La storia della nostra associazione è molto legata alle donne.
Famiglie Arcobaleno
nasce nel 2005 grazie a dieci donne che ebbero il coraggio di sfidare i
luoghi comuni, le costrizioni sociali Donne che, soprattutto, ebbero il
coraggio di guardare in faccia i loro sogni. Dieci donne lesbiche,
alcune già madri altre che desideravano esserlo, che decisero di
regalarsi un’occasione, essere sé stesse.
E allora capirono che la
strada giusta da percorrere era una soltanto, che poi è la stessa di
oggi: confrontarsi, riflettere, approfondire, non dare nulla per
scontato e provare ad andare sempre un po’ oltre. Dopo avere parlato tra
loro, il passo successivo era “uscire fuori”.
La prima cosa da
fare era uscire da quel cassetto con su scritto “siete sterili”, in cui
noi gay e lesbiche siamo stati richiusi per anni.
Era arrivato il momento di riappropriarci delle nostre storie e di raccontare al mondo che gay e lesbiche sono genitori da sempre. Ma era anche arrivato il momento di andare oltre, di prendere il coraggio con due mani e di cominciare a scrivere nuove storie, “banalissime” storie d’amore di gay e lesbiche che si scelgono, si innamorano e decidono di fare insieme un percorso consapevole verso le genitorialità. E fu così che nacquero altre dieci, cento, mille storie da raccontare al mondo con orgoglio e trasparenza.
Era arrivato il momento di riappropriarci delle nostre storie e di raccontare al mondo che gay e lesbiche sono genitori da sempre. Ma era anche arrivato il momento di andare oltre, di prendere il coraggio con due mani e di cominciare a scrivere nuove storie, “banalissime” storie d’amore di gay e lesbiche che si scelgono, si innamorano e decidono di fare insieme un percorso consapevole verso le genitorialità. E fu così che nacquero altre dieci, cento, mille storie da raccontare al mondo con orgoglio e trasparenza.
Perché è questa la conquista più grande e che si è
trasformata in arma vincente: la visibilità, metterci la
faccia. Raccontarsi con orgoglio, dare alla gente la possibilità di
conoscere la realtà delle nostre famiglie che sono semplicemente uno dei
tanti esempi di come la società cambia e la famiglia si evolve. Dare
alla gente quegli strumenti di conoscenza che aiutano a costruirsi un
proprio pensiero, oltre i pregiudizi e le teorie. In una parola fare
cultura.
E in questi dodici anni le famiglie arcobaleno hanno
fatto questo: si sono raccontate e, raccontandosi, si sono inserite in
maniera assolutamente naturale nel tessuto sociale di questo Paese. E,
se la gente oggi non sgrana gli occhi quando si trova davanti una coppia
di mamme o di papà, lo dobbiamo solo al nostro lavoro quotidiano fatto
di vita nelle scuole, in famiglia, nel quartiere, nelle piazze.
Ma
la strada per il pieno riconoscimento dei nostri diritti e soprattutto
dei diritti dei nostri figli e delle nostre figlie è ancora lunga.
E per andare avanti una delle cose principali è rendersi conto della propria forza. Per fare questo dobbiamo ogni tanto volgere lo sguardo dietro le nostre spalle e leggere la nostra storia, leggere la storia del movimento Lgbti, leggere la storia delle lesbiche e dei gay di questo Paese. Dobbiamo farlo per ricordarci di quanto siamo donne e uomini in gamba e di come ciò che oggi abbiamo ottenuto, in termini di visibilità e riconoscimento sociale, lo dobbiamo solo a noi, al nostro coraggio, alla nostra determinazione.
E per andare avanti una delle cose principali è rendersi conto della propria forza. Per fare questo dobbiamo ogni tanto volgere lo sguardo dietro le nostre spalle e leggere la nostra storia, leggere la storia del movimento Lgbti, leggere la storia delle lesbiche e dei gay di questo Paese. Dobbiamo farlo per ricordarci di quanto siamo donne e uomini in gamba e di come ciò che oggi abbiamo ottenuto, in termini di visibilità e riconoscimento sociale, lo dobbiamo solo a noi, al nostro coraggio, alla nostra determinazione.
E, volendo riguardare alla
storia della nostra associazione, non posso non raccontarvene un momento
cruciale. Il momento in cui le donne di Famiglie Arcobaleno hanno
capito, a un certo punto del percorso, che essere genitori era qualcosa
che accomunava tutti e che accogliere in associazione gli uomini gay,
già padri o che desideravano esserlo, con le loro storie sarebbe stata
un’occasione di arricchimento per tutti e tutte. Ed è così che gay e
lesbiche hanno cominciato quel percorso che continua ancora oggi e che
rende la nostra associazione un luogo unico di confronto, di sostegno
reciproco e di arricchimento continuo.
Grazie ai nostri papà gay
abbiamo conosciuto donne straordinarie, provenienti da altri Paesi e da
altre culture. Donne che ci hanno raccontato i loro percorsi di
gestazione per altri. Noi quelle donne le abbiamo ascoltate con
attenzione, accostandoci a loro senza pregiudizio, con il massimo
rispetto e avendo come unico obiettivo quello di entrare dentro la loro
storia e cercare di capire. Ed è questa l’unica cosa da fare per capire
fino in fondo di cosa stiamo parlando. Ascoltiamole queste donne e
ridiamo forza alla libertà di pensiero e all’autodeterminazione.
Ho
una presunzione: quella di essere convinta che siamo noi donne a
doverci assumere la responsabilità di essere alla testa di quel percorso
che porterà a un miglioramento sociale e al riconoscimento di sempre
maggiori diritti nel nostro Paese. Di quel percorso che deve tenere
conto della realtà delle cose e del cambiamento culturale in atto.
Non
è un caso se in Parlamento, durante il terribile e aspro dibattito
sulle unioni civili, siano stati di donne gli interventi più illuminanti
in cui hanno trovato posto pensieri di civiltà e umanità. E allora
riguardiamo la nostra storia e riprendiamoci quel ruolo, troppo spesso
dimenticato, di donne che lottano per rendere questa società un posto
migliore dove vivere. Dobbiamo farlo per tutti e tutte, per i nostri
figli e le nostre figlie. Riprendiamoci quel ruolo di donne che lottano
fino all’ultimo respiro per affermare la propria
autodeterminazione. Siamo state capaci di essere “azione” nella lotta
per la conquista di leggi che sono simboli di civiltà: la legge sul
diritto di voto, la legge sul divorzio, la legge sull’interruzione
volontaria di gravidanza.
Abbandoniamo l’idea della “donna
madonna”. Non siamo donne in ostaggio degli ormoni. Siamo donne con un
pensiero, siamo donne che vogliono poter decidere cosa fare del proprio
corpo. Vogliamo poter accedere alle tecniche di Pma sia come coppia
lesbica che da single, etero e lesbica, perché la legge 40 ,simbolo
dell’ipocrisia e del maschilismo di questo Paese, è una legge scandalosa
e che va riscritta.
Difendiamo, allora, questa libertà di
pensiero e difendiamo anche la libera scelta di quelle donne che
decidono di portare avanti una Gpa. Non ci ergiamo a depositarie di
chissà quale verità. Non abbiamo la presunzione di decidere noi per
altre donne. Discutiamo per legalizzare la Gpa, affrontiamo il tema,
parliamone, approfondiamo. Non è con il proibizionismo che si risolvono
le situazioni complesse e delicate.
Ascoltiamoci, liberiamoci da
pregiudizi, scendiamo dai piedistalli. Confrontiamoci con intelligenza e
facciamo ancora una volta squadra, così come noi sole sappiamo fare,
per far fare a questa società un passo in avanti verso la civiltà e i
diritti veri e pieni.
Marilena Grassadonia (www.prideonline - 8 marzo 2017)
Un buon tentativo per uscire dal femminismo e lesbismo reazionario
RispondiElimina