni invece di uno, ammesso e non concesso che si possano usare queste espressioni. Ma, tornando a bomba, Feltri comincia a menare De Benedetti – va sempre bene, gruppo Repubblica-Espresso, l'unico gruppo che non gli appartiene anche se lui gli ha portato via la Mondadori ma è rimasto qualcosa nelle mani di De Benedetti, Repubblica, l'Espresso e i giornali locali – gli Agnelli per fare l'equazione, i Moratti – addirittura un giorno Feltri se la piglia coi fratelli Moratti anche se uno dei due è marito della sindaca Letizia. Sempre così, perché la sua teoria è molto raffinata: il più pulito c'ha la rogna. Ma non vuol dire “allora mandiamoli a casa tutti”, vuol dire “allora Berlusconi è un santo”, questo è lo strano modo di ragionare che lui ha. A un certo punto picchia anche Enrico Mentana, che è stato per anni un giornalista molto potente, è stato il direttore del Tg5: criticarlo quando era potente poteva avere un senso, all'epoca tutti zitti. Adesso che l'hanno cacciato da Canale5, adesso che non trova un posto di lavoro pur essendo indubitabilmente il miglior direttore di telegiornale che l'Italia ha avuto negli ultimi quindici anni – poi uno può opinare sui comportamenti, su certe paraculaggini, ma è uno che ha messo in piedi un telegiornale nuovo creato da zero – adesso che ha avuto un'offerta da La7, adesso che Berlusconi ha bloccato quell'offerta di La7 perché lui mette il naso anche nelle pochissime televisioni che non sono sue o che non controlla, allora tutti a dargli a Mentana, infatti l'altro giorno il Giornale ha dato una bella randellata anche a Mentana raccontando la balla che questo stare brigando per diventare direttore del Tg3. Figuratevi, Mentana è tutto fuorché uno stupido, andarsi a infilare in questa guerra civile fra Franceschini e Bersani, che poi combattono per conto di D'Alema e Veltroni, sarebbe semplicemente impensabile per un uomo astuto come lui, ma in ogni caso botte a Mentana. E da ultimo botte a Ezio Mauro, direttore di Repubblica, e soprattutto al direttore dell'Avvenire, due direttori a caso: il direttore del giornale che quotidianamente da mesi fa le domande a cui Berlusconi non risponde per il semplice fatto che non può rispondere, e il direttore dell'Avvenire che, dopo avere fiancheggiato spudoratamente, biecamente il Berlusconismo, dopo aver taciuto per anni e anni di fronte a tutte le vergogne, i rapporti con la mafia, le corruzioni dei giudici, le corruzioni della Guardia di Finanza, i fondi neri, le evasioni fiscali, le leggi vergogna... vi ricordate che cosa scriveva il direttore dell'Avvenire, o che cosa non scriveva, mentre l'Italia veniva massacrata sul piano della legalità, della Costituzione, del conflitto di interessi, delle leggi canaglia, all'improvviso ha scoperto che Berlusconi, forse, dovrebbe darsi una regolata e c'è voluto questo sventolio di mutande, slip e reggiseni per farlo destare dal lungo letargo. Figuratevi se stiamo parlando di un antiberlusconiano militante: stiamo semplicemente parlando di un tizio che, dirigendo un giornale cattolico, evidentemente era inondato di mail, lettere, telefonate di lettori che dicevano “ma non dite niente nemmeno di fronte alle puttane?” e al puttaniere soprattutto, perché le puttane fanno un mestiere nobilissimo rispetto a quello del puttaniere. A quel punto è stato costretto a mettere un paio di aggettivi: Dino Boffo è colpevole di un paio di aggettivi e un sostantivo: “più sobrietà, Cavaliere”, scrisse in un durissimo articolo e un'altra volta raccomandò una migliore corrispondenza fra i comportamenti privati e le proclamazioni pubbliche, per questo è stato randellato.
Pecorellismo della peggior specie - Devo dire: l'unico che, secondo me personalmente, non merita la solidarietà che sta ricevendo in questi giorni è proprio il direttore di Avvenire perché il fatto che abbia patteggiato una pena per aver molestato una tizia che era la compagna di un tizio col quale lui stava – questa è la vicenda come pare sia stata ricostruita dai giudici di Terni – è vero. Questa circostanza è vera, quindi il Giornale ha scritto una cosa vera. Perché, secondo me, il fatto che il Giornale abbia scritto una cosa vera è anche un fatto molto preoccupante e che giustamente ha fatto insorgere molti giornalisti italiani, molti politici italiani, me compreso? Boffo patteggia questa pena pecuniaria, stiamo parlando di un reato bagatellare, adesso forse sarebbe incappato nel reato di stalking con delle pene più alte ma all'epoca se l'è cavata con una multa, credo, di 500 euro perché diceva delle cosacce nel tentativo – questo mi pare di aver capito dalla ricostruzione – di allontanare questa donna da un tipo che interessava a lui. Il fatto preoccupante di questa campagna di Feltri non è il fatto che abbiano scritto la verità o la menzogna, perché hanno scritto il vero, questa sentenza esiste, girava voce che esistesse da diversi mesi, nelle redazioni dei giornali, perché erano arrivate molte lettere anonime. Soprattutto, se quando viene emessa una sentenza i giornali la raccontassero, a quel punto nessuno avrebbe nulla da obiettare: “ieri è stata emessa una sentenza, il Dott. Boffo ha patteggiato”, naturalmente le si da l'importanza che ha. Quando uno patteggia una multa per avere fatto delle telefonate e non è il Presidente della Repubblica è ovvio che la notizia va a finire in una pagina interna di un giornale, non va a finire in prima pagina. Perché se poi dovesse succedere al Presidente della Repubblica dove la metti la notizia? Se poi dovesse succedere al Presidente del Consiglio? Ah no giusto, essendo il Giornale se dovesse succedere al Presidente del Consiglio non la metterebbero. In ogni caso è chiaro che lo spazio dato alla notizia con il bis a pagina 3, e i tempi cioè anni e anni dopo che questa notizia era uscita dal Tribunale di Terni significa che c'è una gestione della notizia, significa: “io so questa notizia, me la tengo, vediamo come si comporta Boffo. Se Boffo si comporta bene col mio padrone io la notizia non la do, se invece dovesse scrivere anche un solo aggettivo critico nei confronti del mio padrone allora io lo sputtano”. Questa non è informazione, questo è O.P., pecorellismo della peggior specie. Peraltro il povero Pecorelli poi è stato ammazzato perché comunque qualche notizia la pubblicava, e che notizie, ed è morto povero tra l'altro, rispetto a certi figuri che abbiamo oggi in circolazione nel nostro mestiere andrebbe anche un po' riabilitato.
Gli avversarsi di Papi e Feltri - Vi leggo, perché voi capiate la gravità di quel che è successo, un brano. Dice Feltri: “Quando la politica si trasforma e si svilisce scadendo nel gossip – questo sarebbe lo scandalo di quest'estate: il gossip -, quando gli addetti all’informazione si rassegnano a pescare sui fondali del pettegolezzo spacciando per notizie le attività più intime degli uomini e delle donne, - pensate, una prostituta che ha la registrazione di un suo rapporto col presidente del Consiglio a Palazzo Grazioli, nel lettone di Putin e che finisce subito dopo nelle liste elettorali del Popolo della Libertà alle elezioni comunali di Bari è gossip, secondo lui - fatalmente la vita pubblica peggiora e riserva sorprese cattive. E se il livello della polemica è basso, prima o poi anche chi era abituato a volare alto – cioè Feltri! -, o almeno si sforzava di non perdere quota, è destinato a planare per rispondere agli avversari.”. Ecco: che cosa sarebbe gli avversari? Quali sarebbero gli avversarsi di un giornalista? Questo signore forse non ha capito bene la differenza che c'è fra se stesso e Berlusconi, lui teoricamente sarebbe un giornalista, Berlusconi teoricamente sarebbe un uomo politico che ha degli avversari. Pensate a cosa è stata degradata la nostra professione nelle mani di cerca gente... gli avversari! Gli avversari sarebbero quelli di Repubblica che scrivono le notizie, a mano a mano che le hanno, non che se le tengono per anni per poi spararle addosso a chi si comporta male. “Mai quanto nel presente periodo si sono visti in azione tanti moralisti, molti dei quali, per non dire quasi tutti, sono sprovvisti di titoli idonei. Ed è venuto il momento di smascherarli. Dispiace, - Feltri è dispiaciuto, è contrito, sta lacrimando come la madonnina di Civitavecchia però il dovere lo chiama, è in missione per conto di Dio come i Blues Brothers - ma bisogna farlo affinché i cittadini sappiano da quale pulpito vengono certe prediche. Cominciamo da Dino Boffo, 57 anni, di Asolo, da parecchi anni direttore del giornale cui accennavamo sopra (cioè il cattolico Avvenire)...”. L'espressione più preoccupante di tutto l'articolo è “cominciamo da Dino Boffo”, vuol dire “noi abbiamo un sacco di roba su molti giornalisti moralisti, la teniamo nel cassetto e ogni tanto ne spariamo una. Come arrivino queste notizie, chi le fornisca, di quale provenienza sono non lo sappiamo. Io personalmente quando ricevo una notizia verifico se è vera e poi la do subito; non sono abituato a fare articoli scrivendo “cominciamo”... cosa vuol dire, che c'è un elenco? Vuol dire che ci sono dei dossier? Che uso viene fatto dei Servizi Segreti? Non dimentichiamo che siamo il Paese di Pio Pompa, attualmente sotto processo a Roma insieme al generale Pollari per avere dossierato, spendendo peraltro denaro pubblico, giornalisti, uomini politici, imprenditori, cardinali ritenuti pericolosi non per lo Stato ma per Berlusconi, per la persona di Berlusconi. Il magistrato apre un indagine? E' un nemico di Berlusconi, quindi lo spiamo. Un giornalista si occupa di Berlusconi? E' un nemico di Berlusconi quindi lo spiamo. Nell'elenco c'era anche la mia misera persona, tanto per dire.
Da dove viene la “nota informativa”? - “Cominciamo” scrive minaccioso Vittorio Feltri. L'altro passaggio preoccupante è quello che si legge a pagina 3 nella cronaca del giornalista del Giornale, Gabriele Villa, che si occupava della pagina del golf ai tempi di Montanelli, adesso evidentemente l'hanno promosso alla giudiziaria ma devo dire si intende molto più di golf, a leggere quello che scrive. Villa, dopo avere scritto una frase che vi devo leggere perché è meravigliosa: “le chiacchiere non bastano a crocifiggere una persona, o meglio bastano, sono bastate solo nel caso di due persone: Gesù Cristo per certi suoi miracoli e più recentemente Silvio Berlusconi per certi suoi giri di valzer con signore per la verità molto disponibili”. Cioè due persone, nella Storia, sono state crocifisse: Gesù Cristo e Silvio Berlusconi, scrive Gabriele Villa sul Giornale restando serio. Questi riescono a restare seri anche quando scrivono queste amenità. “Ma torniamo alle tentazioni, in cui è ripetutamente caduto Dino Boffo e atteniamoci rigorosamente ai fatti, così come riportati nell'informativa”. Ecco, questo collega... diciamo questo iscritto all'albo dei giornalisti, cita una “nota informativa che accompagna e spiega il rinvio a giudizio del grande moralizzatore, disposto dal GIP del Tribunale di Terni il 19 agosto del 2004". State attenti alle parole perché è fondamentale: “nota informativa che accompagna e spiega il rinvio a giudizio del grande moralizzatore” quindi c'è il rinvio a giudizio di Boffo nel 2004, al rinvio a giudizio c'è allegata una nota informativa che lo spiega. Di chi è? Del magistrato naturalmente, cos'è che può accompagnare un atto di un GIP? Un altro atto di un giudice o magari della Polizia Giudiziaria che ha fatto le indagini. “Copia di questi documenti da ieri è al sicuro in uno dei nostri cassetti e per questo motivo, visto che le prove in nostro possesso sono chiare, solide e inequivocabili, abbiamo deciso di divulgare la notizia”. Cioè lui vuole farci credere che la roba gli era arrivata il giorno prima. Poi aggiunge: “A onor del vero, questa storia della non proprio specchiata moralità del direttore del quotidiano cattolico, circolava, o meglio era circolata a suo tempo, per le redazioni dei giornali... Ma le chiacchiere non bastano a crocifiggere una persona. O meglio bastano” solo per Gesù Cristo e Silvio Berlusconi. E quindi ecco la citazione dell'informativa: «...Il Boffo - si legge - è stato a suo tempo querelato da una signora di Terni destinataria di telefonate sconce e offensive e di pedinamenti volti a intimidirla, onde lasciasse libero il marito con il quale il Boffo, noto omosessuale già attenzionato dalla Polizia di Stato per questo genere di frequentazioni, aveva una relazione. Rinviato a giudizio il Boffo chiedeva il patteggiamento e, in data 7 settembre del 2004, pagava un'ammenda di 516 euro, alternativa ai sei mesi di reclusione. Precedentemente il Boffo aveva tacitato con un notevole risarcimento finanziario la parte offesa che, per questo motivo, aveva ritirato la querela...». La signora in questione era stata risarcita. Si va un po' più avanti e si dice: “nell'informativa si legge ancora che della vicenda, o meglio del reato, commesso e delle debolezze ricorrenti di cui soffre e ha sofferto il direttore Boffo “sono indubbiamente a conoscenza il Cardinale Camillo Ruini, il Cardinale Dionigi Tettamanzi e monsignor Giuseppe Betori” i vertici della Cei e il Cardinale di Milano. Da questo scampoletto di prosa noi apprendiamo che c'è un'informativa giudiziaria o poliziesca nella quale si legge che Boffo “noto omosessuale” era “attenzionato dalla Polizia di Stato per questo genere di frequentazioni”. Sarebbe un ben triste Paese quello in cui la Polizia attenzionasse le persone perché sono omosessuali. Cioè scopro che uno è omosessuale e faccio un rapporto. Ma quando io ho letto questo articolo ho pensato: vedi mai che questo tizio sia stato identificato dalla Polizia durante un blitz a qualche festino? Quando succede così, quando magari uno viene fermato in macchina con qualcun altro poi viene registrato il suo nome e finisce negli archivi di Polizia. Quindi è importante sapere cos'è questa informativa. Bene, io ve ne ho letto un brano, oggi il Corriere della Sera pubblica un documento che dice così: “Il dott. Dino Boffo, come da abstract al retro, è stato condannato con sentenza definitiva a un patteggiamento e un'ammenda per molestie... la condanna è stata originata da più comportamenti posti in essere da Boffo... è stato a suo tempo querelato da una signora di Terni...” ah! Riprendiamo il Giornale: “il Boffo è stato a suo tempo querelato da una signora di Terni”. Identico. “...destinataria di telefonate sconcie e offensive...” mh... “destinataria di telefonate sconce – qui non c'è la “i” per fortuna – e offensive”. “...e di pedinamenti volti a intimidirla onde lasciasse libero il marito con il quale il Boffo aveva una relazione omosessuale”. Qui c'è una sintesi, il Giornale dice “noto omosessuale, già attenzionato dalla Polizia di Stato, per questo genere di frequentazioni” E cosa dice questo documento pubblicato dal Corriere della Sera questa mattina? “Il Boffo, noto omosessuale, già attenzionato dalla Polizia di Stato per questo genere di frequentazioni”. Mh! Sembrerebbe che i documento pubblicato oggi dal Corriere della Sera e la cosiddetta informativa allegata alla sentenza di Terni siano la stessa cosa, anche perché nell'informativa pubblicata dal Giornale si legge a un certo punto che di tutto ciò “sono indubbiamente a conoscenza il Cardinale Camillo Ruini, il Cardinale Dionigi Tettamanzi e monsignor Giuseppe Betori”. E cosa dice questo documento? Che “sono indubbiamente a conoscenza il Cardinale Camillo Ruini, il Cardinale Dionigi Tettamanzi e monsignor Giuseppe Betori”. Allora diventa importante cos'è il documento che pubblica il Corriere questa mattina: un'informativa della Polizia allegata all'ordinanza di rinvio a giudizio del giudice di Terni? Quindi un documento ufficiale della magistratura o della Polizia in possesso del Giornale che l'ha messo al sicuro nel suo cassetto? No, è una lettera anonima. E' una lettera anonima che, con il titolo “Riscontro a richiesta di informativa di Sua Eccellenza” non ha nessuna intestazione, non si sa chi l'abbia mandata ma è arrivata, nei mesi scorsi, a una serie di Cardinali e Vescovi italiani molto più lunga di quei tre che sono citati. Del resto, lo faceva notare ieri Repubblica: come può un'ordinanza di rinvio a giudizio nella quale il giudice scrive “dispongo il rinvio a giudizio del Dott. Boffo per molestie” nei confronti della tizia, cioè dispongo che il Dott. Boffo venga processato per questa ipotesi di reato. Il rinvio a giudizio non è una sentenza di condanna, ma un'ordinanza che dispone il giudizio a carico di una persona indiziata di un reato, poi il giudice stabilirà se quel reato l'ha commesso o no. Poi il processo non c'è stato perché Boffo ha patteggiato e risarcito la vittima. Come può il rinvio a giudizio essere accompagnato da una nota informativa nella quale c'è scritto che Boffo è stato condannato alla pena dell'ammenda a 516 euro? Sono due fasi diverse: il rinvio a giudizio viene prima, la sentenza di condanna o il patteggiamento vengono dopo. E come può allora un rinvio a giudizio essere accompagnato da una nota in cui già c'è scritto come va a finire la storia, cioè che l'imputato è stato condannato, con i verbi al passato? E' evidente che i documenti non possono essere coevi: uno è stato scritto prima l'altro è stato scritto dopo, infatti abbiamo visto che il secondo è stato scritto da un anonimo, non da un giudice, e non c'è nessuna intestazione, mentre nella sentenza c'è l'intestazione. Nella lettera anonima che è stata spedita a molti Cardinali importanti del Vaticano, per cercare di far fuori Boffo probabilmente perché si era permesso di invitare timidamente alla sobrietà il Presidente del Consiglio, c'era anche la sentenza: era lì che i documenti erano allegati. Cosa ha fatto il Giornale? Ha pubblicato la sentenza, fatto vero, e l'ha accompagnata con una serie di frasi volutamente ambigue facendoci credere che di Boffo o i giudici o qualcuno che accompagna il loro rinvio a giudizio scrivono che è un “noto omosessuale già attenzionato dalla Polizia di Stato per questo genere di frequentazioni”, cioè che è un habitué degli ambienti omosessuali e che la Polizia non fa altro che attenzionarlo perché è meglio tenerlo d'occhio. Se questo facesse parte di un verbale di Polizia o magistratura sarebbe un atto ufficiale da mettere nel cassetto, ma se è una lettera anonima come può essere pubblicata su un giornale senza la minima verifica, spacciata addirittura per un documento allegato a un atto giudiziario, mentre è stato allegato a un atto giudiziario nella busta anonima che ha raggiunto i Cardinali ed evidentemente anche il Giornale. Il Giornale oggi tenta di sistemare la faccenda, dicendo: “La patacca c'è ma è di Repubblica. Così Boffo ha patteggiato le molestie, ecco il documento”. Ma nessuno ha mai messo in dubbio che Boffo abbia patteggiato la pena, nemmeno Boffo ha potuto negare di avere patteggiato la pena, è inutile pubblicare la sentenza. Questo è il casellario giudiziale dove risulta, appunto, che Boffo ha patteggiato e c'è “Procura della Repubblica presso il Tribunale...” con tutti i crismi del caso. Pubblichino l'informativa, se hanno il coraggio. Quella che loro chiamano informativa e che in realtà è qua sul Corriere di oggi, è la lettera anonima che è stata spacciata per un'informativa.
Un linciaggio preoccupante - Questo è il caso. Naturalmente sarebbe bene se il direttore dell'Avvenire non avesse questi scheletrucci nell'armadio perché è ovvio che ci si può difendere meglio da certe aggressioni se certe aggressioni non sono vere. A me l'anno scorso è capitato un caso, tra l'altro con D'Avanzo il quale ha sbattuto in prima pagina su Repubblica le mie “vacanze a spese della mafia”. Fortunatamente io non ho mai preso una lira, nemmeno un euro, dalla mafia o da amici della mafia, le mie vacanze me le son sempre pagate da solo. Ho tirato fuori gli assegni e l'ho dimostrato. Purtroppo qua... è quello che dicevo all'inizio: è una persona abbastanza indifendibile perché comunque le molestie se le ha patteggiate ci sono state, e non credo che siano compatibili col direttore di un giornale cattolico, il giornale dei Vescovi italiani, che oltretutto si è segnalato in questi anni per una forsennata campagna contro i diritti degli omosessuali, delle coppie omosessuali. Anche qui, è evidente che il privato diventa pubblico quando si vuole negare agli altri comportamenti che invece si tengono in proprio. A me dispiace, perché sicuramente questo è un linciaggio, mi preoccupa la modalità del linciaggio, “abbiamo le notizie e le spariamo fuori al momento opportuno. Statevi tutti accorti perché questo è il primo della lista e seguiranno gli altri”, questo è il significato. Questo è squadrismo, naturalmente: ne picchiamo uno per educarne cento. Però, forse, sarebbe il caso che ci si facesse trovare un po' meno impreparati e un po' meno vulnerabili di fronte a certe campagne, perché purtroppo l'unica cosa che non si può dire è che la sostanza della sentenza fosse vera e che quel patteggiamento non sia molto commendevole per il direttore del giornale dei Vescovi. Questo mi sentivo di dire, prepariamoci perché la lista è lunga e, ancora una volta, vi invito – ormai il count down è cominciato – ad abbonarvi al “Fatto Quotidiano” andando su antefatto.it dove commenteremo via via che questo imbarbarimento della campagna di stampa contro gli avversari procederà, e di aspettarci. Ormai mancano veramente pochi giorni, il 23 settembre saremo nelle edicole con “Il Fatto Quotidiano”. Passate Parola."

Marco Travaglio (Passaparola - 31.08.2009)


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