sabato 29 settembre 2012

I miei figli



Sei settimane fa è nato mio figlio secondogenito, 10 anni circa dopo la nascita di mia figlia Lisa. Andrea è stato messo al mondo dalla mia compagna di vita ed è stato un regalo immenso per tutta la nostra famiglia.
In quell'occasione scrissi il pezzo che potete leggere sotto per tentare di raccontare in poche linee il mio percorso di donna, di lesbica, di madre. Un pezzo che pubblicai sul mio profilo facebook per condividerlo con le tante persone che s'interessano al fenomeno della genitorialità delle persone omosessuali. Le reazioni, le numerose condivisioni, i bei commenti mi hanno lasciato pensare che valeva la pena riproporvelo come primo pezzo su questo blog: una specie di presentazione, personale e politica, di un percorso di vita.
Buona lettura.
Ogni giorno nascono migliaia di figli che spesso fanno la gioia delle loro famiglie e rendono la vita dei propri genitori più bella e più ricca. Tutti i genitori del mondo guardano alle loro creature come se fossero la settima meraviglia del mondo e per certi versi ogni nuovo nato lo è per tutte le promesse e le speranze che sembra portare. Ogni volta e per tutti, un nuovo figlio è (o dovrebbe essere) nello stesso tempo, una meraviglia e la continuazione quasi banale della vita. Ma per una donna lesbica nata nel 63, dire queste tre semplici parole, "I miei figli", rileva di un qualcosa di quasi magico, di straordinario comunque. Eppure nel mio immaginario di bambina e di adolescente ho sempre visto nel mio futuro di donna anche una madre. E nello stesso tempo ho affermato, molto presto e determinata: "non mi sposerò mai". Due cose che nella testa di mia madre erano inconcepibili e forse anche nella mia ma non sapevo bene il perché. E poi a 17 anni l'incontro con Raphaelle e poco dopo la consapevolezza chiara e limpida che la mia vita l'avrei costruita con una donna. Ricordo ancora perfettamente quel giorno del maggio del 1982 quando ogni cosa finalmente aveva trovato il proprio posto e le parole potevano nominare ciò che sentivo e non avevo capito fino a ora. Ero incontestabilmente lesbica e la cosa non mi spaventò e non mi fece ribrezzo e non mi sentii non adeguata o strana o diversa. Al contrario mi sentivo finalmente realizzata e capivo ogni cosa e mi sentivo finalmente libera e piena e intera. Però ricordo anche che quel giorno stesso, dissi alla donna che amavo "peccato, non avremmo mai figli". Ero troppo giovane e innamorata per esserne davvero ferita in quel momento. Era solo una constatazione serena. Era una rinuncia formulata: essere lesbica e decidere di viverlo pienamente voleva dire semplicemente non avere figli. Avevo come tutti assorbito un concetto mai veramente espresso ma pesante e presente come un macigno: gli omosessuali sono sterili; non sterili biologicamente certo ma sono persone a cui viene imposta una sterilità sociale indiscussa e indiscutibile. Gli unici omosessuali che avevano figli erano quelli che rientravano nel sistema, sposandosi e dando all'esterno un'immagine che corrispondeva a quella che ci si aspettava da un uomo, da una donna. Una vita falsa insomma che non ero disposta a vivere. Quanti matrimoni combinati, quanta ipocrisia, dolori, e anche arrangiamenti tra gay e lesbiche che ancora oggi purtroppo perdurano ! E poi i tanti che in buona fede ci provavano, si sposavano, e poi divorziavano, spesso con molti drammi e solitudine per figli e genitori. I miei figli. I miei figli hanno due mamme. Nel 78, avevo 15 anni, in piena adolescenza ribella e mi ricordo ancora con quanta attenzione e curiosità vidi la notizia della nascita di Louise Brown, la prima bambina al mondo nata grazie a un concepimento in vitro, una fivet. Mi sembrava straordinario e non so come spiegarlo ma sentivo senza capirlo che questa cosa mi riguardava da molto vicino. I miei figli sono nati tutti e due grazie a una fivet e grazie a doni di gameti esterni alla coppia. Sono nati perché un giorno, avevo 38 anni, capii una cosa semplicissima ma rivoluzionaria: io non ero sterile e nemmeno la mia compagna era sterile. Ciò che ci aveva rese sterili fino allora erano due elementi che potevano trovare soluzioni entrambi: il primo elemento era estremamente potente, l'oppressione sociale ; il secondo aveva soluzioni immediate se si riusciva a superare il primo : la mancanza di un gamete maschile. Tutto il resto funzionava o almeno poteva funzionare o era programmato per funzionare. E io potevo diventare madre semplicemente se passavo da un concetto all'atro, da una consapevolezza all'altra e cioè dalla sterilità sociale imposta alla molto più semplice sterilità di coppia. Scoprii in effetti con liberazione che la nostra vera sterilità era una semplice sterilità di coppia, equivalente in tutto e per tutto alla sterilità che affliggeva migliaia di coppie eterosessuali incapaci di concepire per motivi "tecnici" : aspermia, ovuli non adeguati, uteri assenti e mi resi conto che la scienza poteva aiutare noi come aiutava loro. I miei figli sono nati perché abbiamo rifiutato l'imposizione della sterilità obbligata per le coppie e le persone omosessuali. Perché piano piano abbiamo disimparato a "non pensarci", a negarci questa possibilità. I miei figli sono nati grazie a Louise Brown e a Robert Geoffrey Edwards e alle centinaia di migliaia di coppie infertili che non si sono arrese "al destino" "alla volontà di dio" alla "maledizione". Oggi nel mondo nascono bambini grazie alle PMA ogni secondo e ognuno di loro è un regalo straordinario che la vita e la scienza fa ai loro genitori e ai bambini stessi. Il fatto che alcuni di questi genitori felici e appagati siano omosessuali dovrebbe essere un particolare che non cambia nulla alla magia dei fatti. Un particolare per certi aspetti perché una famiglia è una famiglia è una famiglia, punto. Ma una rivoluzione per tanti altri aspetti... Nelle nostre famiglie ci sono adulti consapevoli e preparati e bimbi che sanno tutto della loro storia e che crescono con la consapevolezza di essere stati desiderati più di ogni altra cosa e questo, insieme ai baci e ai rimproveri fa diventare loro grandi e forti anche per affrontare l'omofobia, la stupidaggine, l'ignoranza. Nelle nostre famiglie, si cresce nella verità della propria storia e si impara che è l'amore che crea una famiglia e che l'amore è più forte dei legami di sangue, dei cromosomi e anche delle leggi. Si impara anche che una mamma può assumere un ruolo tradizionalmente paterno e un papà quello tradizionalmente materno e che queste fluttuazioni non cambiano nulla per i figli ma sono importanti per tutti poiché offrono un modello in cui i ruoli di genere saltano in aria per dare libertà a tutti quanti. Quando un bambino cresce nella verità, nell'amore, nel rispetto e nei limiti protettivi che gli danno adulti amorevoli, questo bambino crescerà forte e sicuro.
E quello che io, Raphaelle e i nostri figli auguriamo a tutti i bambini del mondo.


Giuseppina La Delfa (Presidente Associazione Famiglie Arcobaleno)




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