martedì 11 settembre 2018

Cose da pazzi: il governo degl'incapaci funziona


Incredibili dictu. Il governo degli incompetenti, degli incapaci, degli sprovveduti, degli steward, dei populisti, degli sfascisti, dei fascisti ma anche un poco comunisti, che doveva squagliarsi, come un ghiacciolo, già al sole di luglio per incompatibilità di vedute e di carattere dei suoi due leader, Luigi Di Maio e Matteo Salvini, non solo tiene, nonostante si sia trovato ad affrontare quasi fin da subito un’imprevista e grave emergenza come il crollo del ponte sul Polcevera, ma sembra funzionare. E anche piuttosto bene.
Il vice premier e ministro del Lavoro Di Maio ha risolto al meglio, data la quasi inestricabile condizione di partenza (conciliare l’occupazione col problema dell’ambiente) la difficilissima questione Ilva. L’accordo con Arcelor Mitall non sarà il massimo, ma era il possibile e non si è sempre detto dai soloni che ci hanno governato fino a qualche mese fa e dai loro lacchè intellettuali che la politica è “l’arte del possibile”? Altro che “dilettanti allo sbaraglio”. L’opposizione, ammesso che possa dirsi tale quell’accozzaglia di disperati chiamata Dem, ha dovuto, con Calenda e Martina, arrampicarsi sugli specchi, aggrapparsi a un cavillo giuridico, per cercare di sminuire l’incontestabile successo di Di Maio.
Matteo Salvini è riuscito a porre all’attenzione dell’Europa la questione dei ‘migranti’ che riguarda il nostro Paese più di altri. Lo ha fatto con modalità discutibili, sia nel caso dell’Acquarius (la Ong poteva essere preavvertita prima che la sua nave si presentasse davanti alle coste italiane) sia, e ancor più, con la Diciotti per cui è indagato per sequestro di persona. Ma qui acquista più rilevanza un altro elemento. Dopo le iniziali sbruffonerie Salvini, probabilmente su pressione di Di Maio, ha lasciato perdere le consuete geremiadi sulla “giustizia a orologeria”, sulle “sentenze politiche”, sulla “magistratura politicizzata”, di berlusconiana memoria e ha riconosciuto che anche gli uomini politici sono sottoposti a quelle leggi che tutti noi siamo chiamati a rispettare (“Non sono sopra la legge”). Cosa ovvia, ma che fino a ieri ovvia non era soprattutto in quel mondo di destra o centrodestra che sta alle spalle di Salvini. Il peloso ‘pseudogarantismo’ berlusconiano è stato, forse, messo alle spalle per sempre. E fosse anche solo per questo il governo gialloverde meriterebbe un’imperitura riconoscenza da parte di chi per 25 anni ha dovuto subire la violazione sistematica del principio cardine della democrazia e della nostra Costituzione: la legge è uguale per tutti. Io credo che fra Di Maio e Salvini, pur con le loro diverse personalità e culture, si sia creata, conoscendosi, una certa amicizia e un rapporto di collaborazione autentico e sincero.
Giovanni Tria nell’incontro tenuto a Vienna fra i ministri finanziari dell’Eurogruppo e Giuseppe Conte al workshop Ambrosetti di Cernobbio hanno rassicurato gli stramaledetti mercati e soprattutto l’Unione Europea che l’Italia non ha alcuna intenzione di uscire dall’euro e tantomeno dall’Europa. Mettendo così la parola fine sull’infantile ‘sovranismo’ di Salvini.
Alla Versiliana Di Maio, da me sollecitato, si è pubblicamente impegnato a ritirare i nostri militari dall’Afghanistan, confermando ciò che l’anno scorso, sempre alla Versiliana, aveva detto Alessandro Di Battista. Con la differenza che Di Battista era allora solo un parlamentare all’opposizione, mentre Di Maio è il vice premier e il suo impegno quindi ha ben altra autorevolezza. Se questo impegno dovesse concretizzarsi sarà per me una soddisfazione particolare perché vorrebbe dire che anche da una piccola stanza, qual è quella da cui scrivo, si può smuovere qualcosa di importante anche a livello internazionale. Sono infatti 17 anni che mi batto contro l’occupazione dell’Afghanistan. Per noi italiani non sarebbe solo e tanto una questione di quattrini (470 milioni di euro l’anno buttati via) ma etica. Vorrebbe dire sottrarsi a una sopraffazione infame e sanguinaria voluta e praticata dagli americani. Ciò potrebbe preludere a un’uscita dalla NATO. Non della sola Italia, ovviamente, che sarebbe pura utopia, ma di tutti i Paesi europei che ne fanno parte e che sono stufi, arcistufi dell’avventurismo bellico americano che si è regolarmente ritorto contro l’Europa. In questo senso si muove, sia pur con una cautela obbligata, Angela Merkel per trovare un’equidistanza fra Stati Uniti e Russia. In questo potrebbe tornar buono Matteo Salvini col suo ‘putinismo’, purché il leader leghista si renda conto che non si può essere nello stesso tempo filorussi, filoamericani e antitedeschi e antieuropei.
Di Maio mi ha deluso solo quando, sempre alla Versiliana, gli ho chiesto perché mai fosse andato a incontrare in pompa magna il tagliagole Al Sisi e lui ha dribblato la domanda in perfetto stile politichese ‘ancien régime’ focalizzando la questione solo su Giulio Regeni. L’infamia che si sta consumando da cinque anni in Egitto non è grave perché vi è stato coinvolto anche un italiano, è grave per i motivi che ho cercato di riassumere sul Fatto del primo settembre (“Di maio non doveva incontrare il tagliagole Al Sisi”, Il Fatto, 1/1/2018). Se ne è accorto perfino il manifesto di domenica con un titolo di taglio centrale (“Il boia non molla”, Manifesto, 9/9/2018). Se proprio, per motivi economici, dobbiamo avere a che fare con questi golpisti manigoldi e assassini la prossima volta Di Maio ci mandi Enzo Moavero Milanesi che come tutti i ministri degli Esteri è il più simile ai diplomatici per attitudini e compito: mandar giù della merda senza vomitare.

Massimo Fini


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