Per
quanto infamante sia ogni nuova accusa che si abbatte su Berlusconi, la
volonterosa pattuglia degli Alfano e dei Quagliarello si affretta a ripetere
che «non avrà alcuna conseguenza sul governo». Più l’accusa è grave (e quella
di avere corrotto senatori è gravissima), più il tentativo di liquidarla come
un dettaglio seccante ma ininfluente diventa arduo, quasi un virtuosismo.
Fossimo semplici spettatori di uno show vorremmo che l’escalation non si
interrompesse, per vedere come se la caverebbero Alfano e Quagliarello se al
loro (ex?) capo arrivasse un mandato di cattura per furto di bestiame, o rapina
a mano armata, o l’accusa di essere il vero capo di Al Qaeda. Purtroppo non lo
siamo, e lo spettacolo ci riguarda così da vicino che ne avvertiamo, con disagio
profondo, la natura patologica. Né per chi lo ha votato né per chi lo ha
inutilmente avversato è facile ammettere che per venti anni l’Italia è stata in
balia di un giocatore scorretto (ipotesi fausta) o di un corruttore (ipotesi
infausta). Per questo in molti cercano disperatamente di ridurre uno scandalo
gigantesco a un impiccio procedurale. In psicanalisi si chiama “rimozione”: ed
è foriera di sofferenza e sconquassi peggiori di quelli che la verità
porterebbe con sé.
Michele Serra (Jack's Blog - 25 ottobre 2013)
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