Ci sono molte
magagne in Italia e in Europa ed una delle principali, specialmente nel nostro
Paese, è l'affievolirsi della democrazia e l'accrescersi della corruzione. Sono
due fenomeni diversi ma interconnessi. Per chiarire la natura del primo cito
qui un passo del mio libro intitolato "L'allegria, il pianto, la
vita", uscito un paio di anni fa. "La democrazia declina e declina
anche la separazione dei poteri costituzionali che Montesquieu mise alla sua
base.
Da noi
quella preoccupante esperienza ebbe inizio nei primi anni Novanta e non si è
più fermata. Quel declino ha colpito il potere giudiziario e quello
legislativo, rafforzando il potere esecutivo che ormai accentra su di sé la
forza del governare con il minor numero di controlli. Il processo è ancora in
corso ma un primo obiettivo è già stato realizzato e consiste nel completo
stravolgimento della democrazia parlamentare e dei partiti. I partiti sono
ormai tutti "liquidi"; riflettono società ed economie altrettanto
liquide: un Capo, un gruppo dirigente a lui devoto, un'attenzione particolare
ai potenziali elettori, la scomparsa della democrazia politica all'interno dei
partiti".
La
corruzione diffusa purtroppo in tutte le classi sociali, dai più abbienti al
ceto medio fino a quelli sulla soglia della povertà, ha come condizione
preliminare il declino della democrazia partecipata. Di fatto è la scomparsa
dello Stato come soggetto riconosciuto dai cittadini e quindi la scomparsa,
nella coscienza delle persone, del concetto di interesse generale. L'effetto è
il sovrastare degli interessi particolari, delle lobby economiche, delle
clientele regionali, dei singoli e del loro circondario locale.
La
corruzione dilaga, le mafie si affermano con le loro regole interne, i loro
ricatti, il denaro illegale e gli illegali profitti che se ne ricavano, il
mercato nero e il lavoro nero. Il popolo sovrano che dovrebbe essere la fonte
dei diritti e dei doveri di tutti, ripone la sua affievolita sovranità nella
corruzione. Corrisponde alla conquista d'un appalto, un posto di lavoro, un
incarico importante nel mondo impiegatizio o imprenditoriale, si conquista
insomma un potere.
Quel potere
conquistato con la capacità di corrompere dà a sua volta la possibilità d'esser
corrotti. I corruttori diventano corrompibili e viceversa: questa è la società
nella quale viviamo. Non solo in Italia e non solo in Europa, ma in tutti i
Paesi dell'Occidente. Negli Stati Uniti d'America si toccarono le punte massime
nella Chicago del proibizionismo e del gangsterismo, ma c'era già prima ed è
continuata dopo. È il vero e più profondo malanno della democrazia, fin dai
tempi dell'antica Grecia che è all'origine della nostra civiltà.
L'impero
ateniese fu la città della democrazia e contemporaneamente la culla della
corruzione, molto più diffusa di quanto non lo fosse a Sparta e a Tebe. E così
nella Roma antica, corrotta nelle midolla dai tempi della tarda Repubblica e a
quelli dell'Impero. Accade talvolta che le dittature blocchino la corruzione.
Quando il potere politico è interamente nelle mani di pochissimi o addirittura
di uno soltanto, la corruzione scompare: il potere assoluto sopprime al tempo
stesso la corruzione e la libertà.
Egualmente
accade che la corruzione non c'è o è ridotta ai minimi termini quando il popolo
è veramente sovrano. In quel caso - purtroppo poco frequente - il massimo della
libertà, della separazione dei poteri, delle istituzioni che amministrano
l'esercizio dei diritti e dei doveri, dello Stato di cui il popolo sovrano
costituisce la base e che persegue l'interesse generale del presente in vista
del futuro, della generazione dei padri che godono il presente e operano per le
generazioni dei figli e dei nipoti; in quel caso l'onestà la vince. Onestà e
libertà rappresentano un binomio che ha illuminato alcuni fasi della storia
occidentale ed anche di quella italiana.
Fasi
tuttavia assai transitorie, specialmente in Italia e la ragione non è certo di
natura antropologica. Gli italiani non sono per natura un popolo di corrotti e
di ladri, ma è la nostra storia che ha ridotto a plebe il popolo sovrano.
Machiavelli lo teorizzò nei suoi scritti e nel suo "Principe" in modo
particolare. Le Signorie erano un covo di intrighi e quindi di corruzione. Per
di più lo Stato non esisteva, fummo per secoli servi di potenze straniere che
facevano i propri interessi e non certo quelli d'un popolo schiavo.
Ma ci furono
anche dei periodi di luce, di lotta per la libertà e per la costruzione dello
Stato d'Italia, di assoluta onestà privata e pubblica. Pensate al trio di
Mazzini, Cavour, Garibaldi, in dissenso tra loro ma uniti da diverse
angolazioni per la libertà e l'indipendenza del nostro Paese. Ed anche alla
guerra partigiana e alla Resistenza che coinvolse l'intera Italia
centro-settentrionale, dai nuclei combattenti a gran parte del Paese che ad
essi faceva da scudo. E così pure, ai tempi della ricostruzione materiale,
morale e politica sulle rovine che la sciagurata guerra ci aveva lasciato in
eredità.
Conclusione:
la corruzione è figlia della scomparsa d'un popolo sovrano e d'una democrazia
non partecipata di partiti "liquidi", dell'affievolimento
dell'interesse generale e dello Stato che dovrebbe rappresentarlo e
perseguirlo. Questa è la situazione in cui già da molti anni ci troviamo e che
con lo scorrere del tempo peggiora. E questa è anche la situazione europea dove
i fenomeni deleteri sono per certi aspetti ancor più gravi.
***
Domenica
scorsa scrissi a lungo sull'Europa "a pezzi", sul patto di Schengen
violato da un numero sempre più esteso di Paesi membri dell'Unione, sulla
situazione greca, sulla anomalia sempre più evidente della Turchia di Erdogan
con l'Europa democratica e infine sulla Libia, la Tunisia e l'Is che imperversa
sempre di più sulla costiera mediterranea e in particolare sulla Cirenaica che
ci fronteggia. Ma dopo appena sette giorni da allora la situazione è ancor più
grave e più chiara nella sua gravità: esistono ormai tre diverse Europa che si
fronteggiano, alle quali va aggiunto il terrorismo del Califfato, potenziale
soprattutto, che aggrava sempre di più i malanni e il solco che divide le tre parti
del nostro Continente.
Esistente
anzitutto l'anti-Europa: movimento di estrema destra, xenofobo e
antidemocratico, con tinte razziste e nazionaliste, sia politicamente sia
economicamente. Molti di questi anti-europei vigoreggiano in Paesi dell'Unione che
non fanno parte dell'Eurozona, ma alcuni sono nati e stanno costantemente
rafforzandosi in Paesi che hanno la moneta comune. Così avviene in Austria, in
Danimarca, nei Paesi baltici, nei Balcani. Alcuni di questi movimenti sono
ancora di modeste dimensioni, ma altri, per esempio in Austria, hanno raggiunto
dimensioni preoccupanti e alcuni sono addirittura arrivati a raggiungere il
primo posto scavalcando i partiti che avevano finora governato. L'esempio più
lampante è quello austriaco, ma anche in Francia il lepenismo è il movimento
che i sondaggi collocano in prima posizione.
La seconda
spaccatura dell'Europa è tra il Nord e il Sud e il suo aspetto più preoccupante
è rappresentato dalla Germania. È il Paese egemone dell'Unione e soprattutto
dell'Eurozona e finora si era mostrato in equilibrio su alcuni temi
fondamentali, a cominciare da quelli dell'immigrazione, della flessibilità
adottata dalla Commissione di Bruxelles, sia pure con modalità moderate, e nel
rapporto tra la Cancelliera Angela Merkel - ufficialmente sostenitrice del
rigore economico - e Mario Draghi, presidente della Banca centrale europea e
fautore d'una politica monetaria espansiva e anti-deflazionistica.
In questi
ultimi giorni tuttavia la Merkel sembra aver abbandonato il suo equilibrio tra
il rigore anche monetario della Bundesbank e la politica espansiva della Bce.
Nei giorni scorsi Weidmann, governatore della Bundesbank, è venuto a Roma con
un pretesto privato ma in realtà allo scopo di attaccare scopertamente la
politica di Draghi, rendendo pubblico quell'attacco con un'intervista data
proprio al nostro giornale.
Weidmann non
è nuovo a quest'opposizione alla politica di Draghi, gli vota regolarmente
contro in tutte le riunioni del Consiglio della Bce di cui la Bundesbank fa
naturalmente parte; ma la novità di questa volta è che c'è stata l'approvazione
piena delle dichiarazioni di Weidmann da parte del ministro tedesco delle
Finanze Wolfgang Schäuble, e nessuna parola di riequilibrio da parte della
Merkel. Sarà la necessità di posizionarsi adeguatamente in vista delle prossime
elezioni politiche tedesche, con una Cdu minacciata dagli xenofobi antieuropei
e anche dall'alleato attuale, la Csu bavarese; ma comunque è un fatto nuovo e
fortemente preoccupante questo atteggiamento "separatista" della
Germania. Infine la terza spaccatura europea riguarda la politica estera, la
guerra contro l'Is in Siria, l'amicizia senza remore di sorta con la Turchia,
l'assoluta "neutralità" nei confronti dell'eventuale intervento
europeo sulla situazione libica.
Queste tre
spaccature sono micidiali per l'Europa: allontanano il suo rafforzamento
istituzionale e quindi rinforzano il nazionalismo dei singoli Paesi membri,
anche di quelli che non condividono le posizioni tedesche in tema di rigore
economico e proprio per questo svalutano le regole comunitarie contribuendo
così da opposte sponde alla disgregazione politica ed anche ideale dell'Europa
unita.
Sono gli
effetti delle democrazie non partecipate, liquide e senza alcun controllo dai
diversi poteri costituzionali; è sempre meno esistente la parvenza d'un
rafforzamento europeo e le prospettive pessime di questa situazione in una
società globale. Barack Obama ha cercato nel suo viaggio europeo dei giorni
scorsi, di patrocinare un radicale mutamento di rotta, ma non sembra sia stato
molto ascoltato. L'Europa è a pezzi ma non cerca affatto di ricostruirli. Se
continuerà così andrà dritta al cimitero e noi tutti con lei, Germania in
testa. "Ave, Caesar, morituri te salutant".
Eugenio Scalfari (La Repubblica - 1 maggio 2016)
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