Questa
storia delle scuse di Tony Blair è farsesca. Ma la farsa non riguarda
l’ex premier britannico, ma l’intero mondo occidentale che le cose che
ha ‘confessato’ Blair le conosceva fin da subito e anche da prima. Dopo
l’attentato alle Torri Gemelle e l’aggressione all’Afghanistan del 2001
il Washington Post e il New York Times avevano
rivelato che i progetti americani di attaccare il regime del Mullah Omar
e l’Iraq erano pronti da mesi. L’attacco alle Torri Gemelle cadde a
fagiolo, se si può usare questa espressione per una vicenda così
tragica. Liquidato l’Afghanistan rimaneva l’Iraq di Saddam. Il pretesto
era che il rais di Baghdad era in possesso di ‘armi chimiche’. Sospetto
giustificato perché quelle armi le avevano fornite gli stessi americani,
i francesi e, via Germania Est, i sovietici in funzione anti curda e
anti iraniana. Nel 1988, con quelle armi, Saddam aveva ‘gasato’ in un
sol colpo 5.000 curdi nella cittadina curdo-irachena di Halabja. A quei
tempi io mi trovavo in Iran per seguire le conseguenze della fatwa di
Khomeini contro Salman Rushdie ritenuto autore di un libro blasfemo (I versi satanici).
Avevo quindi delle buone informazioni da parte dei miei amici iraniani
che mi segnalarono che l’anno prima Saddam si era reso responsabile di
quella strage. Pubblicai la notizia, perché mi pareva una notizia, sull’Europeo, che non era proprio l’ultimo giornale del mondo, e la ribadii in un pezzo del 1991, sempre pubblicato dall’Europeo
(‘Chi si ricorda dei poveri curdi?’, 22.2.91). Non credo proprio che
fossi l’unico inviato a sapere di Halabja, ma la stampa occidentale
passò il tutto sotto silenzio perché allora Saddam era un nostro cripto
alleato, sempre in funzione anti curda e anti iraniana. Altrimenti dopo
la guerra del 1990 per il Kuwait non lo si sarebbe lasciato in sella
insieme alla sua guardia repubblicana.
Solo
che quando nell’estate del 2002 gli americani accusarono Saddam di
possedere ‘armi chimiche’ costui non le aveva più. Perché le aveva già
usate. Saddam si dichiarò disponibile a ispezioni dell’Onu sul suo
territorio. Le ispezioni non portarono a nulla. Allora da parte
americana si disse che il rais le teneva nascoste nei suoi tenebrosi
palazzi imperiali. Saddam si lasciò frugare anche nel frigorifero di
casa. Ancora nulla. Ma messo Saddam Hussein nell’improbabile parte
dell’agnello, Lupo Bush disse qualcosa di molto simile alla favola
esopiana (“se non sei stato tu, saranno stati i tuoi genitori”): non
importa, noi siamo convinti che tu quelle armi ce le abbia lo stesso.
Quando gli americani, dopo aver eliminato Saddam e istaurato un governo
fantoccio divennero padroni dell’Iraq, ebbero la possibilità di
rastrellare tutto il Paese alla ricerca delle famose ‘armi chimiche’. E
non le trovarono. Io avevo pubblicato un articolo ‘Saddam Hussein e le
notizie del diavolo’ già nell’agosto del 2002 sul Quotidiano Nazionale (23 agosto 2002) e in seguito ho dedicato altri 45 pezzi dal 2002 al 2011 pubblicati dal Quotidiano Nazionale e dal Gazzettino di Venezia sulla tragica farsa irachena (in realtà sono ben più di 45, sono solo quelli raccolti nel mio libro La guerra democratica).
Non mi risulta che nessun giornale americano, europeo e tantomeno
italiano e che nessun partito o movimento, nemmeno, da noi, i Radicali
si siano mai opposti all’attacco angloamericano, ma sarebbe più corretto
dire americano e, in subordine, inglese all’Iraq (i Radicali si
distinsero solo a cose fatte nel chiedere che Saddam non fosse
condannato a morte ma esiliato il che è tutt’altra cosa).
Adesso,
qui in Italia, ci si accanisce su Tony Blair e si dribbla
acrobaticamente sulle ben più pesanti responsabilità americane (la
teoria della ‘guerra preventiva’, poi proseguita in Somalia e in Libia,
non se l’è inventata Blair ma George W. Bush).
L’impressione
è che oggi da noi si attacchi Blair perché Matteo Renzi gli ha
dichiarato la sua simpatia. E’ destino che in Italia anche le storie più
tragiche diventino motivo di zuffe da pollaio.
Massimo Fini (Il Fatto Quotidiano, 28 ottobre 2015)
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