martedì 29 luglio 2014

Renzi e il patto del Nazareno: caro Pd, l’allucinazione sei tu?

Caro Partito Democratico, i tuoi elettori hanno passato gli anni berlusconiani nella convinzione che tu e i tuoi predecessori faceste opposizione, che ci fosse una differenza ideale (e morale) tra te e il centrodestra, che se le cose non riuscivi a farle era solo perché non avevi i numeri, ma una volta al governo…
Ora però non hai più alibi. Anzi, la cosa più grave (e triste) è che le tue scelte e vicende attuali riscrivano parte della tua storia, ridefiniscano quelli cui abbiamo assistito in passato appunto come “alibi”. Il timore, in chi ha creduto in te e ti ha votato – timore sempre più fondato –, è che non sia stato l’avvento di Renzi ad averti fatto #cambiareverso, bensì che questa sia solo un’operazione di maquillage per rivelarti agli italiani per quello che, in fondo, sei sempre stato. Renzi come la tua “operazione trasparenza”. E quello che si vede è tutt’altro che piacevole. Immagina com’è difficile, per chi per anni ha combattuto al tuo fianco contro Berlusconi, vederti ora stringere patti segreti con lui. Cambiare la Costituzione, il Parlamento, il mondo del lavoro, la giustizia, nella direzione che lui avrebbe voluto e tu dicevi di combattere. Sentirti dire che è “un’allucinazione” e “una bugia” che la riforma elettorale e del Senato siano svolte autoritarie (come sostengono fior di costituzionalisti e i centinaia di migliaia di italiani che hanno sottoscritto l’appello di questo giornale), come avrebbe fatto un Capezzone qualunque, e togliere la voce a chi si oppone imponendo la ghigliottina.
Il tutto citando Fanfani. Immagina com’è doloroso, per chi ha creduto in te e nella tua presunta superiorità morale rispetto al centrodestra, assistere alle stesse inchieste, arresti, spartizioni di mazzette, e poi vedere salvati dalle stesse norme (che insieme avete votato) Penati e Berlusconi. Immagina com’è incomprensibile, e insieme illuminante, constatare che nonostante il M5s ti offra i suoi numeri sostanziosi su un piatto d’argento – tardivamente, ok, ma te li offra – per fare una legge elettorale migliore, ripristinare le preferenze, togliere l’immunità, istituire il reddito di cittadinanza, la legge sul conflitto d’interessi e tutte le altre cose che dicevate di voler fare una volta al governo, tu scegli sempre e comunque Berlusconi “anche se fosse stato condannato”.
Caro Pd, ora che non hai più alibi, che non puoi più dire “sono costretto”, bensì scegli consapevolmente questa strada, una voragine si apre nella mente del tuo elettorato: che – ripeto – non sia stato Renzi a cambiarti, ma che tu sia così, che lo sia sempre stato. Che l’allucinazione sia quella che gli avete fatto vivere in tutti questi anni: di essere alternativi e non due facce della stessa medaglia. In autunno i nodi economici verranno al pettine, le promesse di Renzi si misureranno (schianteranno?) con la realtà. E allora, magari, chiederà il voto. Lui se la caverà (forse di nuovo alla grande) e Berlusconi – libero ormai dai servizi sociali – pure. Ma tu? E il Paese? Un cordiale saluto.

Luisella Costamagna (Il Fatto Quotidiano - 29 luglio 2014)


lunedì 28 luglio 2014

Ritorno in Sicilia - Incontro con Ferdinando Scianna

Documento che, pur assommando complesse considerazioni sul significato della vita, scorre con una fluidità inusuale. Con leggerezza e ironia vengono fuse sensazioni, impressioni, ricordi, insegnamenti e tanto altro ancora. Il fotografo Scianna si racconta e ci racconta il suo percorso attraverso un film .... che comunque assembla e stampa tanti negativi .... e ci fa pensare .... Ritorno in Sicilia - Incontro con Ferdinando Scianna

http://www.arte.rai.it/articoli/ritorno-in-sicilia-incontro-con-ferdinando-scianna/20153/default.aspx?fb_action_ids=10204187056944098&fb_action_types=og.comments&fb_source=aggregation&fb_aggregation_id=288381481237582

sabato 26 luglio 2014

Riforme: un Parlamento illegittimo non può cambiare la Costituzione

Accolgo l’invito del dottor M. Travaglio a suggerire come procedere per sventare il rischio rappresentato dalle attuali, reazionarie proposte di riforme costituzionali e della legge elettorale. Penso che il problema fondamentale, al di là del merito delle proposte, è che le istituzioni che le stanno proponendo sono illegittime e che di questo non si tiene il giusto conto. Infatti, a gennaio 2014 la Corte Costituzionale ha dichiarato incostituzionale la legge elettorale con la quale sono stati eletti l’attuale Parlamento, le più alte cariche dello Stato ed è stata data la fiducia al governo. Per brevità taccio sulle modalità fortemente “atipiche” con cui l’attuale capo del governo si è appropriato della carica.
Per tornare al punto: se la legge elettorale è incostituzionale ne deriva necessariamente che tutto quello che discende da quella legge è incostituzionale anch’esso ed in particolare Parlamento, PdR, governo sono anch’esse incostituzionali.  Da ciò, sempre necessariamente, consegue che:
1) un Parlamento incostituzionale tutto può fare tranne che modificare la Costituzione perché a distanza anch’essa potrebbe essere dichiarata incostituzionale;
2) dopo la sentenza della Corte Costituzionale in un paese democratico il Parlamento avrebbe dovuto e potuto fare una sola cosa: una legge piccola piccola  per sanare lo sfregio del Porcellum e rimettere in funzione la legge elettorale precedente cioè il Mattarellum;
3) a questo punto il Presidente della Repubblica, avrebbe dovuto sciogliere le Camere e mandarci al voto. E forse avremmo potuto contemporaneamente anche votare per i membri dell’Assemblea Costituente sottraendo ai politici il compito di riformare la Costituzione.
Così, soltanto dopo le nuove elezioni avremmo avuto o un nuovo Parlamento legittimato a riformare eventualmente la Costituzione oppure, e meglio, direttamente i membri dell’Assemblea Costituente. Pertanto mi sembra che il punto fondamentale su cui martellare l’opinione pubblica è che l’attuale Parlamento e l’attuale governo sono illegittimi e quindi non debbono e non possono, riformare né la Carta Costituzionale, né la legge elettorale e che potremmo rimettere in vigore immediatamente il Mattarellum.
Questo mi sembra il punto su cui battere e non i singoli punti delle riforme, più o meno obbrobriosi e reazionari nel loro insieme comunque. Per cui propongo:
1) insistere nel sostenere e nello spiegare che chi sta facendo le riforme non è legittimato a farle;
2) pretendere che si rimetta in funzione subito il vecchio Mattarellum;
3) ben sapendo che dovremmo andare al voto ma che alla sola parola “elezioni” tutti scatteranno  dicendo che le attuali condizioni economiche non ce lo permettono, diciamo a Renzi di lasciar perdere tutte le riforme e mettere mano, se sa, all’economia e poi si vada comunque subito al voto con il redivivo Mattarellum.
Infine, vorrei dire ai parlamentari del M5S: non vi dividete su leader sì, leader no perché  i leader servono, senza di loro non si va da nessuna parte. Ma sappiate che i leader servono ma non bastano. Pertanto stringetevi attorno a quelli che sono emersi e agli altri che potrebbero continuare ad emergere e continuate a lavorare seriamente perché comunque i leader, per quanto bravi, intelligenti, onesti non possono fare tutto da soli. E il nostro  paese ha tanto bisogno di tutti voi perché ha bisogno di una classe dirigente tutta, tutta nuova, per cui c’è posto per tutti voi e tanti tanti altri. Vi voglio ricordare che l’Italia , ma non solo, sta vivendo un momento storico molto pericoloso e che per questo motivo una grande responsabilità ricade sul vostro movimento: voi siete l’unica forza veramente pulita, democratica e quindi l’unico punto di forza e di speranza che è rimasto al nostro paese per cui non vi potete permettere il lusso di dividervi, perché solo su di voi ricade la responsabilità del futuro del paese e se vi dividete voi dovremo espatriare tutti.

di Gabriella Bianchini (Utente sostenitore - Il Fatto Quotidiano - 23 luglio 2014)

lunedì 21 luglio 2014

"La leggenda del collezionista"



Per un uomo al lavoro con il caldo implacabile di luglio ti do il rosso sbadiglio di un papavero senza utilità per due conti sbagliati ecco un conto che torna per il nero che annulla ecco il blu che scontorna Per un uomo di cuore ti darò un cuore senza uomo se ne senti il bisogno lo darai a chi ancora non ce l'ha per due anime perse solamente un'anima buona per un uomo spietato niente che lo perdona Tutto quello che vedi tutto quello che c'è non ti serve un nemico se un amico sono per te già possiedo ogni cosa ma ne voglio avere di più già possiedo ogni cosa però voglio quello che hai tu ...tutto quello che hai tu Per il volo malato di avvoltoi che girano intorno posso darti il ritorno da ogni viaggio che invece non ce l'ha per due uomini sani posso darti un uomo ferito anche se nel frattempo sarà morto oppure guarito Tutto quello che vedi tutto quello che c'è non ti serve un amico se un nemico sono per te già possiedo ogni cosa ma ne voglio avere di più già possiedo ogni cosa però voglio quello che hai tu ...solo quello che hai tu. 

Giorgio Faletti

(Giorgio Faletti - Angelo Branduardi)
Acolta gratis su Spotify: https://play.spotify.com/track/0isnXnsbTw0NJV1PuW5nsY

6 punti: Renzie, gasteropode rispondi - #gasteropoderispondi

Sin dall'inizio degli incontri con il Pd, era stata annunciata una consultazione on line che avrebbe approvato o respinto un eventuale accordo finale. Pertanto, avremmo voluto sottoporre a questa consultazione un testo preciso che, al contrario, manca. Nell'incontro di giovedì 17 noi ci saremmo attesi che, con la stessa chiarezza e disponibilità con la quale avevamo accettato le esigenze del Pd in tema di governabilità, il Pd avesse manifestato analoga apertura sui temi delle preferenze, delle clausole di sbarramento e del premio di lista e non di coalizione, oltre che in tema di "Parlamento pulito". Al contrario, il Pd ha "incassato" l'apertura del M5s senza dare alcuna risposta chiara ma buttando avanti generiche disponibilità a discutere e subordinando, comunque, l'accordo alla disponibilità "degli altri" (cioè di Forza Italia). Ci sarebbe dovuto essere un successivo incontro per chiarire i troppi punti in sospeso, poi, l'assoluzione di Berlusconi ed il conseguente rafforzamento del patto del Nazareno - come è emerso anche dalle dichiarazioni dei dirigenti del Pd - hanno gettato una diversa luce sulla tattica dilatoria attuata dal Pd dopo il primo incontro. Vogliamo dare ai cittadini la possibilità di avere una legge elettorale nata dal confronto tra le due principali forze politiche del Paese, e non dagli accordi segreti presi con un condannato. Per fare questo occorre che da parte del Pd ci sia trasparenza e serietà.
Quindi, onde evitare ulteriori perdite di tempo e spettacoli inconcludenti come l'ultimo streaming, ora è necessario che Renzi e il Pd rispondano per iscritto ai 6 punti del MoVimento 5 stelle di seguito riportati:
Premessa: il limite posto dalla Corte Costituzionale; come dichiarato dall’inizio, il M5s accetta l’idea di un premio di maggioranza (indirettamente previsto nello stesso “democratellum”) solo a condizione che esso risulti compatibile con i limiti di costituzionalità fissati dalla Corte Costituzionale che, con la sua sentenza di gennaio, ha bocciato la Legge Calderoli (il “Porcellum), ritenendo non ragionevole e lesivo del principio di rappresentanza un premio che ha trasformato una quota elettorale del 29,5% in un 54% dei seggi. La Corte non ha precisato ulteriormente il suo pensiero in materia, pur ritenendo che il Parlamento possa fissare un ragionevole limite di disrappresentatività per favorire la governabilità, ma, dalla sentenza si ricavano due indicazioni implicite: a) il premio non è ragionevole se non è espresso in una quota fissa (ad es. il 15%) e contemporaneamente non fissa una soglia minima per ottenerlo (ad esempio il 40%), per cui può arrivare a qualsiasi valore. Nel caso specifico il premio era stato di circa il 24,5% che possiamo assumere come valore limite al di là del quale esso diventa irragionevole b) il premio non è neppure ragionevole se equivale o, addirittura supera la quota di seggi spettanti nella quota proporzionale. Insomma, non è possibile che il partito A che abbia ottenuto il 25% dei voti ottenga il doppio dei seggi o più.
Dunque, per restare nei limiti della sentenza della Corte, occorre preliminarmente stabilire o una soglia minima per ottenere il premio (ad esempio il 35%o 40%), oppure fissare il premio in una cifra fissa (ad esempio 95 o 100 seggi).
1. La questione del doppio turno: in questo quadro si comprende come il doppio turno, in sé manipolatorio della volontà dell’elettorato (in quanto affida a quanti avevano votato per partiti diversi dai due in lizza, il giudizio sul vincitore), diventa un ulteriore elemento distorsivo, che aggrava la situazione. Infatti, per definizione può accadere che il ballottaggio venga vinto da chi era arrivato secondo nel primo turno, magari con percentuali molto basse, come in molti comuni, dove ha vinto il ballottaggio un candidato che aveva ottenuto solo il 18-19% dei voti al primo turno e si è visto attribuire il 60% dei seggi, cioè più del triplo della sua quota elettorale. Questo può essere accettabile per elezioni amministrative ma non per elezioni politiche, dove il principio di rappresentatività deve essere ben più rigido per le ben diverse attribuzioni di potere dell’organo eletto.
2. La proposta attuale: Allo stato attuale, l’Italicum prevede un premio del 15% al primo turno nel caso una coalizione ottenga almeno il 37,5% (con che conquisterebbe il 52% dei seggi) ed assegna il 52% dei seggi, comunque, a chi vinca il secondo turno, attribuendo, quindi un premio sicuramente superiore al 15% e potenzialmente molto maggiore anche al 24,5% che era parso eccessivo alla Corte Costituzionale. Per cui siamo in piena incostituzionalità della legge. Negli incontri (e nella prima lettera inviata dal Pd) la delegazione del Pd, per bocca del suo segretario, ha ripetutamente parlano di un premio non superiore al 15% sia per il primo che per il secondo turno, pur volendo assicurare la maggioranza assoluta al vincitore. Il punto non è chiaro ed i conti non tornano: se si vuole assicurare la maggioranza assoluta in ogni caso, il premio non può essere limitato al 15%, se, vice versa, non si vuole superare la quota del 15% non si può garantire che il vincitore abbia la maggioranza assoluta. E’ un punto che va chiarito. Il M5s è disponibile ad accettare un premio di maggioranza in quota fissa (il 15% pari a 94-95 seggi) oppure un premio finale che assicuri la maggioranza assoluta al vincitore, ma a condizione che si stabilisca una soglia minima per poterlo ottenere (cioè che il partito vincente abbia ottenuto almeno il 35% dei voti al primo turno).
3. L’entità del premio e le garanzie costituzionali: strettamente in relazione all’entità del premio sono anche tre questioni molto delicate: la maggioranza qualificata con la quale si può modificare la Costituzione senza referendum popolare, l’elezione del Presidente della Repubblica e dei giudici costituzionali. Con una maggioranza precostituita del 52-54% ed in presenza della riforma del Senato che si prospetta, diventa concretissimo il rischio, che i Costituenti avevano voluto evitare, dell’ “Asso prende tutto”. La maggioranza, senza molto sforzo potrebbe appropriarsi dei 5 giudici costituzionali di nomina parlamentare, poi del Presidente della Repubblica che, a sua volta, potrebbe nominare 5 giudici dello stesso indirizzo e, con questo, produrre una maggioranza precostituita anche nella Corte. Dunque, per evitare questo rischio occorre “mettere in sicurezza la Costituzione”: il premio di maggioranza è accettabile solo se accompagnato a diversi meccanismi di garanzia costituzionale come rivedere la titolarità del potere di elezione dei giudici costituzionali o le maggioranze richieste, altrettanto per il Presidente della repubblica e per il processo di revisione costituzionale.
4. Le preferenze: sin dalla sua fondazione il M5s ritiene qualificante il ritorno all’elezione dei deputati attraverso il metodo delle preferenze che è ritenuto qualificante anche dalla sentenza della Corte Costituzionale. Si è fatta presente l’esigenza di evitare la degenerazione del voto di preferenza in senso clientelare (anche se, per la verità, questo metodo resta in vigore per il Parlamento Europeo, per i comuni e per gran parte delle Regioni) ed il M5s si è fatto carico di tale preoccupazione indicando un possibile rimedio nel sistema del voto disgiunto fra voto di lista e voto di preferenza.
5. Coalizioni e clausole di sbarramento: il M5s ha segnalato l’opportunità di assegnare l’eventuale premio di maggioranza al singolo partito e non alle coalizioni, che spingono a grandi ammucchiate prive di sostanziale unità politica che, dopo il voto, si sciolgono rapidamente. Ma perché questa misura sia efficace, occorre completarlo eliminando le soglie di sbarramento o, ridurle a valori minimi (l’1%) perché diversamente, quello che è uscito dalla porta rientrerebbe dalla finestra: i piccoli partiti a rischio quoziente si vedrebbero costretti ad entrare nelle liste di quelli più grandi, sacrificando la loro visibilità alla certezza di rientrare in Parlamento. Ed, in questo modo, sarebbero le liste di partito a diventare, di fatto, coalizioni. Abolire le clausole di sbarramento significa assicurare a tutti la possibilità di accedere alla rappresentanza senza sacrificare la propria visibilità, scongiurando, quindi,. La formazione di liste omnibus.
6. Soglie di sbarramento ed effetto di sommatoria: C’è poi un secondo aspetto da considerare, le soglie di sbarramento diventano un modo surrettizio per accrescere il premio di maggioranza, infatti, anche fissando al 2% la soglia, se ci fossero 7-8 partiti che ottenessero in media l’1,5%, questo vorrebbe dire che ci sarebbe un 10-12% di seggi non assegnati che andrebbe ai partiti maggiori ed, in primo luogo, al partito vincitore, il cui bottino elettorale si accrescerebbe di un buon 5-6% avvicinandosi pericolosamente alla sogli per la revisione costituzionale. Per di più lo sbarramento non avrebbe alcun effetto ai fini della governabilità, in presenza di un sistema che già garantisce una maggioranza di governo. Ed, infine, questo aumenterebbe la disrappresentatività del sistema che più facilmente andrebbe incontro ad una bocciatura da parte della Corte.
Torneremo al tavolo non appena avrete risposto ai nostri 6 punti. Fate presto. Le riforme, come voi dite da sempre, non possono più aspettare.
Luigi Di Maio, vicepresidente della Camera
Danilo Toninelli, Portavoce M5S Camera
Paola Carinelli, capogruppo M5S Camera
Vito Petrocelli, capogruppo M5S Senato
Beppe Grillo
Gianroberto Casaleggio

 

domenica 20 luglio 2014

"Non si può fingere di commemorare Paolo Borsellino quando nei fatti si sta tradendo il suo pensiero"

"Prendere oggi la parola, in questo luogo e nella stessa ora della strage di ventidue anni fa, è per me un grande onore ed una grande responsabilità alla quale non ho voluto sottrarmi con la precisa consapevolezza che le commemorazioni di oggi avranno un senso solo se sostenute dall’impegno, dalla passione civile, dal coraggio che dobbiamo dimostrare da domani.
Non ho voluto sottrarmi alla profonda emozione che vivo in questo momento perché innanzitutto sento il bisogno di ringraziare, da cittadino, quei cittadini che, come tanti di voi, continuano a dare quotidiana testimonianza di essere innamorati della Giustizia, della Democrazia, della Costituzione, del nostro Paese. Per questo, riconoscendo in Paolo Borsellino l’incarnazione di quei sentimenti di amore e libertà, cercano di conservarne e tramandarne la memoria. Per questo si pongono a scudo di quei sacrosanti valori contro i tanti che anche oggi, anche nelle Istituzioni e nella Politica, continuano a calpestarli ed offenderli con l’arroganza dei prepotenti e degli impuniti.
Voglio ringraziare i tanti cittadini che, nella semplicità e spontaneità delle loro espressioni di solidarietà, hanno saputo riconoscere coloro i quali ancora si battono per la verità, dimostrando di volerli proteggere non solo dalle insidie della violenza mafiosa ma ancor prima dal muro di gomma della indifferenza istituzionale, dal pericolo di quel tipo di delegittimazione ed isolamento che si nutre, oggi come ieri, di silenzi colpevoli, insinuazioni meschine, ostacoli e tranelli costantemente ed abilmente predisposti per arginare  quell’ansia di verità che è rimasta patrimonio di pochi. Quei pochi che ancora non sono annegati nella palude del conformismo, del quieto vivere, dell’opportunismo più bieco sempre più spesso mascherato dalla  invocata  opportunità politica. Sono qui per dirvi che voi avete il sacrosanto diritto di continuare a chiedere tutta la verità sulla strage di via D’Amelio e noi magistrati  il dovere etico e morale di continuare a cercarla anche nei momenti in cui, come questo che stiamo vivendo,  ci rendiamo conto  di quanto quel cammino costi, sempre più, lacrime e sangue a chi non ha paura di percorrerlo anche quando finisce per incrociare il labirinto del potere.
Per continuare a ricercare la verità è però innanzitutto necessario, con  grande onestà intellettuale, rispettare la verità e non avere mai paura a declamarla anche quando ciò può apparire impopolare o sconveniente.
Paolo Borsellino ci ha insegnato a non avere mai paura della verità. Non dobbiamo avere allora paura  a ricordare  che  affermano il falso i tanti che per ignoranza, superficialità o strumentale interesse ripetono che i processi celebratisi a Caltanissetta sulla strage di via D’Amelio hanno portato ad un nulla di fatto. Ignorano o fingono di ignorare che ventidue persone sono state definitivamente condannate per concorso in strage; ignorano, o fingono di ignorare che proprio quel lavoro di tanti magistrati ha consentito che venissero già allora  alla luce i tanti e concreti elementi che oggi ci portano a ritenere  che quella di via D’Amelio non fu soltanto una strage di mafia e che il movente non era certamente esclusivamente legato ad una vendetta mafiosa nei confronti del Giudice.
Dobbiamo imparare il rispetto della verità ed il coraggio della sua affermazione ad ogni costo.
Non è vero ciò che tutti indistintamente affermano, e falsamente rivendicano, sulla volontà di fare piena luce sulle stragi. La realtà è un’altra. Questo intendimento è rimasto patrimonio di pochi, spesso isolati e malvisti, servitori dello Stato.
Dal progredire delle nostre indagini sappiamo che in molti, anche all’interno delle istituzioni, sanno  ma continuano a preferire il silenzio, certi che quel silenzio, quella vera e propria omertà di Stato, continuerà, esattamente come è avvenuto fino ad ora, a  pagare ,con l’evoluzione di splendide carriere e con posizioni di sempre maggior potere acquisite proprio per il merito di aver taciuto, quando non anche sullo squallido ricatto di chi sa  e utilizza il suo sapere per piegare le Istituzioni alle proprie esigenze.
Dobbiamo sempre avere il coraggio di rispettare la verità e gridare la nostra rabbia perché ancora nel nostro Paese il cammino di liberazione dalla Mafia è rimasto a metà del guado. Incisivo, efficace, giustamente rigoroso nel contrasto ai livelli operativi più bassi (quelli della manovalanza mafiosa); timoroso, incerto, con le armi spuntate nei confronti di quei fenomeni, sempre più gravi e diffusi, di penetrazione mafiosa delle Istituzioni, della Politica e della Economia. Verso quel pericolosissimo dilagare della mentalità mafiosa che inevitabilmente si intreccia con una corruzione diffusa che, solo a parole, si dice di voler combattere, mentre ancora, nei fatti si assicura ai ladri, ai corrotti, agli affamatori del popolo la sostanziale impunità.
Non si può ricordare Paolo Borsellino e restare silenti a fronte di ciò che sta accadendo nel nostro Paese  e che rappresenta l’ennesima mortificazione di quei valori per tutelare i quali il Giudice Borsellino è andato  serenamente incontro al suo destino con la fierezza e la dignità di un uomo dalla schiena dritta. Non si può ricordare Paolo Borsellino ed assistere in silenzio ai tanti tentativi in atto  (dalla riforma già attuata dell’Ordinamento Giudiziario a quelle in cantiere sulla responsabilità civile dei giudici, alla gerarchizzazione delle Procure anche attraverso  sempre più numerose e discutibili prese di posizione del C.S.M.) finalizzate a ridurre l’indipendenza della Magistratura a vuota enunciazione formale con lo scopo di comprimere ed annullare l’autonomia del singolo Pubblico Ministero ed il concetto di potere diffuso  in capo a tutti i rappresentanti di quell’Ufficio. Non si può assistere in silenzio all’ormai evidente tentativo di trasformare il Magistrato Inquirente in un semplice burocrate inesorabilmente sottoposto alla volontà, quando non anche all’arbitrio, del proprio capo; di quei Dirigenti degli Uffici sempre più spesso nominati da un C.S.M. che rischia di essere schiacciato e condizionato nelle sue scelte di autogoverno dalle pretese correntizie e politiche e da indicazioni sempre più stringenti del suo Presidente.
Non si può fingere di commemorare Paolo Borsellino quando nei fatti si sta tradendo il suo pensiero e il suo sentimento; il suo concetto, alto e nobile, dell’autonomia del Magistrato  come garanzia di libertà ed eguaglianza per tutti. Poco prima di essere ucciso il Giudice Borsellino, intervenendo ad un incontro con gli studenti sull’annoso problema dei rapporti mafia-politica, stigmatizzava l’inveterata prassi del ceto politico di ripararsi, per giustificare la mancata attivazione dei necessari meccanismi di responsabilità politica, dietro il comodo paravento dell’attesa  della definitività dell’accertamento giudiziario, nell’attesa quindi del passaggio in giudicato delle sentenze penali.
Oggi, a distanza di ventidue anni da quelle amare riflessioni di Paolo Borsellino, qualcosa è cambiato, ma non certamente in meglio. In una sentenza definitiva della Corte di Cassazione è accertato che un partito politico, divenuto forza di Governo nel 1994, ha poco prima annoverato tra i suoi ideatori e fondatori un soggetto  da molto tempo colluso con gli esponenti di vertice di Cosa Nostra e che da molti anni fungeva da intermediario consapevole dei loro rapporti con l’imprenditore milanese che di quel partito politico divenne, fin da subito, esponente apicale. Oggi questo esponente politico (dopo essere stato a sua volta definitivamente condannato per altri gravi reati) discute, con il Presidente del Consiglio in carica di riformare la legge Elettorale e quella Costituzione alla quale Paolo Borsellino aveva giurato quella fedeltà che ha osservato fino all’ultimo suo respiro. E’ necessario non perdere la capacità di indignarsi e trovare, ciascuno nel suo ruolo  e sempre nell’osservanza delle regole, la forza di reagire. Tutti  abbiamo il dovere di evitare che anche da morto Paolo Borsellino debba subire l’onta di veder calpestato il suo sogno di Giustizia. Quel meraviglioso ideale che condivideva con Giovanni Falcone, Emanuela Loi, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina , Claudio Traina, e tanti altri giusti. Quei giusti la cui memoria non merita inganni, infingimenti, atteggiamenti di pavidità mascherati da prudenza istituzionale. Sono morti perché noi allora non fummo abbastanza vivi, non vigilammo, non ci scandalizzammo all’ingiustizia,ci accontentammo dell’ipocrisia civile, subimmo quel giogo delle mediazioni e degli accomodamenti che anche oggi ammorba l’aria del nostro Paese ed ostacola il lavoro di chi vuole tutta la verità. Noi continueremo a batterci, con umiltà ma altrettanta tenacia e determinazione. Lo faremo nelle aule di Giustizia e, per ciò che ci è consentito, intervenendo nel dibattito pubblico per denunciare i gravi e concreti rischi che incombono sulla indipendenza della Magistratura e, quindi, sul principio dell’eguaglianza di tutti i cittadini davanti alla legge. Lo faremo mantenendo sempre nel cuore l’esempio dei nostri morti, guidati esclusivamente dalla volontà di applicare i principi della nostra Costituzione e con lo sguardo fisso alla meta della verità, consapevoli che solo la ricerca della verità può legittimarci a commemorare chi è morto dopo aver combattuto la giusta battaglia.

Nino Di Matteo"

“Ammazziamo il gattopardo” di Alan Friedman, edito d Rizzoli nel febbraio 2014



Per come è stato pubblicizzato, in “Ammazziamo di gattopardo” forse ci si immagina di trovare solo una serie di retroscena collegati alla caduta dell’ultimo governo Berlusconi.
In verità Alan Friedman, racconta si del suo scoop riguardante le consultazioni “borderline”, avviate da Giorgio Napolitano per un eventuale incarico a Mario Monti alla Presidenza del Consiglio, nonché del contestuale bizzarro mandato affidato a Corrado Passera per l’approntamento di un programma di governo, ma sviluppa anche un’ampia analisi economico-politica e propone una sua ricetta per portare a soluzione la profonda crisi economica che attanaglia da troppo tempo il nostro paese.
Nella prima parte, quindi,  Friedman illustra interessanti ed argute interviste giornalistiche fatte a una serie di personaggi politici, accompagnandole con sue suggestioni, intuizioni e fantasie “americane”. Nella parte centrale si dilunga su soluzioni ad  una lista di problematiche stigmatizzate in dieci punti (con scarsità di analisi, senza cioè i sufficienti approfondimenti che le complesse questioni richiederebbero). In ultimo si avvicina all’attualità con un’intervista ad un maramaldesco Matteo Renzi, impegnato a bruciare le tappe che lo porteranno ad occupare  l’ambito ruolo di Presidente del Consiglio.
In alcuni casi le visioni di Friedman risultano geniali. La sua scuola giornalistica d’oltre oceano fornisce, infatti, delle istantanee che fotografano con efficacia i tratti. Mentre però i quadretti per taluni risultano impietosi e pittoreschi, per altri invece appaiono più superficiali, se non accondiscendenti.
In qualche caso la sua narrazione racconta più di quanto emerge dal dialogo scritto. Emblematici  i casi di Berlusconi e D’Alema, già oggetto entrambi di felici intuizioni cinematografiche di Nanni Moretti. In un caso Friedman descrive la fluida disinvoltura di Silvio Berlusconi unitamente alla naturalezza dell’irrompere sulla scena dell’ormai famoso cane Dudù; nell’altro, nel descrivere un Massimo D’Alema reticente, associa il suo vuoto politichese alla figura di colui che ne fu gran maestro: segnatamente “Belzebù-Andreotti”.
Continuando, mentre un’idea precisa accompagna la serenità realistica di Romano Prodi, assai parziali risultano i riferimenti su Giorgio Napolitano. Seppur dilungandosi sul suo trascorso politico, Friedman non fa apparire chiaro l’eccesivo recente interventismo; infatti, tralascia del tutto l’immobilismo che ha caratterizzato il suo primo quinquennio di Presidenza. Troppa l’accondiscendenza garantita al Governo Berlusconi sulle tante incostituzionalità giuridiche in atti da lui promulgati, che hanno spesso riguardato forzate tutele, sempre bocciate dai pronunciamenti successivi della Corte Costituzionale.
Spietato si rivela Friedman su tutto quanto attiene ad Enrico Letta, insignificante risulta la sua attenzione per  Angelino Alfano e il suo NCD. Brevi flash illuminano Grillo ed il suo movimento, con giudizi talora severi ma che riconoscono sempre la valenza dei contenuti.
Il risultato dell’operazione editoriale non corrisponde però agli ambiziosi propositi. La soluzione adottata, quella cioè di accorpare due libri in uno, lascia dei vuoti in entrambe le parti. Forse questo libro avrebbe avuto maggior valenza se ci si fosse astenuti dal dilungarsi su tutta una parte dedicata a soluzioni assai taumaturgiche, immaginate per risolvere una complessa e prolungata stagnazione socio-economica. Le soluzioni teorizzate, peraltro, seppur frammentate, si ritrovano nei contenuti delle interviste (nelle domande o nelle risposte rese dagli interessati).
Se dalla lettura dovessi descrivere i concetti che più mi sono rimasti in mente, al primo posto metterei senza ombra di dubbio la risposta fornita a Friedman da Emma Bonino che, in relazione alla crisi italiana, evidenzia essenzialmente la improrogabilità di una riforma della giustizia per ripristinare in Italia la certezza dello stato di diritto, da tempo smarrita.

Essec

venerdì 18 luglio 2014

SANTA BRIGITTA DAI TRE CALCAGNI



Dopo i fatti di Oppido Mamertina è in atto il censimento delle processioni e delle feste patronali italiane. Vescovadi e parrocchie sono tenuti a compilare un modulo nel quale si specifica se la processione è autoprodotta (ma si tratta di pochissimi casi); se è stata data in appalto a organizzazioni mafiose generiche oppure riconosciute e abilitate dall’Ente Circhi; se c’è stata regolare gara di appalto tra le diverse cosche; infine se i ricoveri per autoflagellazione, ferite conseguenti ai percorsi in ginocchio, svenimenti e crisi isteriche siano soggetti a ticket.
SANT’AGATA
Pochi lo sanno ma è la terza festa al mondo per numero dei partecipanti e per spesa sostenuta. Le prime due sono le Olimpiadi e il party di compleanno di Elton John. La santa è amatissima dai catanesi per avere salvato la città dalla peste, dall’invasione aliena e dagli orsi polari, che secondo la tradizione assediarono la città nel corso di un inverno particolarmente rigido. La festa di Sant’Agata dura tre giorni, ai primi di febbraio, e da secoli attira catanesi da tutto il mondo. Pochissimi però possono dire di averla vista perché avvicinarsi è impossibile. A causa del traffico mostruoso si trascorrono i tre giorni di celebrazioni immobilizzati in macchina, telefonando a casa per sapere se almeno in televisione si vede qualcosa.
SANTA MAGNA
Non è facile, per chi partecipa, dimenticare la processione di Santa Magna. La sua enorme statua di granito alta dieci metri e pesante una ventina di tonnellate viene deposta da una gru sulle spalle dei “barcollanti”, gli uomini del paese, che avanzano vacillando lungo le strade strettissime di Maricella Ateniese. Alle paurose oscillazioni della Santa e ai gemiti dei barcollanti si accompagnano gli schianti dei balconi che cedono urtati dalla statua e le urla disperate dei “precipitanti”, altre tipiche figure di questa sagra, unica al mondo anche per il numero delle vittime.
SANTA BRIGITTA DEI CALCAGNI
I fedeli portano in processione lungo le strade di Civita Magnogreca (un minuscolo paesino) le preziose reliquie della santa: i calcagni, che le furono asportati durante il martirio. Sono tre, circostanza che suscita da sempre ironie e perplessità, ampiamente smentite da uno studioso locale che sovrapponendo al computer alcune antiche miniature della santa ha dimostrato che è facile ottenere una figura con tre gambe, o nel numero desiderato. Il reliquiario è una cassetta di legno piuttosto leggera: per ovviare all’inconveniente, e rispettare la tradizione che vuole i portatori delle processioni schiacciati da un peso immane, dentro la cassetta vengono deposti alcuni lingotti di piombo.
U MEZZUSANTU
Così viene chiamata la processione dedicata a Santu Pirizzi, che ricalca fedelmente il suo martirio: venne smembrato in due parti dai Mori. La statua ogni anno viene segata in due e i due tronconi trasportati dal santuario di Santa Maria Plorante fino a due paesi rivali, Ciribisco e Mozzalonza. Qui due folle minacciose rivendicano l’autenticità del loro mezzosanto, e la falsità del mezzosanto in possesso dei rivali. Quando l’eccitazione e l’ira raggiungono il culmine ciascun corteo muove verso il paese nemico. Si incontrano a mezza strada e si affrontano a bastonate.
DON SANTO
A differenza di tutte le altre processioni quella dedicata a Don Santo, patrono di Caprifischio, non è costretta all’umiliante rito dell’ “inchino” davanti alla casa del boss locale. È il boss locale, qui, che si muove da casa sua: viene vestito e truccato come il Santo, issato in spalla dai giovani del paese e portato in processione lungo le strade.
DIO
È stato diffuso nelle feste patronali un questionario dal quale risulta che Dio è considerato, in ordine decrescente: 1 Una superstizione; 2 Una figura leggendaria, perché non ha lasciato reliquie; 3 Un millantatore; 4 Un’invenzione dei comunisti per oscurare le tradizioni locali; 5 Non so, non rispondo.