mercoledì 7 febbraio 2018

“The Dark Side of the Moon”




Una domanda che mi ritorna sempre in mente e che certamente interessa ciascuno di noi è: quanto c’è di patologico nel nostro modo di essere e specificatamente nel nostro rapporto con la fotografia? Serenamente in me riesco a riconoscere alcuni tratti e se allargo l’orizzonte il panorama appare interessante e folto.
La psicanalisi avrà certamente affrontato il tema anche perchè, per molteplici aspetti, nella società moderna le immagini costituiscono la principale, più efficace ed immediata forma di comunicazione.
Tesi e diagnosi in fotografia aprono praterie di scritti, ma potrebbe risultare interessante fermarsi per un attimo per chiedere a noi stessi, non tanto le motivazioni che ci inducono, ma quali sono le sensazioni che proviamo nell’istante dello scatto fotografico e nell’osservare immagini da noi prodotte ovvero cosa rappresenti per noi la fotografia (cfr. al riguardo un articolo di Michele Smargiassi del 2013 e che ho pure riportato nel blog).
Ce n’è per tutti i gusti ed ognuno ha modo di soddisfare il proprio palato. Se si cerca su Wikipedia “categoria generi fotografici” escono fuori i titoli che classificano ben ventotto pagine specialistiche.
Soffermandosi a leggere le specificità dei diversi generi, si scoprono moltitudini di casistiche, comprese bizzarrie umane che, talvolta, vanno a rasentare aspetti “borderline” che disinvoltamente camuffiamo in discutibili forme d'arte. Tralasciamo qui selfie ed altri vezzi o piccole manie che non hanno nulla di strano se non la semplice voglia di giovialità nel volersi divertire, magari coinvolgendo altri.
La storia insegna che l’evoluzione umana si è sempre sviluppata in ogni campo, oltre che con lo studio e le osservazioni dell’esistente, anche attraverso intuizioni immaginate da menti libere e piene di fantasie. 
In un commento ad un mio precedente scritto (“Postproduzione” ….. per taluni una pratica un po’ sconosciuta) un’amica ebbe a scrivere che “Qualunque esperienza creativa che ci emoziona può essere ARTE, e non ci interessa con quale stratagemma o diavoleria sia stato realizzato: perche è ARTE. Se così non fosse oggi non riusciremmo ad apprezzare artisti come Picasso. Così trasgressivo per i suoi tempi...”; considerazioni che mi trovano d’accordo. 
Tutto cambia ed in genere si evolve. Attraverso l’accumulo di piccole mattonelle si consolidano via via fondamenta di culture, mentre abili artisti ricompongono nuovi puzzle, razionalizzando tessere disperse, fisiche e virtuali, attraverso loro visioni; tessere che esistono dissociate in natura e che aspettano solo di essere razionalizzate/raccolte. 
In musica, ad esempio, i Pink Floid, nel lontano 1973, realizzarono uno splendido album intitolato “The Dark Side of the Moon” contenente musiche sperimentali che, creando suggestioni, facevano metaforicamente immaginare anche ciò che era invisibile per la disposizione fisica degli astri e della terra, ovvero “il lato oscuro della luna”. Il risultato è stato che le loro intuizioni hanno portato ad un genere musicale innovativo, ricchissimo di sfumature e invenzioni acustiche, che ha aperto un nuovo percorso nella creatività sonora, ergendoli, a totem, a inconfondibili punti di riferimento nella musica moderna.
Per tornare al nostro argomento di partenza direi che Henry Cartier Bresson, padre della fotografia moderna, ha inventato anch’egli un nuovo modo di far musica … nella fotografia … e tanti altri che sono venuti dopo di lui ne hanno seguito la linea, cercando con varianti e nuove idee di migliorare, senza però mai smarrirne il solco.
Comunque, in conclusione, si può convenire sul fatto che uscire fuori dai tracciati noti può aiutare a scoprire altre vie e che un pò di sana e fantosiosa pazzia può accendere luci che introducono a nuovi colori.
Buona luce a tutti. 

© Essec


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