giovedì 31 marzo 2011

LISTANTE

Era una mattina nata col vento. Le onde alte si rompevano in fragorose scrollate, nella risacca color ghiaccio. Era un mare forte e giocoso, come un cavallo giovane. E i bambini lo affrontavano con urla e risa, si lasciavano sommergere dalle onde, le attraversavano con grida, ne uscivano trionfanti. Le schiene abbronzate apparivano e scomparivano nella spuma. Genitori, nonni, fratelli li controllavano perché non si allontanassero, nell'aria limpida risuonavano avvertimenti allegri o arrabbiati. Una bimba uscì piangendo dal mare, a un ordine più deciso e squillante della madre. Tre ragazzi eccitati presero la rincorsa per tuffarsi di colpo, e un'onda li rimandò indietro con uno schiaffone. Un uomo, all'ombra dello spalto bianco di arenaria, osservava con stupore e allegria.
Non aveva figli. Aveva avuto una moglie, ma gli anni erano passati e, senza sapere perché, un giorno avevano cominciato a parlarne come di una cosa lasciata indietro, non più possibile. L'uomo non aveva una particolare predilezione per i bambini: aveva dei nipoti, qualcuno simpatico qualcuno odiosetto. Ma i giovani e audaci delfini di quella mattina gli piacevano. E strani pensieri gli nuotavano in testa, leggeri e gravi, proprio come il mare che fingeva una tregua e poi si animava in sequenze di tre, quattro onde più grandi. Una di queste arrivò ai suoi piedi, fino a bagnargli i sandali. Era l'unico bagnante solitario, tra coppie, famigliole e tribù sotto fungaie di ombrelloni. Ma si sentiva bene, come fosse tornato giovane, e si godeva ogni immagine di quella giornata, fino al lontano orizzonte.
Improvvisamente, sul tratto di spiaggia davanti a lui, apparve una donna. Era magra e abbronzata, il vento le scompigliava i capelli e camminava con passi svelti. Guardava il mare inquieta. L'uomo capì subito perché. La donna non vedeva più tra le onde la figlia. Non scorgeva la cuffietta, il colore del costume, il profilo lontano, qualcosa di unico e prezioso che avrebbe potuto calmarle l'affanno del cuore. Perciò chiamava un nome a voce alta, sempre più forte. Alcuni bagnanti si avvicinarono, e lei indicava lontano. Il frastuono del mare copriva le sue parole. Solo quel nome, ogni tanto, risuonava chiaro e doloroso, e gli faceva eco il lamento di un gabbiano. Finché la donna si fermò nel punto più luminoso della spiaggia, una chiazza abbagliante di granelli di quarzo, e sembrava non avesse più la forza di muoversi, né di gridare. In quel preciso istante, l'uomo vide qualcosa di inspiegabile. Il ghiaccio azzurro delle onde si sommò al candore della sabbia e al fuoco del sole, e ne nacque una zona di luce abbacinante, la muta esplosione di una stella. In questo bagliore la snella figura della donna sembrò torcersi e dividersi in due, due corpi gemelli che sbocciarono e si separarono.
Una donna corse subito verso levante, incontro alla figlia che usciva dall'acqua. La abbracciò e pianse, tenendola in braccio. Nello stesso tempo, un'altra identica donna correva dalla parte opposta, verso un gruppo di persone radunate sul bagnasciuga, chine sopra qualcosa, mentre una vecchia si metteva le mani nei capelli.
Un attimo prima il mondo era uno solo. Ora niente era diverso come quei due mondi, nati in quell'istante. L'uomo non riuscì a fare un passo, non capì se doveva andare da una parte e sorridere alla madre e alla figlia ritrovata, o correre dall'altra a guardare se era accaduto davvero qualcosa di terribile.
Un'onda luminosa, alta azzurra, sorse dal mare, si innalzò come un cielo liquido sulla sua testa, l'uomo chiuse gli occhi. Quando si svegliò era già notte, e la spiaggia era deserta. Non sapeva quale dei due mondi esisteva ancora. E in quale dei due viveva. Ed ebbe paura.

Stefano Benni (La Grammatica di Dio - Storie di solitudine e allegria - 2007 - Feltrinelli)

La corda spezzata

C’è un limite oltre il quale un paese si sfascia e nella comunità nazionale si arriva al tutti contro tutti. Questa corda, già molto logorata, ha rischiato di spezzarsi ieri a causa dei comportamenti golpisti e provocatori del cosiddetto presidente del Consiglio e dei suoi stipendiati. A Lampedusa gli sproloqui di Berlusconi, metà piazzista e metà clown, stanno facendo il giro del mondo. Come è accaduto con lo scandalo Ruby e le altre mille buffonate che hanno trasformato l’Italia in uno Stato zimbello. Nel mezzo di una guerra che incendia il Mediterraneo e alle prese con l’arrivo sulle nostre coste di masse di profughi abbandonati al proprio destino, il presidente clown non trova di meglio che promettere il premio Nobel ai lampedusani, oltre ad alcune migliorie da apportare all’urbanistica cittadina. Il solito imbroglio parolaio già sperimentato a Napoli (tuttora coperta di rifiuti) e a L’Aquila (tuttora coperta di macerie), per non parlare dell’alluvione nel Messinese. Il presidente piazzista si è poi impegnato a svuotare l’isola dalla presenza dei tunisini entro poche ore. Come se si trattasse di pacchi da scaricare qua e là, e sapendo perfettamente che in giro per l’Italia quei pacchi non li vuole nessuno.

Intanto, mentre la farsa di Lampedusa andava in scena, a Montecitorio una maggioranza di individui che hanno perso anche il rispetto per se stessi imponeva, con un colpo di mano, l’approvazione della più indegna e disastrosa legge ad personam. Il processo breve con annessa prescrizione breve, infatti, oltre a concedere l’ennesimo salvacondotto al premier impunito nei processi in corso Mills e Mediaset, rappresenta un’insperata scorciatoia per migliaia di imputati (tra i quali un numero imprecisato di criminali) che non si farà più in tempo a giudicare. Uno sconcio che ha suscitato la protesta di molti cittadini accorsi davanti alla Camera. Persone che non ne possono più di questa continua violenza alle leggi e alla Costituzione. Poi l’attacco in piena aula del cosiddetto ministro La Russa, ancora una volta fuori controllo, al presidente Fini. E la dura replica del presidente della Camera. Altri fuochi di un incendio ancor più devastante che sta per divampare.

Antonio Padellaro (Il Fatto Quotidiano - 31 marzo 2011)

mercoledì 30 marzo 2011

Processo breve, blitz Pdl: “Si voti subito”

Intanto avanti con l’impunità. Potrà pure cascargli il mondo addosso, ma Silvio Berlusconi non perde di vista l’obiettivo personale. E così il Pdl ha chiesto – e ottenuto – per voce di Simone Baldelli, di invertire l’ordine del giorno della seduta dell’aula della Camera ed esaminare e votare immediatamente il provvedimento sul processo breve scatenando la bagarre in aula. Quindici i voti di scarto che porteranno il provvedimento ad essere esaminato subito. Contro la richiesta di inversione dell’ordine del giorno si sono espressi i deputati di Pd, Idv, Fli e Udc.

Dopo la richiesta i deputati dell’opposizione avevano abbandonato i lavori del comitato dei nove della commissione giustizia in protesta contro il tentativo “di strozzare i tempi del dibattito” sul processo breve. Intanto in aula partiva il coro”vergogna, vergogna”. Dopo l’intervento del capogruppo del Pd Dario Franceschini, che ha espresso il parere contrario del suo gruppo, i deputati del Pd si sono alzati in piedi per applaudire e subito dopo è partito il coro.

”La proposta del Pdl – aveva detto il capogruppo del Pd – scrive una pagina inedita di violenza parlamentare e di abuso della maggioranza. Una doppia violenza”. Oggi, ha ricordato Franceschini, Berlusconi andrà a Lampedusa “seguito dalle telecamere e quella visita non è per risolvere il problema di quell’isola, è per coprire il processo breve”. Poi l’attacco più duro: “”Dov’e’ l’urgenza di varare il processo breve? Significa mandare in prescrizione migliaia di processi, liberare i criminali, lasciare impuniti imputati di violenza carnale solo perchè sono incensurati”.

Dopo l’intervento di Franceschini, dai banchi dell’opposizione tutti i deputati si sono alzati in piedi urlando “vergogna, vergogna!”. Dal Pdl immediato il coro di risposta: “Buffoni, buffoni!”. Solo dopo qualche minuto, e sotto la minaccia di sospendere la seduta, il presidente Gianfranco Fini è riuscito a riportare l’ordine.

Ma il Pd è intenzionato a portare la protesta anche fuori da Montecitorio. Per questo il segretario Pier Luigi Bersani ha lanciato per oggi pomeriggio alle 18 un sit-in davanti a Montecitorio. Al presidio saranno presenti, oltre a Bersani, il vicesegretario Enrico Letta, la presidente Rosy Bindi, e i capigruppo di Camera e Senato, Dario Franceschini e Anna Finocchiaro.

B ai suoi – subito il processo breve

L’ordine di scuderia era arrivato direttamente dall’alto. Ieri, mentre l’unità del governo andava al macero sull’emergenza immigrazione, a Palazzo Grazioli il Cavaliere dava indicazioni precise ad Alfano; avanti a marce forzate sul processo breve, i nodi sulla responsabilità civile dei magistrati potranno anche essere sciolti con maggior calma, ma è meglio portare a casa la prescrizione breve prima che la maggioranza alla Camera dia segnali di cedimento. Che, peraltro, già si avvertono. E, allora, ecco che ieri – via sms – è arrivata ai deputati Pdl un’improvvisa convocazione per stamattina alla Camera.

In sostanza, all’interno del Pdl si sono create delle forti pressioni intorno al testo Pini sulla responsabilità civile dei magistrati, difficoltà che qualcuno aveva legato a un presunto intervento del Quirinale che, invece, non c’è stato. Quello che c’è, piuttosto, è che la Lega, in questo momento, non vorrebbe creare ulteriori motivi di frizione con la magistratura. E non potendo far nulla sul processo breve, perché serve direttamente a Berlusconi, ha chiesto proprio a Pini, il relatore leghista, di “limare” il testo per renderlo più vicino ai dettami dell’Europa. Comunque una marcia indietro, anche se il relatore ha negato che si tratti di un dietrofront.

Eppure, si è saputo che sarà reinserito “il dolo e la colpa grave” e verrà introdotta “la violazione manifesta del diritto” nell’accertamento della responsabilità del giudice. Ma ancora c’è comunque qualcosa che non convince e che farebbe tirare i tempi troppo per le lunghe; la priorità, d’altra parte, è la prescrizione breve.

Che oggi è entrata nel vivo. Con una modifica sostanziale annunciata ieri dal relatore, Maurizio Paniz, come se si trattasse di una rivoluzione che invece non è. Spiega, infatti, Angela Napoli di Fli: “La legge cambierà nome, non più processo breve – ha spiegato la deputata finiana – ma ‘disposizioni in materia di spese di giustizia, danno erariale, prescrizione e durata del processo’. D’altra parte, ormai nel testo c’è solo la norma sulla prescrizione che serve a Berlusconi, quindi se non si modifica il titolo non corrisponde più al contenuto”.

Nessun’altra modifica prevista. Nonostante i tentativi dell’opposizione, Paniz non ne ha voluto sapere di mettere mano ad altri punti controversi del testo, dunque la nuova norma ad personam per B. potrebbe essere licenziata dalla Camera anche entro la fine di questa settimana. Il successivo passaggio al Senato è considerato puramente “tecnico”, dunque la prescrizione breve dovrebbe diventare legge per la fine d’aprile. In tempo per far chiudere il processo Mills entro fine maggio.

Paniz si è detto convinto che non ci saranno problemi “sulla firma del capo dello Stato perché non c’è nulla di incostituzionale”. Si vedrà. Il fattore politico lo determineranno i Responsabili con la loro presenza. Qualcuno, anche ieri pomeriggio alla Camera, ipotizzava possibili “segnali” al Cavaliere sul voto finale.

Redazione Il Fatto Quotidiano - 30 marzo 2011

Delitto perfetto

1) Sulla guerra lunga contro la Libia no. Incapace e irresponsabile, Silvio Berlusconi non è in grado di "metterci la faccia". Ma sulla guerra-lampo contro i magistrati sì. Feroce e inesorabile, il Cavaliere la faccia ce la mette. Il blitzkrieg sul processo breve è la drammatica conferma di un lucido progetto di destrutturazione del sistema giurisdizionale. L'unica cosa che davvero conta, per il presidente del Consiglio, è ora e sempre fermare la macchina dei processi che lo riguardano. E così, nell'ombra della Camera oscurata per un giorno dai riflettori spostati su Lampedusa, il premier consuma il delitto perfetto. Lunedì la scena madre a Milano, con il predellino bis davanti al Palazzo di Giustizia trasformato in un qualsiasi palaforum da campagna elettorale: colossale finzione propagandistica, per dimostrare al suo popolo che lui ai processi ci va, nonostante la "persecuzione giudiziaria" di questi diciassette anni perpetrata dai soliti comunisti. Oggi, nel retroscena di Montecitorio, l'accelerazione improvvisa sul disegno di legge che contempla tra l'altro l'accorciamento dei tempi di prescrizione per gli incensurati: ultimo e definitivo "salvacondotto", per mettersi al riparo entro l'estate dalla probabile condanna nel processo Mills.

Come sempre, quando la posta in gioco del Cavaliere è la giustizia non si sbaglia mai: conviene scommettere sul peggio. Perché il peggio, puntualmente, arriva. A dispetto dei finti ingenui dell'opposizione, che ancora credono alle menzogne del premier o ai bluff del suo Guardasigilli. In un giorno solo, il governo fa piazza pulita dell false promesse che hanno accompagnato la presunta "riforma Alfano": mai più norme ad personam, ma leggi nell'interesse dei cittadini. In un giorno solo, la maggioranza con il processo breve fa due passi avanti sul terreno dell'arbitrio legislativo, dopo aver simulato un passo indietro sull'emendamento per la responsabilità civile dei giudici. È la tattica collaudata in un quasi Ventennio. Con una mano, esibita al pubblico plaudente, ti porgo il ramoscello d' ulivo. Con l'altra mano, nascosta dietro la schiena, mi preparo a colpirti col bastone. Adesso ci risiamo. Con un'aggravante in più. Per salvare il premier con la norma tagliata a misura per la sua prescrizione, passa una legge che rischia di azzerare circa 100 mila processi, tra cui molti di quelli su reati comuni gravissimi (dalla violenza sessuale alla rapina), oltre a quelli su Thyssen, Parmalat, Antonveneta, e la Casa dello Studente dell'Aquila. È il prezzo, carissimo, messo da Berlusconi sul conto degli italiani: per garantire la sua impunità, devono rinunciare alla loro giustizia. Questa è la vera "riforma" del centrodestra.

Massimo Giannini (La repubblica - 30 marzo 2011)


2) A LAMPEDUSA il colpo di teatro e la demagogia promozionale, a Roma il colpo di mano e la macelleria costituzionale. Diciassette anni dopo il suo primo trionfo elettorale del 29 marzo 1994, Silvio Berlusconi regala all'Italia un altro mercoledì nero della democrazia. L'ultimo strappo si è dunque compiuto. Con un atto di forza, tecnicamente eversivo e politicamente distruttivo, la destra inverte l'ordine dei lavori, e impone alle Camere l'approvazione immediata della legge sul processo breve e sulla prescrizione "corta" per gli incensurati. Cioè la trentottesima legge ad personam dell'era berlusconiana.

Eccola, la vera "riforma epocale" della giustizia che il presidente del Consiglio ha sempre avuto nel cuore e nella testa. Non è il disegno di legge di revisione costituzionale di Alfano, spacciato tre settimane fa dal guardasigilli al Capo dello Stato e all'opinione pubblica come una "svolta storica". L'epifania di una nuova era, nella quale la destra rinunciava alle leggi tagliate a misura per i bisogni di un solo imputato, per tutelare quelli di tutti i cittadini. E su questa piattaforma proponeva una fase di pacificazione, chiedendo alla magistratura di scendere alle barricate, e all'opposizione di aprirsi al dialogo.

Non abbiamo mai avuto dubbi. Ma ora abbiamo la "smoking gun". Quello è stato solo un inganno istituzionale e un tranello comunicazionale. Fabbricato ad arte, insieme alla guerra non guerreggiata contro la Libia e all'emergenza profughi sbandierata e non gestita, per distrarre l'attenzione. Mentre armava malvolentieri i nostri caccia in volo verso Tripoli e le nostre navi in rotta verso Lampedusa, in realtà il Cavaliere militarizzava la sua maggioranza in vista dell'unica battaglia che gli sta a cuore: quella contro la procura di Milano. Una battaglia che lo deve vedere a tutti i costi vincitore, e dunque finalmente e definitivamente libero da tutte le sue pendenze giudiziarie.

Il blitzkrieg sul processo breve è la conferma di un lucido progetto di destrutturazione del sistema giurisdizionale ad uso privato. Tutti i passi compiuti in quest'ultimo mese sono stati funzionali all'obiettivo. Lunedì la scena madre a Milano, con il predellino bis davanti a un Palazzo di Giustizia trasformato in palaforum da campagna elettorale: colossale finzione propagandistica, per dimostrare alla sua gente la "persecuzione giudiziaria" dei soliti comunisti. Ieri, nel retroscena di Montecitorio, al riparo dai riflettori concentrati sull'imbarazzante televendita approntata nella nostra povera Ellis Island del Mar di Sicilia, il "delitto perfetto" sul processo breve. Ultimo e tombale "salvacondotto", per mettersi al riparo entro l'estate dalla probabile condanna nel processo Mills.

Così, in un giorno solo, il Cavaliere torna Caimano. Cioè quello che, in fondo, non ha mai smesso di essere. A dispetto di tutte le dissimulazioni, alle quali hanno creduto alleati agguerriti e avversari spauriti. E confusi dalla tattica collaudata in un quasi Ventennio. Con una mano, esibita al pubblico plaudente, ti porgo un ramoscello d'ulivo. Con l'altra mano, nascosta dietro la schiena, mi preparo a colpirti con un bastone. Adesso c'è un'aggravante in più. Per salvare il premier, passa una legge che azzera migliaia di processi, e manda impuniti reati comuni gravissimi, dalla rapina alla violenza sessuale. È il prezzo, intollerabile, messo da Berlusconi sul conto degli italiani: per garantire la sua impunità, devono rinunciare alla loro giustizia.

Questa è dunque la vera "riforma" del centrodestra. Non c'è da gridare allo scandalo, se di fronte a questo nuovo abuso di potere mezzo Parlamento si sia sollevato, per gridare "vergogna". Quello che stupisce, semmai, è che interi pezzi di una destra che una volta fu legalitaria si adeguino. Dalla Lega agli ex di An. Gente che negli anni di Mani Pulite agitava nell'emiciclo i cappi davanti alla Prima Repubblica (come Bossi, un ministro ormai chiaramente impresentabile) e che oggi difende, perché li incarna, i privilegi della Seconda. Gente che sfilava in piazza per i magistrati (come La Russa, un ministro ormai palesemente inadeguato) che per difendere l'indifendibile insulta a viso aperto il presidente della Camera Fini.

Si grida allo scandalo, invece, perché fuori dal Palazzo tornano le folle che contestano e lanciano monetine, come all'epoca di Craxi davanti al Raphael. Ogni forma di protesta violenta va stigmatizzata. Ogni forma di deriva anti-politica va arginata. Il berlusconismo si supera solo con la fatica della politica e con la pazienza della democrazia. Ma manifestare il proprio dissenso, di fronte a quanto accade, è lecito e doveroso. E al premier e ai suoi cantori, che oggi lamentano il "clima", verrebbe da dire: chi semina anti-politica, raccoglie anti-politica. Le scorciatoie populiste non corrono sempre nella stessa direzione. Capita che si muovano all'inverso, e generino populismi uguali e contrari.

Su questa linea del fronte, la destra accusa "Repubblica". Usando strumentalmente l'articolo 68 della

Costituzione, appellandosi alla sovranità del voto popolare, invocando il ripristino dell'immunità parlamentare e deprecando la bocciatura dello scudo per le alte cariche dello Stato. Ma farebbe bene a ricordare una verità elementare. Storica e politica. Quando scrissero quelle norme, i padri costituenti e i legislatori lo fecero in astratto, e su casi indistinti. Era la grundnorm di Hans Kelsen, concepita per regolare un sistema, non per proteggere un singolo.

La questione odierna è totalmente diversa. Qui si vara una legge che, mentre altera e snatura il sistema, entra nella carne viva di una specifica vicenda processuale e strappa una persona (proprio "quella" persona) al suo giudice naturale. In qualunque democrazia occidentale sarebbe inutile rammentare questa abissale differenza, a chi finge di non vederla e non vuol farla vedere ai cittadini elettori. Ma nell'Italia di oggi è doveroso: per rompere la nube tossica di mistificazione politica e di manipolazione semantica che l'egemonia culturale della destra berlusconiana sparge a piene mani sul Paese.


Le deposizioni di Ruby Rubacuori


Qui di seguito due stralci degli atti del procedimento a carico di Silvio Berlusconi per concussione e prostituzione minorile. Si tratta degli interrogatori resi da Ruby Rubacuori di fronte ai magistrati milanesi. Ruby comincia a raccontare, ma il tono delle sue deposizioni cambia quasi subito tra il primo e il secondo incontro con i pm, e nei racconti compaiono personaggi e avvenimenti difficilmente riscontrabili nei fatti. La corte di Silvio Berlusconi scopre subito che la giovane viene ascoltata come testimone. Gli uomini di Lele Mora restano in contatto con lei. E, stando a quanto proprio Ruby dice al telefono, il premier le suggerisce: “Racconta cazzate, fai la pazza” (continua)

Redazione Il Fatto Quotidiano - 29 marzo 2011


martedì 29 marzo 2011

L'invenzione della realtà

In poche ore accadono due eventi che riguardano il Presidente del Consiglio, il suo mondo aziendale, politico e personale - che coincidono dall'inizio e per sempre - e il nostro mondo reale, di cittadini ridotti a spettatori.
La prima scena è di ieri mattina. Chiamato a giudizio a Milano nel processo "Mediatrade" con l'accusa di frode fiscale e appropriazione indebita, il Capo del governo annuncia in anticipo che sarà presente in aula. Si può pensare, davanti a questo annuncio, che accetti di sottoporsi al giudizio senza delegittimare come sempre la magistratura che lo indaga e che deve pronunciarsi sui reati che gli vengono contestati, che intenda ascoltare le accuse e far valere le sue buone ragioni, dimostrando così che anche per lui vale il principio secondo cui la legge è uguale per tutti.
Ma in realtà si tratta di un'udienza preliminare, davanti al gup, dove si costituiscono le parti e si fissa il calendario delle udienze. Non è previsto che l'imputato parli, e lui lo sa bene. Dunque la presenza in aula ha una semplice funzione-civetta, serve da richiamo. Il vero evento politico riguarda quell'aula, nel senso che è concepito e messo in scena per condizionarla, ma avviene fuori: prima, e dopo. Prima, il Pdl ha mobilitato i suoi sostenitori per convocarli a Palazzo di Giustizia, replicando in grande l'operazione claque organizzata a tavolino una settimana fa, con la spedizione di anziani figuranti spaesati davanti all'aula del processo Mills, con tanto di coccarda azzurra prefabbricata al bavero, e militanti di partito al fianco.
Sulla piccola folla in attesa, fronteggiata da un drappello di contestatori del partito di Di Pietro, era già scesa poco prima la voce rassicurante e autoassolutoria del Premier, ovviamente dagli schermi di proprietà e dal canale di famiglia. Una dichiarazione titanica, vittimistica e vindice, come accade in queste grandi occasioni: il processo "è un tentativo di eliminarmi", "sono l'uomo più imputato dell'universo e della storia", "il comunismo in Italia non si è mai concluso e non è mai cambiato", "cerca di usare qualsiasi mezzo per annientare l'avversario". Fino al giuramento rituale, in cui accanto ai figli compaiono per la prima volta i giovanissimi nipoti, incolpevoli ma utili a mulinare numeri sempre più roboanti: "giuro sui miei cinque figli e sui miei sei nipoti che nessuno dei fatti che mi vengono imputati è vero".
Dopo questo primo tempo spettacolare, la breve apparizione in aula, utile soltanto ad attirare i riflettori mediatici, nonostante l'udienza preliminare sia a porte chiuse. Ma lo spettacolo politico che conta è fuori da quella porta. Ecco che si apre. Il Premier imputato appare, e già si mostra sorridente. Incede tra la folla, e diventa trionfante. Alza il braccio per rispondere alle acclamazioni e agli applausi, ed è incontenibile. Infatti sale sul predellino, come tre anni fa quando s'incarnò nel popolo di San Babila e nel popolo delle libertà che stava nascendo. È un'apoteosi.
Ma soprattutto, è un ribaltamento politico della realtà, costruita a tavolino come in un reality, e recitato sulla pubblica piazza cercando di ricalcare in tutto la scenografia del Caimano, come ad annunciare la resa dei conti finale e la capacità di rovesciare la verità. Il Premier di un Paese democratico, imputato per gravi reati comuni, non si preoccupa di rassicurare la pubblica opinione, le istituzioni e la società politica che chiederà chiarezza di giudizio e offrirà collaborazione nella trasparenza per arrivare all'unica cosa che conta, cioè l'accertamento della verità.
No: al contrario maledice davanti alle sue telecamere i magistrati che devono giudicarlo, pronuncia in diretta la sentenza con cui si assolve, addita al ludibrio i suoi avversari politici, raduna i suoi sostenitori di fronte al palazzo giudiziario e si unisce a loro in una manifestazione di ribellione alla giustizia, di lavacro popolare, di giudizio anticipato sommario e inappellabile. Una manifestazione di debolezza estrema spacciata per prova di forza, con il populismo che mette in scena se stesso nella fase più estrema e radicale, perché tecnicamente eversiva, con il potere esecutivo che chiama il popolo a contestare il giudiziario: mentre il legislativo cerca di fulminare i processi con leggi ad personam, spargendo il fumo di false riforme sulle opposizioni, sulle istituzioni e sui soggetti incapaci di una vera autonomia culturale e di una concreta libertà di giudizio.
Il secondo evento è tutto televisivo, ed è andato in onda appena venerdì scorso. A Forum, su Canale 5, una signora abruzzese dell'Aquila si presenta a discutere della sua separazione dal marito Gualtiero, e del loro negozio di abiti da sposa lesionato dalle scosse. Incidentalmente, la signora magnifica sulla rete Mediaset l'operato del Presidente del Consiglio e del governo, "l'Aquila ricostruita", "la vita ricominciata", i giovani che "ritornano", i negozi che "riaprono". Distribuisce "ringraziamenti al Premier", conclude che tra i terremotati "chi si lamenta lo fa per mangiare e dormire gratis". Applausi in studio. Solo che la signora non è terremotata, non è dell'Aquila, non è separata, non è sposata con Gualtiero che è figurante come lei, non ha perso alcun negozio nel sisma ma aiuta il vero marito in un'impresa di pompe funebri. Semplicemente, ha recitato una parte: "Sono abruzzese, mi hanno chiesto di interpretare quel ruolo".
Ora, è possibile accettare tutto questo? Inventare una "fidanzatina" per il Premier circondato da troppe ragazze a pagamento, e costruirne l'identikit sul rotocalco della Real Casa. Modellare dal nulla un fidanzato per Noemi Letizia e fotografarlo in un falso abbraccio con lei per proteggere "Papi". Infine fabbricare la falsa terremotata che salmodia le lodi al Premier ricostruttore nell'unico processo accettato sulle reti Mediaset, quello finto di Forum.
Questo meccanismo menzognero e ingannatore si chiama "ricostruzione della realtà". Decostruisce il reale, lo sposta e lo reinventa in un contesto di comodo, ricostruendo il paesaggio politico e sociale ridisegnando il palinsesto non solo televisivo, ma quotidiano della vita italiana. Non è un caso, è un metodo. Nell'ottobre del 2004 uno stretto collaboratore di George W. Bush (si pensa sia Karl Rove) disse al giornalista Ron Suskind queste parole: "Ora noi siamo un impero, e quando agiamo, noi creiamo la nostra realtà. E mentre voi state studiando questa realtà, giudiziosamente, noi agiremo ancora, creando altre nuove realtà, che voi potrete soltanto studiare, e nient'altro". Bene, fatte le proporzioni con la miseria italiana, forse è arrivato il momento per gli spettatori di tornare cittadini, riportando la politica - Presidente del Consiglio compreso - a fare i conti con la realtà.

Ezio Mauro (La Repubblica - 29 marzo 2011)


lunedì 28 marzo 2011

Se l'occidente si crede Dio

Nei bei tempi andati le Potenze quando volevano una cosa mandavano le cannoniere e se la prendevano. Era un metodo brutale ma, almeno, intellettualmente onesto. Oggi noi ci vergogniamo di fare la guerra. Una società che si è inventata uno “Statuto dei diritti degli animali” e dove se dai una pedata a un cane puoi finire in galera (l’unico modo di rispettare un cane è trattarlo da cane, altrimenti è lui a non rispettarti) non può permettersela. Naturalmente le guerre si fanno lo stesso, perché sono parte della storia dell’uomo, ma con cattiva coscienza pensando di salvarsi l’anima chiamandole con altri nomi: operazioni di polizia internazionale, di “peace keeping”, missioni in difesa dei “diritti umani”.

Con i “diritti umani” nell’Occidente liberale, democratico, illuminista, non si scherza. In nome loro siamo disposti a fare delle vere carneficine. Siamo i nuovi Robin Hood, cavalieri senza macchia e senza paura che difendono i Deboli contro i Forti, il Bene contro il Male che per noi è sempre Assoluto e non può avere dalla sua ragione alcuna. L’Occidente si è sostituito a Dio e amministra la Giustizia Universale, attraverso una sua polizia internazionale chiamata Nato alla cui testa c’è un Paese dalla morale specchiatissima, il vero faro della “cultura superiore”, l’unico ad aver sganciato l’Atomica, il solo ad avere praticato, in tempi moderni, la schiavitù, scomparsa dall’epoca romana, che ha avuto fino a mezzo secolo fa l’apartheid, che nel dopoguerra si è reso protagonista, secondo un conteggio di Gore Vidal, di 166 attacchi ad altri Stati non motivati da aggressioni nei suoi confronti, che ha 66 basi militari in 19 Paesi del mondo (senza contare quelle dell’Alleanza Atlantica, che son poi ancora basi Usa) e la cui storia è cominciata con un genocidio, anche a base di “armi chimiche” (whisky) su un popolo praticamente inerme (Winchester contro frecce).

In Serbia, in nome dei “diritti umani”, si fecero 5500 vittime civili, di cui 500 erano albanesi cioè quelli che si intendeva difendere, si è perpetrata (dopo quella del presidente croato Tudjman, nostro alleato: 800 mila serbi cacciati in un solo giorno dalle krajne) la più grande “pulizia etnica” dei Balcani: dei 360 mila serbi che vivevano in Kosovo ne sono rimasti solo 60 mila. In compenso c’è la più grande base americana del mondo. Ma questo era solo l’esordio dei “diritti umani”. In Iraq l’intervento americano ha provocato 170 mila morti, infinitamente di più di quanti ne avesse fatti Saddam Hussein in decenni di satrapia (il calcolo è stato fatto, molto semplicemente, da una rivista medica inglese confrontando i decessi dell’era Saddam con gli anni dell’intervento americano). Ma non è finita perché, acquisito l’Iraq come neoprotettorato Usa, si è innescata una feroce guerra civile fra sciiti e sunniti con decine e a volte centinaia di morti quasi ogni giorno, divenuti cosa così abituale che la stampa occidentale non ne dà più notizia, a meno che non venga accoppato qualche cristiano e allora ci sono le geremiadi del Papa che non ha mai speso una parola, dicansi una, per le vittime civili, adulti maschi, vecchi, donne, bambini, provocate dai bombardamenti Nato in Afghanistan.

Recita un rapporto Onu del 2009: «La maggioranza delle vittime civili (circa 60 mila, ndr) è causata dai bombardamenti della Nato». Perché i difensori dei “diritti umani”, i cavalieri senza macchia e senza paura, non hanno nemmeno più il coraggio di combattere. «Se potessi» ha detto Barack Obama «manderei in Afghanistan solo i robot, per risparmiare la vita dei nostri soldati». E gli afgani? E i Talebani? Non sono uomini propriamente detti, non appartengono alla “cultura superiore”. Ma il combattente che non combatte, approfittando della sua enorme superiorità tecnologica, perde ogni legittimità. In Afghanistan come in Libia.

Massimo Fini (Il Fatto Quotidiano, 26 marzo 2011)


Passaparola: "I lunedì dell'imputato Berlusconi"

Testo:

Buongiorno a tutti, il tempo di fare le condoglianze a Angela Merkel, l’ultima vittima delle nomination porta sfiga di Berlusconi, sapete che non appena Frattini ha annunciato un’iniziativa comune franco – tedesca sulla Libia, la Merkel ha perso rovinosamente le elezioni, la sua speranza è che si smarchi dalla linea Berlusconi, in modo che potrà garantirsi un sereno e proficuo e meraviglioso futuro politico, il tempo di avvertire che è partita la battaglia per chiudere Anno Zero e quindi altre trasmissioni di approfondimento televisivo per un mese e mezzo con la scusa delle elezioni amministrative, esattamente come era stato fatto l’anno scorso.

Figuranti al Tribunale - Il tempo di domandarsi il perché dello stupore se la Signora Rita Dalla Chiesa a Forum utilizza una figurante, spacciandola per una terremotata de L’Aquila che in diretta spiega ai cittadini italiani come è andata bene la ricostruzione, come è completata la ricostruzione de L’Aquila, mentre basta andare a L’Aquila per rendersi conto del fatto che non hanno ricostruito neanche una capanna, neanche un canile, è tutto un paese di figuranti.
Berlusconi questa mattina ne aveva reclutati un certo numero, cioè un suo sottosegretario, un certo Mantovani che via sms aveva lanciato il reclutamento, la chiamata alle armi per assieparsi tutti quanti sulla scalinata del Palazzo di Giustizia di Milano per testimoniare la propria solidarietà a un imputato per reati gravissimi che tra l’altro è anche il Presidente del Consiglio, si sono presentati al suo ingresso in 49 e alla sua uscita, dopo l’udienza preliminare erano arrivati a 100, quindi diciamo che le capacità di reclutamento del Presidente del Consiglio che dice di avere dalla sua parte la stragrande maggioranza degli italiani, sono piuttosto scarsine e probabilmente stasera nei telegiornali ci racconteranno che una folla oceanica ha accompagnato, anzi forse ha portato in trionfo il Premier verso uno dei suoi processi, il processo Mediatrade dove è accusato di frode fiscale e appropriazione indebita, di avere derubato la sua azienda, peraltro quotata in borsa, per mettersi in tasca fondi neri insieme ai suoi manager, utilizzando le triangolazioni tra società estere e società estera nell’acquisto di diritti di film, di programmi televisivi dall’America, fatti rimbalzare da una società all’altra e a ogni rimbalzo gonfiandone artificiosamente il prezzo.
Era poca gente, tant’è che forse amichevolmente si potrebbe invitare Piero Ricca a disertare, in futuro insieme alle persone di cui Milano Libera, in futuro le manifestazioni almeno pubbliche o a assistervi in silenzio perché questo forse è il momento di lasciarlo solo Berlusconi, è di questo che volevo un po’ parlare oggi, di quello che è più utile fare per accompagnarlo alla sua tomba politica che lo sta aspettando ormai da tempo, stiamo parlando di un personaggio sfigato, ridicolo, che dice cose strane, spesso non dice cose a proposito della Libia perché ha già detto tutto e il contrario di tutto e aspetta di capire chi vince per buttarsi, tanto per cambiare, sul carro del vincitore, è un uomo disperato che annuncia decine di leggi che ben sa che non saranno mai approvate o se saranno approvate non entreranno mai in vigore perché saranno incostituzionali o bocciate dai referendum, ho l’impressione che stia cercando un nemico e quindi in questo momento forse è il caso di non farglielo trovare il nemico, lasciarlo solo, far vedere che è circondato da 4 poveracci, di solito pagati, figuranti, potrebbe essere una strategia utile da questo punto di vista sbagliano anche i magistrati a enfatizzare con una comunicazione stonata certe leggi che vengono fatte contro di loro, ma soprattutto contro di noi, come sbaglia secondo me un quotidiano come La Repubblica a titolare gli articoli sulle leggi ad personam o antigiustizia, la legge contro i giudici, ancora oggi c’era un bell’articolo del giudice scrittore Giancarlo De Cataldo che però aveva purtroppo questo brutto titolo “La cattiva legge che vuole punire le toghe” siamo alle solite, se ci sono leggi con cui il governo vuole punire i giudici, i cittadini se ne fottono perché non sono né il governo, né i giudici, se si continua a parlare di guerra tra politici e giudici, i cittadini che non sono né politici e né giudici se ne infischiano, bisognerebbe invece emettere comunicati un po’ freddi, un po’ algidi nei quali si spiega esattamente cosa cambia non per i giudici, ma per i cittadini nel caso eventuale, improbabile in cui queste leggi passassero e entrassero in vigore, in modo che si riesca a capire che non è un derby tra Berlusconi e i giudici, è una guerra di Berlusconi a noi italiani che è una cosa diversa, Berlusconi contro la guerra alla Libia ma è favorevole alla guerra contro l’Italia, questa è l’unica guerra che lui sta combattendo ininterrottamente da 17 anni perché sa benissimo che i suoi interessi sono incompatibili con i nostri e quindi tra i nostri e i suoi, ha sempre, giustamente dal suo punto di vista, scelto i suoi.
Perché oggi ha tentato anche se poi gli è andata male, questa ridicola gazzarra salendo sul Predellino e salutando una folla inesistente? Questa naturalmente dà il segno della farsa e della tragedia insieme di questo uomo ridicolo, un uomo che sale sul Predellino, si guarda intorno e saluta il nulla, una piazza praticamente vuota, sapete quanto è grande lo spazio antistante il Palazzo di Giustizia in Corso di Porta Vittoria e quanta gente ci vuole per riempirlo, lo sappiamo perché Menotti di noi hanno manifestato nel 1992/1993/1994 in difesa del pool Mani Pulite, c’erano lì sì, folle sterminate che occupavano tutto il Corso addirittura, oggi 49 quando è arrivato e 98/99 quando è uscito, immaginate la pochezza, la miseria se non ci fossero stati i giornalisti e i ragazzi di cui Milano Libera, probabilmente si sarebbe sentita anche l’eco di quello che diceva Berlusconi tanto la piazza era vuota e perché allora lui va e tenta queste prove di forza, questi bagni di folla come vengono chiamati dalla stampa e dalla televisione compiacente? Per vari motivi: 1) per dipingersi ancora una volta sotto assedio, mentre non è sotto assedio per niente, ci sono dei processi, peraltro iniziati diversi anni fa, il processo Mills è iniziato nel 2005, il processo Mediaset è iniziato addirittura prima, il processo Mediatrade è iniziato da 3 anni, l’ultimo è il processo Ruby, non c’è nessun assedio, ci sono vecchi e nuovi processi che dipendono dal fatto che lui continua imperterrito a violare le leggi e a delinquere, però gli serve far vedere che c’è un assedio, che lui è assediato.
2) ragione è quella di buttare in burla i suoi processi, definirli ridicoli, farci una risata sopra, fare le battute sul Bunga, Bunga, dire “porto le ragazze, porto le escort” è un modo per svilire la gravità di ciò di cui è accusato, di depotenziare i processi che lui sa che questa volta si terranno, non c’è modo di evitarli. 3) motivo è quello che dicevo prima, dipingersi come il soggetto di uno scontro con la magistratura, lui solo contro 9000 magistrati e dietro questi magistrati forze occulte potentissime, poteri forti, complotti internazionali, diplomazie che ce l’hanno con lui etc., quindi apparire addirittura eroico in questo sforzo titanico di resistere a cotanto urto. 4) spaventare i magistrati con la piazza, peraltro vuota e con le leggi contro la giustizia, per fare un discorso tipicamente mafioso “o mi assolvete, o vi fermate o lasciate perdere o la smettete di indagare e processarmi oppure io vi faccio del male” e intanto soprattutto faccio del male ai cittadini, questa intimidazione non è fatta soltanto pro domo sua, è fatta anche pro domo di tutti i suoi compari, tra i quali il più pulito ha la rogna!
Ci sono molti personaggi nell’entourage del Cavaliere, il vecchio entourage, la ristretta cerchia e il nuovo entourage che si è recentemente allargato addirittura ai cosiddetti responsabili che arrivano un po’ da tutte le parti, ce ne sono molti che rischiano di finire male, pensate soltanto a Dell’Utri che è in attesa della sentenza di Cassazione del suo processo per mafia che a furia di dire che i politici non vanno in galera, poi finisce che qualcuno ci va in galera, Cuffaro è in galera! Essendo stato condannato in appello a 7 anni, confermato in Cassazione, Dell’Utri è stato condannato in appello a 7 anni, se tra qualche mese, quando la Cassazione si pronuncia dovesse confermare la sentenza di appello, anche Dell’Utri finisce in galera!
Immaginate come può stare tranquillo Berlusconi con Dell’Utri in galera, con tutto quello che sa Dell’Utri. L’ultima new entry è Francesco Saverio Romano che ha fatto tutta la sua carriera politica nella Democrazia Cristiana, poi nel partito di Casini che a un certo punto si è chiamato Udc, lui era il gemello di Cuffaro, lo accompagnava da tutte le parti, anche agli incontri con i mafiosi. Tra i responsabili che sono una trentina alla Camera, Romano è l’unico che ha un’indagine per concorso esterno in associazione mafiosa, più una per corruzione aggravata dalla volontà di favorire Cosa Nostra, quella per corruzione riguarda la spartizione di una parte del tesoro di Vito Ciancimino che è il contabile di Ciancimino, il tributarista, il ragioniere Lapis ed il figlio di Ciancimino Massimo, qualche anno fa avrebbero distribuito tra alcuni politici che avevano dei crediti nei confronti del vecchio Ciancimino o per esserne stati soci o per averne favorito gli affari, ci sono delle intercettazioni che misteriosamente i Carabinieri e la vecchia Procura ai tempi di Piero Grasso e Pignatone non avevano trascritto, sono state scoperte, un paio di anni fa e adesso la Procura sta per mandare queste intercettazioni alla Camera per chiedere l’autorizzazione a utilizzarle nei confronti di chi? Nei confronti di Cuffaro, di Vizzini, di Romano.
Se la Camera desse l’autorizzazione a utilizzarle questi signori che sono indagati per corruzione aggravata dalla fattispecie mafiosa, rischierebbero ovviamente guai, grane, Romano in più ha un’inchiesta per concorso esterno in associazione mafiosa, qualche mese fa la Procura al termine di lungo indagine ha chiesto al G.I.P. di archiviarla, perché? Perché si sono raggiunti molti elementi per ritenere che Romano sia in rapporti con i mafiosi, ma non si sono raggiunti, secondo la Procura elementi sufficienti per garantire che poi al dibattimento Romano venga condannato e quindi cosa si fa in questi casi? Non si chiede il suo rinvio a giudizio con il rischio di vederselo assolvere o prosciogliere addirittura in udienza preliminare, si chiede l’archiviazione, si dice al G.I.P. “mettiamo in freezer questo fascicolo, se emergessero elementi nuovi lo riapriamo, cosa che invece non si potrebbe fare se si chiedesse il rinvio a giudizio e l’imputato venisse prosciolto dal G.I.P. o se si chiedesse il rinvio a giudizio lo si ottenesse e poi al dibattito l’imputato venisse assolto, nel caso in cui emergessero elementi nuovi questo signore non potrebbe più essere giudicato per gli stessi fatti per i quali è già stato prosciolto o assolto, ecco cosa vuole dire l’archiviazione, per questo la Procura ha detto “congediamo in attesa di eventuali elementi nuovi”.

Il ministro di Napolitano - Il G.I.P. però ha tenuto lì, ha detto “aspettiamo perché nel frattempo è uscita la sentenza Cuffaro definitiva della Cassazione, nella sentenza Cuffaro, siccome Cuffaro alcuni rapporti con i mafiosi li aveva insieme a Romano, nel senso che andava a incontrarli insieme a Romano che era il suo gemellaggio, il suo braccio destro potremmo dire volgarmente, è interessante capire cosa ha stabilito la Cassazione su quello che faceva Cuffaro insieme a Romano, perché una sentenza di Cassazione ha valore di prova, anche in processi diversi, quindi anche in un eventuale processo a Romano, se la Cassazione dovesse dire qualcosa di pesante sul ruolo di Romano al fianco di Cuffaro, ecco che il G.I.P. potrebbe decidere che c’è ormai una prova cristallizzata sulle collusioni di questo personaggio e quindi invece di archiviare, dire alla Procura di chiedere il rinvio a giudizio, perché c’è un elemento nuovo.Cosa potrebbe dire la Cassazione? Non lo sappiamo perché la Cassazione su Cuffaro ci ha già dato il dispositivo condannato a 7 anni definitivi per favoreggiamento alla mafia, ma non ci ha ancora dato le motivazioni che saranno depositate tra qualche settimana.
In Corte d’Appello però gli stessi fatti erano già stati valutati, tant’è che la sentenza d’appello è stata confermata in toto dalla Cassazione, ci mancano le motivazioni della Cassazione, ma quelle d’appello confermate dalla cassazione le sappiamo, allora per esempio si dice che nel 1991, 20 anni fa quando iniziavano la loro carriera Romano e Cuffaro, andarono da Angelo Siino che era il Ministro dei lavori pubblici di Cosa Nostra e gli chiesero i voti, naturalmente Siino che voti controllava, ovviamente controllava voti mafiosi, era l’uomo messo dal Dott. Riina a gestire il tavolino degli appalti con i politici e gli imprenditori siciliani.
Lo stesso tandem Romano – Cuffaro secondo i giudici d’appello lo ritroviamo nel giro Guttadauro, Giuseppe Guttadauro era il capo della mafia di Brancaccio, quello per avere avvertito il quale delle indagini, delle intercettazioni a suo carico Cuffaro è stato condannato. Guttadauro parlava con un suo uomo, un certo Mimmo Miceli, anche lui poi condannato per mafia e Miceli dice al boss Guttadauro “ho rappresentato e ricordato a Cuffaro alla presenza del candidato Senatore Saverio Romano, la disponibilità e tutto l’impegno da lui manifestati per conto di Guttadauro suo referente” questa è la sintesi che fanno i giudici, quindi Miceli riferisce al boss di avere ricordato a Cuffaro, alla presenza di Romano la disponibilità e l’impegno che lui manifestava per conto di Guttadauro che era il suo referente, quindi lui si è messo a disposizione per conto di Guttadauro nelle mani di Cuffaro e di Romano, questo dice Miceli secondo i giudici di appello e poi Miceli stesso consiglia al boss, scrivono i giudici “di assecondare la scelta del candidato Senatore fatto da Cuffaro - e chi è il candidato senatore? E’ Romano. - in modo da poter accampare specifiche richieste successivamente per le competizioni regionali”, mettiamo il cappello su Romano, sposiamocelo questo candidato fedelissimo di Cuffaro e così poi dopo quando l’abbiamo fatto eleggere gli chiediamo i favori.
Infine - e questo succedeva nel 2001 – sempre nel 2001, il 2001 è l’anno in cui Berlusconi torna trionfalmente a Palazzo Chigi per la seconda volta, ma soprattutto in cui in Sicilia la mafia fa l'enplein, 61 collegi su 61 per il centro-destra.
Nel 2001 in campagna elettorale, scrivono sempre i giudici, citando il mafioso pentito Francesco Campanella, c’è un pranzo a Roma dove ci sono: Campanella (mafioso di Villa Abbate, braccio destro del boss Nino Mandalà, boss, è stato condannato in primo grado, quindi dobbiamo dire ancora presunto boss di Villa Abbate Nino Mandalà, era quello che era amico pure di Schifani), Cuffaro, Romano e altri. A un certo punto una delle persone, dei commensali dice a Romano, ma guarda che Campanella mica ti vota? Pare che sia una battuta, uno scherzo conviviale e invece racconta Campanella, Romano si alzò e disse seriamente, rivolgendosi a me: tu mi devi votare perché noi altri siamo la stessa famiglia! E aggiunge vai a Villa Abbate e ti informi, che famiglia? Non certo la famiglia di sangue, Campanella si chiama Campanella e Romano si chiama Romano, non sono parenti, che vuole dire “siamo della stessa famiglia vai a Villa Abbate e ti informi?” siamo della stessa famiglia di Villa Abbate, evidentemente la famiglia che secondo i giudici ha come boss Mandalà e lasciò attoniti tutti i commensali, un politico che a Roma a una cena o a un pranzo dice esplicitamente a Campanella “siamo della stessa famiglia vai a Villa Abbate” persino per una città italiana, una scena del genere evidentemente lascia un po’ di stucco e poi dice Campanella che Mandalà mi spiegò che Romano era stato autorizzato a candidarsi in quel collegio, perché in quel collegio non c’è candidato che non è espressione di mafia, quindi Mandalà confermò che Romano era della famiglia giusta, la sua!
Se per caso su questi punti e su altri contenuti nella sentenza Cuffaro, la Cassazione dovesse mettere il timbro di autenticità finale, consacrerebbe questi fatti come prove, non più necessarie di dimostrazione nel processo eventuale a Romano, ecco perché il G.I.P. prima di archiviare o di decidere altrimenti sta aspettando che la Cassazione si pronunci.
Intanto però Romano è diventato Ministro, tra tutti i responsabili che sono 30, l’unico che ha un’indagine di concorso esterno in associazione mafiosa, più corruzione, è diventato Ministro, potevano farne gli altri 29? No hanno fatto lui! Gli altri avevano un handicap, non avevano indagini per concorso esterno in associazione mafiosa, Napolitano ha fatto come al solito, prima l’ha nominato Ministro, poi ha assistito al giuramento e poi mentre quello usciva ha fatto un comunicato prendendo le distanze da sé stesso anche, perché è lui che l’ha nominato, secondo l’Art. 92, mi pare, della Costituzione è il Presidente della Repubblica che nomina il Presidente del Consiglio e, su indicazione del Presidente del Consiglio, nomina i Ministri, quindi non è Berlusconi che nomina Romano Ministro dell’agricoltura, Berlusconi propone a Napolitano quel Ministro lì, Napolitano se lo nomina, vuole dire che gli sta bene!
Perché dico questo? Perché sapete che ci sono Ministri che non stavano bene a capi dello Stato e che non sono diventati Ministri, quando Berlusconi portò Previti a Scalfaro, nel 1994 Previti non aveva indagini, era solo l’Avvocato di Berlusconi, quindi era in conflitto di interessi, Scalfaro disse “no, il tuo Avvocato no” e Previti non diventò Ministro della Giustizia. Quando nel 2001 Berlusconi portò Maroni Ministro della Giustizia, io feci un pezzo dicendo “beh ma è proprio il caso di mettere un condannato per resistenza a pubblico ufficiale, un condannato alla giustizia definitivo?” non so se Ciampi abbia letto il mio articolo o si sia informato diversamente, sta di fatto che Maroni non diventò Ministro della Giustizia, ma del Welfare, c’è voluto Napolitano per nominare Ministro dell’interno Maroni condannato per avere picchiato dei poliziotti, Ministro dell’Interno, cioè della Polizia, ma Ciampi non lo fece diventare Ministro della Giustizia e Scalfaro addirittura un Premier mandò indietro, perché nel 1992 in primavera, dopo le elezioni dell’aprile, era iniziata Mani Pulite da due mesi, era finito dentro Mario Chiesa, erano stati indagati Tonioli e Pillitteri i due ex sindaci craxiani socialisti di Milano, pochi altri manager socialisti, Craxi non aveva neanche un avviso di garanzia ancora, si sapeva che l’inchiesta avrebbe potuto arrivare a lui e quando il pentapartito che aveva appena vinto le elezioni, indicò Craxi come Premier, Scalfaro disse “no, io non lo nomino, portatemene un altro e nominò Giuliano Amato” dello stesso partito di Craxi ma meno compromesso con del sistema che stava venendo fuori.
Quindi non c’è bisogno né che uno sia indagato, né che uno sia condannato per non diventare Ministro o Presidente del Consiglio, perché? Perché il Capo dello Stato può decidere se una persona è degna o meno di diventarlo e lo può decidere sulla base di criteri di opportunità, di decenza, di decoro, sentenze penali, fatti documentati, conflitti di interessi, quello che si vuole, immagine… Napolitano invece ha detto di avere preso informazioni sulla situazione giudiziaria di Romano che è quella che vi ho descritto, poi l’ha nominato, poi ha detto: ho preso informazioni sulle gravi imputazioni che pesano sul suo capo e mi auguro, cito a memoria, un chiarimento rapido, forse era il caso di non nominarlo, un Ministro indagato per mafia e corruzione, magari il prossimo giro, magari mi mandi un altro dei responsabili.
E’ anche vero che sarebbe stato difficile giustificare il fatto di negare la nomina di un Ministro indagato per concorso esterno in associazione mafiosa con richiesta di archiviazione e indagato per corruzione, dopo avere nominato Presidente del Consiglio un imputato per corruzione giudiziaria, frode fiscale, appropriazione indebita, falso in bilancio e adesso pure concussione di prostituzione minorile, e indagato a Firenze, ce lo dimentichiamo sempre per le stragi del 1993 che non è mica stata chiesta l’archiviazione, ancora no, dalla Procura di Firenze, l’anno scorso anzi è stata chiesta e ottenuta una proroga delle indagini su Berlusconi, indagato per concorso nella strage.
Forse bisognerebbe chiedere chiarimenti anche su Schifani che come ben sapete è indagato su concorso esterno a Palermo, quindi deve essere per tutto questo che Napolitano decide di nominare pure Romano, facendo però sapere che non gli era piaciuto tanto, adesso si vedrà quando uscirà la sentenza Cuffaro della Cassazione, Romano rischia grosso, quindi voi capite che Berlusconi quando deve spaventare la magistratura, non la deve spaventare soltanto per sé, la deve spaventare anche per conto e in nome di tutti di quegli che gli stanno intorno, che sono così, perché hanno capito che dura poco questa cosa, quindi si stanno giocando le ultime cartucce, una volta che non abbiano più un padrino che li copre e li protegge e lavora per tutti loro a Palazzo Chigi, saranno soli al mondo e se sono colpevoli i finiranno a trenino in galera nei prossimi anni, vedrete, sarà esattamente come quando crollò la Prima Repubblica, quando i Ministri… c’era la ressa davanti a San Vittore e a Poggio Reale, all'Ucciardone e a Regina Celi, tanti erano i Ministri che entravano in galera, vedrete quando cadrà Berlusconi quanta gente finirà in galera, perché? Perché sarà saltato il tappo che teneva tutto compresso.

Lasciamolo solo - Quindi spaventare finché si è in tempo i magistrati sono tutte mosse disperate naturalmente, ecco perché dicevo che forse è venuto il momento di lasciarlo un po’ solo, perché si capirebbe ancora meglio che siamo di fronte a un caso umano, invece di enfatizzare questo scontro che in realtà non c’è perché è lui che sta dichiarando guerra come al solito a tutto il mondo, tranne al suo amico Gheddafi, gli dispiace non vuole disturbare.Faccio un esempio per concludere, la legge sulla responsabilità civile dei magistrati, ne avevamo già parlato, adesso è diventata urgente perché c’è un parlamentare della Lega, di cui non mi ricordo neanche il nome perché ti spuntano come i funghi per conquistarsi 15 minuti di celebrità fanno subito una legge per il padrone, che ha infilato in una normativa europea una roba che stravolge completamente la vecchia legge sulla responsabilità civile dei giudici, cos’è la responsabilità dei giudici? E’ una norma che consente ai cittadini che hanno subito un errore giudiziario di avere un risarcimento dei danni, sacrosanto, i giudici che sbagliano devono pagare, è sacrosanto, il problema è come, l’abbiamo già detto! Oggi abbiamo una legge che è nata dal referendum del 1987 è la legge N. 117/88 firmata da un giurista, socialista, padre del nostro Codice di Procedura Penale Giuliano Vassalli, capo partigiano, figura eminente, cosa stabilisce? Se un giudice fa un errore, deve risarcire il danno, naturalmente il cittadino che ritiene di averlo subito, denuncia lo Stato, lo Stato se accerta che ha subito il danno lo risarcisce e poi se quel danno deriva da colpa grave, da un errore pesante del giudice, non da una svista, da un errore pesante fatto da un giudice incapace oppure da dolo addirittura, se il giudice l’ha fatto a posta a fargli quel torto, allora il giudice per quanto riguarda.
La legge è giusta, come fa notare l’ex Giudice Tinti su Il Fatto Quotidiano c’è un errore in quella legge, una cosa sbagliata, che il giudice restituisce allo Stato la somma che lo Stato ha già refuso alla vittima dell’errore, ma fino al massimo di 1/3 del suo stipendio, questo è sbagliato, se il giudice ha sbagliato deve pagare tutto, non fino a 1/3 del suo stipendio, peggio per lui se ha sbagliato!
Non stiamo parlando di sviste, stiamo parlando di errori marchiani dolo e colpa grave, questo dice la legge.
Adesso questo codicillo infilato da questo leghista ineffabile, cosa dice? Dice una cosa diversa: che il giudice oltre che per dolo e per colpa grave, deve pagare – si chiama Pini il leghista – di tasca sua anche nel caso di violazione manifesta del diritto, cosa vuole dire “violazione manifesta del diritto?” se tu hai interpretato o applicato male una norma della procedura, facendo il processo penale o civile.
Per le presunte violazioni del dritto, in tutti gli stati di diritto, non si denuncia il giudice, si fa ricorso in appello o in Cassazione, anzi il ricorso in Cassazione è proprio quello specifico per le presunte, ritenute violazioni del diritto fatto dal giudice che ha giudicato nel merito, c’è sempre un giudizio di merito, di appello e poi le eventuali questioni di diritto si denunciano eventualmente in Cassazione, che senso ha, dopo che tu hai già avuto un verdetto di Cassazione, favorevole o contrario a te non mi interessa, denunciare il giudice per violazione del diritto? E qual è la violazione manifesta del diritto? Chi lo decide se hai fatto una violazione manifesta del diritto, è una cosa che non sta né in cielo e né in terra, il risultato è che con questa formula ampia che non vuole dire niente “violazione manifesta del diritto” qualunque giudice o PM potrà essere denunciato o chiamato a rispondere di tasca sua non “io denuncio lo Stato e lo Stato si rivale sul giudice se ha commesso il dolo o colpa brave, ma io denuncio direttamente il giudice ogni volta che voglio” con questa scusa della violazione del diritto.
Eppure già oggi con la legge che abbiamo e che va benissimo, salvo con quella faccenda del terzo dello stipendio, lo Stato già si rivale sui giudici in caso di grave violazione di legge, dovuta a negligenza inescusabile, certo se il giudice ha fatto un abuso causa negligenza inescusabile, non ha letto un pezzo delle carte degli atti del processo, per esempio grave negligenza inescusabile, il giudice per decidere deve leggere tutte le carte, affermazione determinata da negligenza inescusabile di un fatto la cui esistenza risulta incontrastabilmente agli atti del processo, se tu dici il contrario di quello che risulta dagli atti inequivocabilmente non è una tua interpretazione è che proprio hai preso un abbaglio, negazione dovuta a negligenza inescusabile, di un fatto la cui esistenza risulta dagli atti, è certo, se affermi un fatto che è smentito dagli atti o se neghi un fatto che è inequivocabilmente affermato dai fatti, oppure se limiti la libertà di una persona al di fuori dei casi consentiti dalla legge, oppure senza motivazione, certo se non spieghi perché hai arrestato uno o se lo arresti per un reato per il quale non è previsto arrestarlo o senza i presupposti che consentono di arrestarlo, lì non è che è opinabile, li hai fatto un grave fallo!
Cosa dice questo leghista naturalmente in Commissione Giustizia questa porcata è passata con il solito voto del radicale, ci sono sempre questi radicali che quando c’è bisogno di dare una mano a Berlusconi si danno immediatamente da fare, e quindi hanno introdotto centro-destra, relazione di Pini, voto del radicale eletto con il PD che dà una mano al Cavaliere, il principio della violazione manifesta del diritto, che come vi ho detto non si sa cosa sia.
L’Avvocato Caputo di Giustizia e libertà di Torino mi fa notare che a questo punto ai giudici resteranno due strade per evitare di essere continuamente denunciati: o non condannare, non arrestare, non inquisire più nessuno, ogni volta che arriva una notizia di reato non guardarla, far finta di non vedere, darsi malati, mangiarsi le prove, mangiarsi le bobine con le intercettazioni telefoniche, oppure mettersi d’accordo per fare sentenze tutte uguali primo, secondo e terzo grado in modo che comunque se tutte le decisioni prese dai magistrati in un procedimento vengono confermate nei gradi successivi, nessuno potrà dire che c’è stata nessuna violazione e nessun torto, è questa la giustizia che vogliamo? Abbiamo vari gradi di giudizio e facciamo una legge che indurrà i giudici o a non decidere più o a decidere di darsi sempre ragione, anche quando hanno torto, per paura di essere denunciati? E’ questa la giustizia che vogliamo? Infatti lui dice maliziosamente è ovvio che sarebbero dei mascalzoni i giudici che lo facessero, ma a questo potrebbe portare la legge e se i giudici si mettessero tacitamente d’accordo nel senso che tutte le sentenze di primo grado venissero acriticamente confermate nei successivi gradi di giudizio, dove starebbe la manifesta violazione del diritto? Formalmente si metterebbero a posto gli uni con gli altri, ma il bello è quello che scrive Bruno Tinti che ha la rara capacità di fare degli esempi, su Il Fatto Bruno Tinti, andatevi a vedere il pezzo perché è molto divertente, l’abbiamo intitolato “Una boiata pazzesca” fa due esempi: rapina alle Poste, due testimoni vedono in faccia il rapinatore e in Questura lo riconoscono da una foto segnaletica, è Pippo già condannato 3 volte per lo stesso reato, il PM chiede la cattura di Pippo e il G.I.P. è d’accordo, così dopo un paio di mesi Pippo finisce in prigione, dice che è innocente e che il giorno della rapina lui era in Spagna a Marbella insieme con la sua fidanzata Lucia. Rogatoria estera; al giudice spagnolo la ragazza dice che è proprio vero, il 25 marzo stavano insieme. “Siamo andati a Porto Banus, poi abbiamo mangiato a La Moraga, poi siamo andati a fare compere al Corte Inglès, poi siamo andati a giocare a tennis al circolo di Manolo Santana e poi abbiamo cenato lì.” Il giudice chiede da quanti giorni Pippo era a Marbella. “Eh, 2 o 3”. “E il giorno prima, il 24 marzo, cosa avete fatto?” “Eh, boh, cioè, non so. Ah sì, siamo stati al mare.” “Al mare dove? Nikki Beach? Play Fantastica?” “Mah, al mare, adesso non mi ricordo.” “Tutto il giorno?” “Beh no, poi siamo andati a fare compere.” “Dove?” “Mhhh” “E il giorno dopo, il 26 marzo?” “Ma insomma, adesso non mi ricordo, e poi che c’entra con la rapina?” Il Pm non crede a Lucia, crede ai testimoni che hanno riconosciuto Pippo e chiede il rinvio a giudizio; il Gip la pensa come il Pm e anche il Tribunale: 5 anni di galera in primo grado a Pippo per la rapina. In Appello l’avvocato di Pippo dice che Lucia ha importanti rivelazioni da fare (la fidanzata), in Tribunale non era stata sentita, era irreperibile e quindi sono state accettate come prova le dichiarazioni per rogatoria in Spagna. Lucia arriva al processo d’appello e spiega tutte quelle cose che prima non ricordava adesso se le ricorda, racconta tutto per filo e per segno dove sono stati il giorno prima, il giorno stesso e il giorno successivo e allora la Corte d’Appello le crede e assolve Pippo. Chi ha sbagliato? I giudici del Tribunale che hanno creduto al G.I.P., che aveva creduto al PM che non aveva creduto a Lucia? O hanno sbagliato i giudici d’appello che hanno creduto a Lucia? Nessuno dei due, ha sbagliato dal punto di vista di Pippo, perché? Perché c’erano elementi tali, i testimoni all’accusa per ritenerlo colpevole e le titubanze della Lucia in primo grado.
In appello Lucia ha sfoderato una memoria di ferro peraltro recentissimamente riempita di quei buchi che aveva in primo grado e quindi i giudici hanno avuto dei dubbi e nel dubbio, dato che bisogna condannare solo oltre ogni ragionevole dubbio, allora hanno assolto, non hanno detto che quelli di prima avevano sbagliato, hanno detto che a loro è venuto il dubbio che avesse ragione Pippo in base a quello che ha detto la fidanzata.
Non c’è nessun errore giudiziario né prima, né dopo, per convenzione noi accettiamo la sentenza che arriva dopo, se viene confermata in Cassazione, questa sentenza di assoluzione in appello diventa definitiva, c’è stato mica un errore giudiziario? No, Pippo può essere risarcito? Assolutamente no, ci mancherebbe altro che tutti quelli che vengono prima indagati, poi arrestati o anche solo indagati e rinviati a giudizio, condannati in un grado e assolti in un altro, potessero avere il risarcimento, sarebbe la fine!
Ecco com’è facile suggestionare la gente con questa storia che il giudice deve pagare quando sbagliata e in realtà poi non sappiamo bene cosa vuole dire quando sbaglia, adesso l’altro esempio che riguarda Berlusconi, processato per prostituzione minorile.
Berlusconi è processato per prostituzione minorile, perché? Perché ritengono i giudici che sapesse che Ruby era minorenne, quando, secondo l’accusa andava a letto con lei e poi la pagava. Se i giudici lo condannano in primo grado e poi lo assolvono in appello, è semplicemente perché in primo grado hanno creduto agli elementi notevoli che ha portato l’accusa e in appello è venuto il dubbio che possa avere ragione lui, mettete per esempio che qualcuno insinui il dubbio che hanno sbagliato a registrare la data di nascita all’anagrafe in Marocco, sapete che erano anche andati alcuni emissari, come abbiamo raccontato su Il Fatto per cercare di alterare quei registri, quindi mettiamo che in questo pro e contro, processo indiziario, è chiaro che nel processo dove c’è la foto del colpevole che infila il coltello nella pancia della vittima non è un processo indiziario, ma ci sono i processi indiziari dove è importante il mosaico per rendere più probabile la tesi dell’accusa e della difesa e in quei processi la valutazione soggettiva del giudice varia, uno può essere convinto della consapevolezza e un altro può avere un dubbio in più e convincersi dell’innocenza, oppure può emergere un fatto nuovo dopo che supera la decisione che è stata presa prima o può essere valutato diversamente, quindi non c’è nessun errore se viene condannato da una parte e assolto dall’altra, semplicemente c’è una diversa valutazione del materiale.
L’errore sarebbe se ci fosse un’intercettazione negli atti in cui Emilio Fede dice a Berlusconi “guarda che ho controllato, è maggiorenne, puoi andarci a letto tranquillamente” e Berlusconi “ah grazie, io controllo sempre, mi raccomando!” in questo caso Berlusconi avrebbe la prova che era stato buggerato, avrebbe la prova che lui credeva veramente che era maggiorenne, se i giudici ignorassero questa intercettazione per condannare Berlusconi, ecco il dolo, ecco la colpa grave, ecco la negligenza inescusabile, non hanno guardato bene oppure hanno letto quell’intercettazione e l’hanno imboscata, nel primo caso colpa grave, nel secondo caso dolo, hanno fatto apposta, in quel caso sì che Berlusconi condannato in assenza di quella telefonata e poi assolto in presenza di quella telefonata avrebbe tutto il diritto di richiedere il risarcimento allo Stato che poi chiederebbe i danni ai giudici che hanno fatto quella porcata.

Forse è questo che si chiede all’informazione e anche alla Magistratura associata, meno strepiti, Berlusconi ce l’ha con noi, ci vuole punire, lo sappiamo che vi vuole punire, ma ai cittadini non gliene frega niente, invece è molto importante far capire ai cittadini che razza di processo viene fuori, se l’imputato può far causa al suo giudice, quindi freddezza, nervi saldi da parte di tutti, anche di quelli che vogliono andare a manifestare contro quelli che manifestano per Berlusconi e possibilmente cercare di spiegare chirurgicamente e freddamente ai cittadini cosa succede a noi se passano queste leggi, ben sapendo che ormai per fortuna se Dio vuole ne passeranno ben poche, bisogna cercare di fare questo salto, vi do solo un dato: l’altro giorno a un convegno il sondaggista Pagnoncelli ha raccontato che per gli italiani l’emergenza N. 1 non è né la Libia, né quei poveri immigrati a Lampedusa, né tanto meno il federalismo, l’emergenza vera dell’Italia è l’evasione fiscale e la corruzione e le mafie, i soldi che sfuggono allo Stato con il nero e che quindi i cittadini onesti sono costretti ogni anno a rabboccare pagandone di più di tasse, questa è l’emergenza N. 1 per i cittadini italiani nei sondaggi, vi pare normale che il politico più votato alle ultime elezioni sia stato un signore imputato di evasione fiscale e corruzione? Bisogna cercare di unire queste due informazioni: è giusto avercela con l’evasione fiscale, con la corruzione e con le mafie finalmente siamo arrivati a avercela con questi che sono i veri problemi dell’Italia e quindi per favore non facciamoci più rappresentare da un imputato di corruzione e evasione fiscale, è questo link che manca, abbiamo le due informazioni ma non riusciamo ancora a metterle insieme, strepitare gli uni contro gli altri non serve, invece far passare questi messaggi per chi lo può fare è molto più utile, passate parola, buona settimana!

Marco Travaglio (Passaparola del 28 marzo 2011)