Il
vincitore delle elezioni non è Matteo Renzi. Sono io. Faccio parte
infatti del più grande movimento politico italiano, quello degli
astenuti, delle bianche e delle nulle che raggiunge il 45,8% guardando
dall'alto dei cinque punti in più di percentuale il miserando 40,8% del
Pd. Di questo movimento sono un veterano . Non voto da decenni. Me lo
impedisce la mia religione. Ho scritto un libro Sudditi. Manifesto contro la Democrazia, non
credo nella democrazia rappresentativa. E' una truffa. Un imbroglio ben
congeniato, sofisticato, «per metterlo nel culo alla gente, e
soprattutto alla povera gente, col suo consenso» (Sudditi). Non è
la democrazia ma un sistema di oligarchie, politiche, economiche e
spesso criminali, strettamente collegate fra loro o, nella migliore
delle ipotesi, di aristocrazie mascherate che oltretutto non hanno
nemmeno gli obblighi delle aristocrazie storiche.
Credo
alla democrazia diretta esercitata in ambiti circoscritti. La
democrazia è esistita quando non sapeva d'esser tale (è sempre così,
quando una cosa comincia ad essere nominata vuol dire che non esiste
più, si è parlato di comunismo dopo che era scomparso il comunitarismo
medioevale che se non era proprio comunismo gli si avvicinava
parecchio). Nella comunità di villaggio preindustriale e preborghese
l'assemblea dei capifamiglia decideva assolutamente tutto ciò che
riguardava il villaggio: «Votava le spese e procedeva alle nomine,
decideva della vendita, scambio e locazione dei boschi comuni, della
riparazione della chiesa, del presbiterio, delle strade e dei ponti.
Riscuoteva 'au pied de la taille', cioè proporzionalmente i canoni che
alimentavano i bilanci comunali, poteva contrarre debiti e iniziare
processi, nominava oltre ai sindaci, i maestri di scuola, il pastore
comunale, i guardiani delle messi, gli assessori e i riscossori di
taglia. L'assemblea interveniva nei minimi dettagli della vita pubblica
in tutti i minuti problemi dell'esistenza campagnola» (Pierre Goubert, L'ancien Régime).
L'assemblea aveva poi la fondamentale funzione di fissare la
ripartizione delle tasse reali (in genere il 5%, ma anche meno)
all'interno della comunità e provvedere alla riscossione. Le decisioni
prese a Versailles -se parliamo di Francia- cioè dal governo centrale
non avevano alcuna ripercussione sulla comunità di villaggio, a meno che
non avesse la sfortuna che una qualche guerra passasse proprio sul suo
territorio (ma alle guerre partecipavano solo i nobili e quindi un
numero assai ridotto di individui, l'idea folle della coscrizione
obbligatoria venne a Napoleone, questo teppista corso, che mandò sul
campo eserciti di quattro milioni di soldati costringendo anche i suoi
antagonisti ad adeguarsi).
Questo
sistema, che aveva funzionato benissimo per secoli, fu cambiato nel
1787, due anni prima della Rivoluzione francese, sotto la spinta degli
interessi della borghesia e della sua smania di regolare ogni aspetto
della vita, anche privata, cosa che nello Stato moderno ha raggiunto
eccessi grotteschi quanto intollerabili, vennero cambiate le carte in
tavola: non era più l'assemblea a decidere direttamente ma doveva
nominare dei delegati. Era nata la democrazia rappresentativa.
Ma
non mi convince nemmeno la democrazia diretta via web propugnata da
Grillo. Perché il contadino decideva del suo e sul suo, che conosceva
benissimo, mentre chi vota nel web possiede solo un'infarinatura delle
questioni su cui è chiamato a decidere e questo sarà tanto più vero
quanto più questo tipo di democrazia tenderà a globalizzarsi.
Massimo Fini (Il Fatto Quotidiano, 31 maggio 2014)
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