venerdì 30 ottobre 2015

Altro che Blair. E' l'intero Occidente (stampa compresa) l'autentico responsabile

Questa storia delle scuse di Tony Blair è farsesca. Ma la farsa non riguarda l’ex premier britannico, ma l’intero mondo occidentale che le cose che ha ‘confessato’ Blair le conosceva fin da subito e anche da prima. Dopo l’attentato alle Torri Gemelle e l’aggressione all’Afghanistan del 2001 il Washington Post e il New York Times avevano rivelato che i progetti americani di attaccare il regime del Mullah Omar e l’Iraq erano pronti da mesi. L’attacco alle Torri Gemelle cadde a fagiolo, se si può usare questa espressione per una vicenda così tragica. Liquidato l’Afghanistan rimaneva l’Iraq di Saddam. Il pretesto era che il rais di Baghdad era in possesso di ‘armi chimiche’. Sospetto giustificato perché quelle armi le avevano fornite gli stessi americani, i francesi e, via Germania Est, i sovietici in funzione anti curda e anti iraniana. Nel 1988, con quelle armi, Saddam aveva ‘gasato’ in un sol colpo 5.000 curdi nella cittadina curdo-irachena di Halabja. A quei tempi io mi trovavo in Iran per seguire le conseguenze della fatwa di Khomeini contro Salman Rushdie ritenuto autore di un libro blasfemo (I versi satanici). Avevo quindi delle buone informazioni da parte dei miei amici iraniani che mi segnalarono che l’anno prima Saddam si era reso responsabile di quella strage. Pubblicai la notizia, perché mi pareva una notizia, sull’Europeo, che non era proprio l’ultimo giornale del mondo, e la ribadii in un pezzo del 1991, sempre pubblicato dall’Europeo (‘Chi si ricorda dei poveri curdi?’, 22.2.91). Non credo proprio che fossi l’unico inviato a sapere di Halabja, ma la stampa occidentale passò il tutto sotto silenzio perché allora Saddam era un nostro cripto alleato, sempre in funzione anti curda e anti iraniana. Altrimenti dopo la guerra del 1990 per il Kuwait non lo si sarebbe lasciato in sella insieme alla sua guardia repubblicana.
Solo che quando nell’estate del 2002 gli americani accusarono Saddam di possedere ‘armi chimiche’ costui non le aveva più. Perché le aveva già usate. Saddam si dichiarò disponibile a ispezioni dell’Onu sul suo territorio. Le ispezioni non portarono a nulla. Allora da parte americana si disse che il rais le teneva nascoste nei suoi tenebrosi palazzi imperiali. Saddam si lasciò frugare anche nel frigorifero di casa. Ancora nulla. Ma messo Saddam Hussein nell’improbabile parte dell’agnello, Lupo Bush disse qualcosa di molto simile alla favola esopiana (“se non sei stato tu, saranno stati i tuoi genitori”): non importa, noi siamo convinti che tu quelle armi ce le abbia lo stesso. Quando gli americani, dopo aver eliminato Saddam e istaurato un governo fantoccio divennero padroni dell’Iraq, ebbero la possibilità di rastrellare tutto il Paese alla ricerca delle famose ‘armi chimiche’. E non le trovarono. Io avevo pubblicato un articolo ‘Saddam Hussein e le notizie del diavolo’ già nell’agosto del 2002 sul Quotidiano Nazionale (23 agosto 2002) e in seguito ho dedicato altri 45 pezzi dal 2002 al 2011 pubblicati dal Quotidiano Nazionale e dal Gazzettino di Venezia sulla tragica farsa irachena (in realtà sono ben più di 45, sono solo quelli raccolti nel mio libro La guerra democratica). Non mi risulta che nessun giornale americano, europeo e tantomeno italiano e che nessun partito o movimento, nemmeno, da noi, i Radicali si siano mai opposti all’attacco angloamericano, ma sarebbe più corretto dire americano e, in subordine, inglese all’Iraq (i Radicali si distinsero solo a cose fatte nel chiedere che Saddam non fosse condannato a morte ma esiliato il che è tutt’altra cosa).
Adesso, qui in Italia, ci si accanisce su Tony Blair e si dribbla acrobaticamente sulle ben più pesanti responsabilità americane (la teoria della ‘guerra preventiva’, poi proseguita in Somalia e in Libia, non se l’è inventata Blair ma George W. Bush).
L’impressione è che oggi da noi si attacchi Blair perché Matteo Renzi gli ha dichiarato la sua simpatia. E’ destino che in Italia anche le storie più tragiche diventino motivo di zuffe da pollaio.



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