venerdì 8 maggio 2015

Linea d'ombra


Qualche settimana fa ho scritto un pezzo che, avendo come tema il confezionamento dell'autoriforma del sistema del credito cooperativo, era intitolato "Ildifficile mestiere del sarto". Oggi dovrei riprendere quella metafora e intitolarla "Il sarto impazzito". Nel frattempo infatti sul tavolo da lavoro del nostro immaginario artigiano i modelli cartacei, presupposto per passare al taglio e alla cucitura definitiva dell'abito, si sono moltiplicati e affastellati, al punto che la confusione è massima ed è financo complicato distinguerli l'uno dall'altro.
Ne ho contati almeno sei o sette, proposti da altrettante componenti centrali e periferiche del movimento bancario cooperativo, nessuno dei quali sembra al momento prevalere. Chiedo comunque venia se, citandoli, ne ho scordato qualcuno, magari uscito proprio mentre sto scrivendo.
Le endiadi che possono aiutare a riassumerli sono: obbligatorietà vs volontarietà di adesione a nuovi schemi, ovvero coscrizione obbligatoria o libera uscita, unicità/centralismo vs pluralismo/decentramento, cioè l'unione fa la forza, ma è anche vero che più aiuole fiorite esprimono la biodiversità del localismo bancario. Infine centrale cooperativa o gruppo bancario S.p.A., vale a dire se debba prevalere l'anima associativa del movimento piuttosto che lo spirito imprenditoriale delle sue articolazioni. Ma vi dico ancora che non sono mica tanto sicuro di saperne cogliere le effettive diversità. Quindi, per favore, ancora una volta non criticatemi.
Quanto ai protagonisti, elenco senza un ordine preciso: l'iniziativa di Federcasse, quella degli ultimi giorni di Iccrea Holding, un'iniziativa ciascunodella Cassa Centrale del Trentino e di quella altotesina, la proposta della BCC di Roma, quella della BCC CentroPadana, nonché la ormai storica, dati gli anni trascorsi dalla sua prima uscita pubblica, della Federazione Toscana con il suo affezionatissimo gruppo cooperativo paritetico.
Tra i vari raggruppamenti, vi è da considerare anche quello delle BCC, che, con valide ragioni, si propongono di sottrarsi alla logica di ogni erba un fascio e cercano di approfondire le implicazioni di una trasformazione in banca popolare o in società per azioni.
Non sembra che, così facendo, si vada verso un'auto soluzione di sistema, dato che i compromessi necessari richiederebbero a ciascuno dei proponenti di rinunciare a parti essenziali delle loro idee riformatrici.
Ma, come in politica, anche in banca non conviene coltivare certezze. Può essere che da ultimo qualche "coniglio unitario" esca dal cilindro che al momento ne contiene tanti, ma mi sembra sempre più probabile che ci voglia un arbitratore, un decisore, un "sarto dei sarti", che autorevolmente, da esterno, dia soluzione al problema. E così il valore politico di un movimento che, riconoscendo le proprie criticità, ne promuove, autonomamente e con determinazione, il superamento va definitivamente perduto. E con esso l'autorevolezza. Va da se' che il "magister sartorum" non potrà che essere, in base alle rispettive competenze, il binomio Governo-Bancaditalia.
Il secondo punto riguarda, invece, ciò che manca a tutte le proposte di rinnovamento della Governance fin qui rese note. Non mi stancherò di dire che manca un progetto industriale che, intervenendo sulle prospettive di sviluppo del credito cooperativo, dia supporto ai cambiamenti di Governance.
La nuova Governance senza Progetto Industriale è zoppa, il Progetto Industriale senza la nuova Governance è cieco.
Molti sono gli spunti da progetto industriale. Si va dalle esigenze di rilancio e ampliamento del business, agli investimenti in tecnologia, al rafforzamento delle professionalità degli addetti e dei vertici, al consolidamento delle troppo numerose entità della galassia, al ridimensionamento della rete distributiva. E così via.
Ma forse, più ragionevolmente si dovrebbe almeno parlare di come mettere in sicurezza i resti del sistema del credito cooperativo con un piano di natura straordinaria volto a semplificare e rilanciare quello che ne rimane. È talmente rilevante la quantità dei crediti dubbi anche presso le Bcc che oggi la consapevolezza si dovrebbe spostare sulla natura macroeconomica degli interventi necessari per rammendare non tanto le singole aziende, quanto il movimento nel suo complesso. Invece prevale la sensazione di un continuo gioco dell'oca che torna sempre alla casella iniziale.
La fascinazione che esercitano i modelli della nuova Governance impedisce di occuparsi di mutamenti strutturali sempre più necessari. Con il che i ritardi e le inefficienze rischiano di accumularsi ulteriormente.
Scusatemi ancora, ma mi viene d'impulso il detto che mentre a Roma e in altri luoghi d'Italia si discute a non finire di autoriforma, Sagunto, ovvero il sistema bancario cooperativo, si indebolisce ancora di più. E citando a memoria, mi viene alla mente anche Einstein sulla contraddizione di affidare ai responsabili delle attuali criticità la soluzione dei problemi che essi hanno contribuito a generare.
C'è poi un terzo punto che riguarda l'affanno che si avverte per chiudere rapidamente situazioni di crisi bancaria di BCC di grande dimensione, prima che entri in vigore il nuovo quadro europeo sulla risoluzione delle crisi e sui fondi di garanzia dei depositi, che ruoterà intorno al minaccioso bail-in, il quale, nelle discussioni e sulla stampa, sta diventando quasi un luogo comune, senza che se ne siano finora sperimentate le conseguenze sulla fiducia del depositante bancario.
È bene che queste ultime operazioni avvengano nella massima trasparenza (cioè evitando ogni possibile conflitto di interessi) e sostenibilità per tutto il movimento, considerato il cospicuo impegno di risorse richiesto da detti salvataggi e l'emergere di fattispecie non proprio edificanti, quali il collocamento da parte di gestioni un po' allegre e per anni senza efficaci controlli di obbligazioni attinenti a prestiti subordinati a clientela con profilo tecnico non adeguato alla comprensione dei relativi rischi. Elementi di gravità tale che, doverosamente, i commissari straordinari di alcune banche decotte portano alla luce, con la conseguente necessità di onerosi interventi a protezione dai rischi di reputazione, se non addirittura da ipotesi di accuse per truffa.
Infine, è da poco terminata l'ispezione presso Iccrea Holding, una dei primi test di integrazione della nuova vigilanza europea con la vigilanza nazionale, avente ad oggetto, per quanto se ne sa, Governance e Tecnologia di quel gruppo bancario diventato di rilevanza sistemica. Credo che ci sia, tra gli addetti ai lavori, curiosità per conoscerne gli esiti. 
Tutto il resto, avrebbe cantato il grande Califano, è noia e non è gioia.

Daniele Corsini (A.D. Cabel Holding)

1 commento:

  1. Ancora una volta veniamo invitati a meditare sullo stato delle cose.
    In un nebuloso quadro che offusca gli scenari del futuro mondo delle BCC, questo scritto induce a riflettere sulle molteplici formule messe in campo che - al di là della loro efficacia risolutiva - rischiano di snaturare le peculiarità dell'ultra centenario sistema bancario sussidiario, essenzialmente basato sulla conoscenza diretta del territorio e sull'agilità decisionale. L'asservimento o sottomissione a regole "superiori", nelle realtà medio piccole che rispondono a peculiarità territoriali, non è detto che possano efficacemente funzionare.
    Non ultimo, è giusto soffermarsi sui controlli e sulle varie soluzioni aggregative, ma è anche vero che non si potrà disattendere ai vantaggiosi servizi fin qui svolti con efficacia dal sistema cooperativistico. Resta inteso, come dice lo stesso Corsini, che "La nuova Governance senza Progetto Industriale è zoppa, il Progetto Industriale senza la nuova Governance è cieco."

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